Eneide, Libro 6, traduzione vv. 703-755 - Studentville

Eneide, Libro 6, traduzione vv. 703-755

Interea videt Aeneas in valle reducta
seclusum nemus et virgulta sonantia silvae,

Lethaeumque domos placidas qui praenatat amnem.
hunc circum innumerae gentes populique volabant:
ac veluti in

pratis ubi apes aestate serena
floribus insidunt variis et candida circum
lilia funduntur, strepit omnis murmure

campus.
horrescit visu subito causasque requirit
inscius Aeneas, quae sint ea flumina porro,
quive viri tanto

complerint agmine ripas.
tum pater Anchises: ‘animae, quibus altera fato
corpora debentur, Lethaei ad fluminis undam

securos latices et longa oblivia potant.
has equidem memorare tibi atque ostendere coram
iampridem, hanc prolem

cupio enumerare meorum,
quo magis Italia mecum laetere reperta.’
‘o pater, anne aliquas ad caelum hinc ire

putandum est
sublimis animas iterumque ad tarda reverti
corpora? quae lucis miseris tam dira cupido?’

‘dicam equidem nec te suspensum, nate, tenebo’
suscipit Anchises atque ordine singula pandit.
‘Principio

caelum ac terras camposque liquentis
lucentemque globum lunae Titaniaque astra
spiritus intus alit, totamque infusa per

artus
mens agitat molem et magno se corpore miscet.
inde hominum pecudumque genus vitaeque volantum
et quae

marmoreo fert monstra sub aequore pontus.
igneus est ollis vigor et caelestis origo
seminibus, quantum non noxia

corpora tardant
terrenique hebetant artus moribundaque membra.
hinc metuunt cupiuntque, dolent gaudentque, neque auras

dispiciunt clausae tenebris et carcere caeco.
quin et supremo cum lumine vita reliquit,
non tamen omne malum

miseris nec funditus omnes
corporeae excedunt pestes, penitusque necesse est
multa diu concreta modis inolescere miris.

ergo exercentur poenis veterumque malorum
supplicia expendunt: aliae panduntur inanes
suspensae ad ventos, aliis

sub gurgite vasto
infectum eluitur scelus aut exuritur igni:
quisque suos patimur manis. exinde per amplum
mittimur

Elysium et pauci laeta arva tenemus,
donec longa dies perfecto temporis orbe
concretam exemit labem, purumque relinquit

aetherium sensum atque aurai simplicis ignem.
has omnis, ubi mille rotam volvere per annos,
Lethaeum ad fluvium

deus evocat agmine magno,
scilicet immemores supera ut convexa revisant
rursus, et incipiant in corpora velle

reverti.’
Dixerat Anchises natumque unaque Sibyllam
conventus trahit in medios turbamque sonantem,
et tumulum

capit unde omnis longo ordine posset
adversos legere et venientum discere vultus.

Versione tradotta

Intanto

Enea vede nella valle solitaria
un bosco appartato ed i rami della selva risuonanti
ed il fiume Leteo che bagna le

tranquille dimore.
Attorno ad esso volavano innumerevoli popoli e stirpi:
e come nei prati quando le api nella serena

estete
si posano sui fiori colorati e si riversano attorno
ai candidi gigli: tutta la pianura echeggia per il

mormorio.
Rabbrividisce per la visione improvvisa, l'ignaro Enea
ne domanda i motivi: quali siano poi quelle

correnti,
o quali uomini abbiano riempito le rive con sì grande schiera.
Allora il padre Anchise: "Le anime, a cui per

fato
sono dovuti nuovi corpi, presso l'onda del fiume Leteo
bevono liquidi sicuri e lunghi oblii.
Senz'altro

desidero ricordarti e mostrare apertamente
e da tempo enumerare questa prole dei miei,
perché con me gioisca di più,

trovata l'Italia."
"O padre, bisogna pensare che alcune anime di qui
vadano leggere al cielo e di nuovo tornino ai

corpi
pesanti? Quale sì crudele desiderio di luce per le misere?"
"Parlerò certamente e non ti terrò sospeso,

figlio"
riprende Anchise e chiarisce con ordine cosa per cosa.
"In principio lo spirito dentro anima il cielo, le

terre,
le limpide pianure, il globo lucente della luna,
le stelle Titanie e l'anima diffusa per le membra
smuove

tutta la mole e s'unisce al grande corpo.
Di qui la specie umana ed animale, le vite degli uccelli,
ed i mostri che

il mare offre sotto l'onda marmorea.
Tali semi hanno vigore igneo ed origine celeste,
fin quando non li ritardino i

corpi nocive li
inebetiscano organi di terra e membra che devono morire.
Perciò temono e vogliono, soffrono e godono,

ma
non vedono i cieli, chiuse in tenebre e carcere cieco.
Anzi quando la vita se n'è andata con l'ultima

luce,
tuttavia non tutto il male né tutte le malattie fisiche
se ne vanno completamente dai miseri: è necessario

che
molte cose troppo indurite si sviluppino in strani modi.
Orbene sono travagliate dalle pene e pagano i

tormenti
dei mali passati: alcune vuote si aprono
sospese ai venti; per altre in un vasto gorgo
il peccato

impregnato viene lavato o bruciato dal fuoco:
tutti soffriamo i propri castighi: di lì siamo mandati
nell'ampio Elisio

ed in pochi otteniamo i campi felici,
finché un lungo giorno, compiutosi il corso del tempo,
ha tolto la macchia

impregnata e lascia puro
il senso celeste ed il fuoco dal semplice soffio.
Tutte queste le chiama il dio, quando hanno

girato la ruota
mille anni, presso il fiume Leteo in gran numero,
perché poi immemori rivedano il mondo di sopra
e di

nuovo comincino a voler ritornare nei corpi.
Aveva parlato Anchise ed attira il figlio ed anche la Sibilla
in mezzo a

gruppi e tra una folla che grida,
raggiunge un'altura, da cui potesse vedere tutti davanti
in lunga fila e riconoscere

i volti dei passanti

  • Letteratura Latina
  • Libro 6
  • Virgilio

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti