Eneide, Libro 6, traduzione vv. 808-859 - Studentville

Eneide, Libro 6, traduzione vv. 808-859

Quis procul ille autem

ramis insignis olivae
sacra ferens? nosco crinis incanaque menta
regis Romani primam qui legibus urbem
fundabit,

Curibus parvis et paupere terra
missus in imperium magnum. cui deinde subibit
otia qui rumpet patriae residesque

movebit
Tullus in arma viros et iam desueta triumphis
agmina. quem iuxta sequitur iactantior Ancus
nunc quoque iam

nimium gaudens popularibus auris.
vis et Tarquinios reges animamque superbam
ultoris Bruti, fascisque videre receptos?

consulis imperium hic primus saevasque securis
accipiet, natosque pater nova bella moventis
ad poenam pulchra pro

libertate vocabit,
infelix, utcumque ferent ea facta minores:
vincet amor patriae laudumque immensa cupido.
quin

Decios Drusosque procul saevumque securi
aspice Torquatum et referentem signa Camillum.
illae autem paribus quas

fulgere cernis in armis,
concordes animae nunc et dum nocte prementur,
heu quantum inter se bellum, si lumina vitae

attigerint, quantas acies stragemque ciebunt,
aggeribus socer Alpinis atque arce Monoeci
descendens, gener adversis

instructus Eois.
ne, pueri, ne tanta animis adsuescite bella
neu patriae validas in viscera vertite viris;

tuque prior, tu parce, genus qui ducis Olympo,
proice tela manu, sanguis meus.-
ille triumphata Capitolia ad alta

Corintho
victor aget currum caesis insignis Achivis.
eruet ille Argos Agamemnoniasque Mycenas
ipsumque Aeaciden,

genus armipotentis Achilli,
ultus avos Troiae templa et temerata Minervae.
quis te, magne Cato, tacitum aut te, Cosse,

relinquat?
quis Gracchi genus aut geminos, duo fulmina belli,
Scipiadas, cladem Libyae, parvoque potentem
Fabricium

vel te sulco, Serrane, serentem?
quo fessum rapitis, Fabii? tu Maximus ille es,
unus qui nobis cunctando restituis rem.

excudent alii spirantia mollius aera
credo equidem, vivos ducent de marmore vultus,
orabunt causas melius, caelique

meatus
describent radio et surgentia sidera dicent:
tu regere imperio populos, Romane, memento
hae tibi erunt

artes, pacique imponere morem,
parcere subiectis et debellare superbos.’
Sic pater Anchises, atque haec mirantibus

addit:
‘aspice, ut insignis spoliis Marcellus opimis
ingreditur victorque viros supereminet omnis.
hic rem

Romanam magno turbante tumultu
sistet eques, sternet Poenos Gallumque rebellem,
tertiaque arma patri suspendet capta

Quirino.

Versione tradotta

Ma chi è colui, lontano,

illustre per i rami d'olivo
che reca oggetti sacri?Riconosco i capelli e il mento bianco
del re romano, che

fonderà l'inizio della città
con le leggi, inviato dalla piccola Curi e da povera terra
al grande impero. A lui poi

subentrerà Tullo,
che romperà gli ozi della patria e muoverà alle armi
gli uomini pigri e le schiere ormai

disabituate
ai trionfi. Vicino lo segue più baldanzoso Anco, ora
già troppo rallegrandosi dei favori popolari:
Vuoi

pure vedere i re Tarquini e l'anima fiera
di Bruto vendicatore ed i fasci ripresi?
Costui riceverà il primo potere di

console
e le tremende scuri ed il padre chiamerà a morte i figli,
che muovono nuove guerre per la bella

libertà,
infelice, comunque i posteri riferiranno quei fatti.
Vincerà l'amor di patria e l'immensa voglia di

gloria.
Poi osserva lontano i Deci, i Drusi ed il feroce Torquato
con la scure e Camillo che riporta le insegne.
Ma

quelle anime, che vedi risplendere con armi uguali,
adesso concordi e finché sono oppressi dalla notte.
Ahi, quale guerra

tra loro se raggiungeranno le luci
della vita, quali eserciti e che strage richiameranno,
il suocero discendendo dalle

alture alpine e dalla rocca
di Monaco, il genero, armato dall'oriente nemico.
No, ragazzi, non abituatevi a tali

guerre nei cuori
e non rivolgete le energiche forze contro il seno della patria;
e tu per primo, t, perdona, che hai il

sangue dall'Olimpo,
getta le armi dalla mano, o sangue mio.
Quello, vinta Corinto, condurrà da vincitore il

cocchio
all'alto Campidoglio, illustre per gli Achei uccisi.
Egli abbatterà Argo e l'Agamennonia Micene,
lo

stesso Eacide, stirpe d'Achille potente nell'armi,
vendicando gli avi di Troia ed i templi profanati di Minerva.

Chi lascerebbe in silenzio te, grande Catone, o te, Cosso?
Chi la stirpe di Gracco o entrambi gli Scipioni, due

fulmini
di guerra, rovina della Libia o Fabrizio, potente
di povertà, o te, Serrano, che semini nel solco?
Dove mi

trascinate, stanco, o Fabi? Sei tu quel Massimo,
che da solo, temporeggiando, rigeneri lo stato?
Altri plasmeranno meglio

le statue palpitanti,
lo credo proprio, trarranno dal marmo volti vivi,
tratteranno meglio i processi e descriveranno

con lo strumento
le strade del cielo e prediranno gli astri nascenti:
tu, Romano, ricordati di guidare i popoli col

potere.
Tu avrai queste arti: imporre usanze di pace,
perdonare ai vinti ed abbattere i superbi":
Così il padre

Anchise ed aggiunge per quelli che stupivano:
"Osserva come Marcello, glorioso per le ricche spoglie,
avanza e da

vincitore supera tutti gli eroi.
Costui, da cavaliere, sistemerà lo stato romano, quando
un grande tumulto sconvolga,

vincerà i Puni ed il Gallo ribelle,
ed appenderà per terzo al padre Quirino le armi catturate."

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