Quis procul ille autem
ramis insignis olivae
sacra ferens? nosco crinis incanaque menta
regis Romani primam qui legibus urbem
fundabit,
Curibus parvis et paupere terra
missus in imperium magnum. cui deinde subibit
otia qui rumpet patriae residesque
movebit
Tullus in arma viros et iam desueta triumphis
agmina. quem iuxta sequitur iactantior Ancus
nunc quoque iam
nimium gaudens popularibus auris.
vis et Tarquinios reges animamque superbam
ultoris Bruti, fascisque videre receptos?
consulis imperium hic primus saevasque securis
accipiet, natosque pater nova bella moventis
ad poenam pulchra pro
libertate vocabit,
infelix, utcumque ferent ea facta minores:
vincet amor patriae laudumque immensa cupido.
quin
Decios Drusosque procul saevumque securi
aspice Torquatum et referentem signa Camillum.
illae autem paribus quas
fulgere cernis in armis,
concordes animae nunc et dum nocte prementur,
heu quantum inter se bellum, si lumina vitae
attigerint, quantas acies stragemque ciebunt,
aggeribus socer Alpinis atque arce Monoeci
descendens, gener adversis
instructus Eois.
ne, pueri, ne tanta animis adsuescite bella
neu patriae validas in viscera vertite viris;
tuque prior, tu parce, genus qui ducis Olympo,
proice tela manu, sanguis meus.-
ille triumphata Capitolia ad alta
Corintho
victor aget currum caesis insignis Achivis.
eruet ille Argos Agamemnoniasque Mycenas
ipsumque Aeaciden,
genus armipotentis Achilli,
ultus avos Troiae templa et temerata Minervae.
quis te, magne Cato, tacitum aut te, Cosse,
relinquat?
quis Gracchi genus aut geminos, duo fulmina belli,
Scipiadas, cladem Libyae, parvoque potentem
Fabricium
vel te sulco, Serrane, serentem?
quo fessum rapitis, Fabii? tu Maximus ille es,
unus qui nobis cunctando restituis rem.
excudent alii spirantia mollius aera
credo equidem, vivos ducent de marmore vultus,
orabunt causas melius, caelique
meatus
describent radio et surgentia sidera dicent:
tu regere imperio populos, Romane, memento
hae tibi erunt
artes, pacique imponere morem,
parcere subiectis et debellare superbos.’
Sic pater Anchises, atque haec mirantibus
addit:
‘aspice, ut insignis spoliis Marcellus opimis
ingreditur victorque viros supereminet omnis.
hic rem
Romanam magno turbante tumultu
sistet eques, sternet Poenos Gallumque rebellem,
tertiaque arma patri suspendet capta
Quirino.
Versione tradotta
Ma chi è colui, lontano,
illustre per i rami d'olivo
che reca oggetti sacri?Riconosco i capelli e il mento bianco
del re romano, che
fonderà l'inizio della città
con le leggi, inviato dalla piccola Curi e da povera terra
al grande impero. A lui poi
subentrerà Tullo,
che romperà gli ozi della patria e muoverà alle armi
gli uomini pigri e le schiere ormai
disabituate
ai trionfi. Vicino lo segue più baldanzoso Anco, ora
già troppo rallegrandosi dei favori popolari:
Vuoi
pure vedere i re Tarquini e l'anima fiera
di Bruto vendicatore ed i fasci ripresi?
Costui riceverà il primo potere di
console
e le tremende scuri ed il padre chiamerà a morte i figli,
che muovono nuove guerre per la bella
libertà,
infelice, comunque i posteri riferiranno quei fatti.
Vincerà l'amor di patria e l'immensa voglia di
gloria.
Poi osserva lontano i Deci, i Drusi ed il feroce Torquato
con la scure e Camillo che riporta le insegne.
Ma
quelle anime, che vedi risplendere con armi uguali,
adesso concordi e finché sono oppressi dalla notte.
Ahi, quale guerra
tra loro se raggiungeranno le luci
della vita, quali eserciti e che strage richiameranno,
il suocero discendendo dalle
alture alpine e dalla rocca
di Monaco, il genero, armato dall'oriente nemico.
No, ragazzi, non abituatevi a tali
guerre nei cuori
e non rivolgete le energiche forze contro il seno della patria;
e tu per primo, t, perdona, che hai il
sangue dall'Olimpo,
getta le armi dalla mano, o sangue mio.
Quello, vinta Corinto, condurrà da vincitore il
cocchio
all'alto Campidoglio, illustre per gli Achei uccisi.
Egli abbatterà Argo e l'Agamennonia Micene,
lo
stesso Eacide, stirpe d'Achille potente nell'armi,
vendicando gli avi di Troia ed i templi profanati di Minerva.
Chi lascerebbe in silenzio te, grande Catone, o te, Cosso?
Chi la stirpe di Gracco o entrambi gli Scipioni, due
fulmini
di guerra, rovina della Libia o Fabrizio, potente
di povertà, o te, Serrano, che semini nel solco?
Dove mi
trascinate, stanco, o Fabi? Sei tu quel Massimo,
che da solo, temporeggiando, rigeneri lo stato?
Altri plasmeranno meglio
le statue palpitanti,
lo credo proprio, trarranno dal marmo volti vivi,
tratteranno meglio i processi e descriveranno
con lo strumento
le strade del cielo e prediranno gli astri nascenti:
tu, Romano, ricordati di guidare i popoli col
potere.
Tu avrai queste arti: imporre usanze di pace,
perdonare ai vinti ed abbattere i superbi":
Così il padre
Anchise ed aggiunge per quelli che stupivano:
"Osserva come Marcello, glorioso per le ricche spoglie,
avanza e da
vincitore supera tutti gli eroi.
Costui, da cavaliere, sistemerà lo stato romano, quando
un grande tumulto sconvolga,
vincerà i Puni ed il Gallo ribelle,
ed appenderà per terzo al padre Quirino le armi catturate."
- Letteratura Latina
- Libro 6
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