De Bello Gallico, Libro 7 - Par. 1 - Studentville

De Bello Gallico, Libro 7 - Par. 1

Quieta Gallia Caesar, ut constituerat, in Italiam ad conventus agendos proficiscitur. Ibi cognoscit de P. Clodii caede de senatusque consulto certior factus, ut omnes iuniores Italiae coniurarent, dilectum tota provincia habere instituit. Eae res in Galliam Transalpinam celeriter perferuntur. Addunt ipsi et adfingunt rumoribus Galli, quod res poscere videbatur: retineri urbano motu Caesarem neque in tantis dissensionibus ad exercitum venire posse. Hac impulsi occasione, qui iam ante se populi Romani imperio subiectos dolerent, liberius atque audacius de bello consilia inire incipiunt. Indictis inter se principes Galliae conciliis silvestribus ac remotis locis queruntur de Acconis morte; hunc casum ad ipsos recidere posse demonstrant; miserantur communem Galliae fortunam; omnibus pollicitationibus ac praemiis deposcunt qui belli initium faciant et sui capitis periculo Galliam in libertatem vindicent. Inprimis rationem esse habendam dicunt, priusquam eorum clandestina consilia efferantur, ut Caesar ab exercitu intercludatur. Id esse facile, quod neque legiones audeant absente imperatore ex hibernis egredi neque imperator sine praesidio ad legiones pervenire possit. Postremo in acie praestare interfici, quam non veterem belli gloriam libertatemque quam a maioribus acceperint recuperare.

Versione tradotta

Quietata la Gallia, Cesare, come aveva deciso, parte per l’Italia per fare le sessioni giudiziarie.
Qui viene a sapere della uccisione di P. Clodio ed informato della legge del senato di arruolare tutti i giovani d’Italia, decise di tenere una leva per tutta la provincia.
Quelle cose velocemente vengono riferite nella Gallia Transalpina. Gli stessi Galli aggiungono ed inventano con dicerie, cosa che la situazione sembrava richiedere: (che) Cesare era trattenuto da una sollevazione romana e che in così gravi scontri non poteva venire presso l’esercito. Spinti da questa occasione, quelli che prima si lamentavano di essere soggetti al potere del popolo romano, più liberamente ed audacemente cominciano ad intraprendere piani sulla guerra. Indette assemblee in luoghi selvosi e lontani i capi della Gallia si lamentano della morte di Accone; dichiarano che questa sorte può capitare anche a loro; compiangono il comune destino della Gallia;
con tutte le promesse e premi cercano chi faccia l’inizio della guerra e col pericolo della propria testa riporti la Gallia alla libertà.
Anzitutto dicono che bisogna avere una strategia, prima che i loro piani clandestini siano rivelati, che Cesare sia tagliato fuori dall’esercito.
(Dicono che) ciò era facile, perché le legioni non osano, assente il generale, uscire dagli accampamenti invernali né il generale può senza presidio, arrivare alle legioni.
Infine (dicono) esser meglio esser fatti fuori in battaglia che non recuperare l’antica gloria di guerra e la libertà, che avevano ricevuto dagli antenati.

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