Castris ad eam partem oppidi positis Caesar, quae intermissa a flumine et a palude aditum, ut supra diximus, angustum habebat,
aggerem apparare, vineas agere, turres duas constituere coepit; nam circumvallare loci natura prohibebat. De re frumentaria
Boios atque Haeduos adhortari non destitit; quorum alteri quod nullo studio agebant, non multum adiuvabant, alteri non magnis
facultatibus, quod civitas erat exigua et infirma, celeriter quod habuerunt consumpserunt. Summa difficultate rei frumentariae
adfecto exercitu tenuitate Boiorum, indiligentia Haeduorum, incendiis aedificiorum, usque eo ut complures dies frumento milites
caruerint et pecore ex longinquioribus vicis adacto extremam famem sustentarent, nulla tamen ex iis vox est audita populi
Romani maiestate et superioribus victoriis indigna.
Quin etiam Caesar cum in opere singulas legiones appellaret, et si
acerbius inopiam ferrent, se dimissurum oppugnationem diceret, universi ab eo ne id faceret petebant: sic se complures annos
illo imperante meruisse, ut nullam ignominiam acciperent, numquam infecta re discederent: hoc se ignominiae loco laturos, si
inceptam oppugnationem reliquissent; praestare omnes perferre acerbitates, quam non civibus Romanis qui Cenabi perfidia
Gallorum interissent parentarent. Haec eadem centurionibus tribunisque militum mandabant, ut per eos ad Caesarem
deferrentur.
Cesare, posti gli accampamenti verso quella partedella città, che interrotta dal fiume e dalla palude, come dicemmo prima,
aveva uno stretto accesso, cominciò a preparare un terrapieno, tracciare gallerie, costruire due torri; infatti la natura del
luogo impediva di chiudere attorno con una trincea.
Non smise di sollecitare Boi ed Edui per il vettovagliamento; ma di
costoro gli uni agivano con nessun impegno, non aiutavano molto, gli altri per le non grandi disponibilità, poiché la nazione
era piccola e debole, velocemente consumarono, quello che avevano.
Colpito l’esercito dalla somma difficoltà di
approvvigionamento per la leggerezza dei Boi, per la povertà degli Edui, per gli incendi delle abitazioni, fino al punto che i
soldati per parecchi giorni mancarono di frumento e sopportavano una estrema fame col bestiame portato da villaggi piuttosto
lontani, da essi tuttavia nessuna frase è stata sentita non degna della maestà del popolo romano e delle precedenti
vittorie.
Anzi addirittura quando Cesare sul lavoro chiamava le singole legioni e, se sopportavano troppo duramente la
privazione, diceva che avrebbe smesso l’assedio, tutti gli chiedevano di non
farlo:
(dicevano che) così loro per parecchi
anni, sotto il suo comando, avevano prestato servizio, che non accettavano nessun affronto, mai se n’erano andati, non conclusa
l’impresa: questo l’avrebbero preso come un affronto, se avessero lasciato un assedio iniziato; era meglio che tutti
sopportassero le asprezze, che non vendicare i cittadini romani che a Cenabo per la slealtà dei Galli erano periti. Queste
stesse cose le presentavano ai centurioni ed ai tribuni dei soldati, perché per mezzo loro le riferissero a Cesare.
GAIO GIULIO CESARE: VERSIONI TRADOTTE E OPERE
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Versione tradotta
Cesare, posti gli accampamenti verso quella parte della città, che interrotta dal fiume e dalla palude, come dicemmo prima,
aveva uno stretto accesso, cominciò a preparare un terrapieno, tracciare gallerie, costruire due torri; infatti la natura del
luogo impediva di chiudere attorno con una trincea.
Non smise di sollecitare Boi ed Edui per il vettovagliamento; ma di
costoro gli uni agivano con nessun impegno, non aiutavano molto, gli altri per le non grandi disponibilità, poiché la nazione
era piccola e debole, velocemente consumarono, quello che avevano.
Colpito l’esercito dalla somma difficoltà di
approvvigionamento per la leggerezza dei Boi, per la povertà degli Edui, per gli incendi delle abitazioni, fino al punto che i
soldati per parecchi giorni mancarono di frumento e sopportavano una estrema fame col bestiame portato da villaggi piuttosto
lontani, da essi tuttavia nessuna frase è stata sentita non degna della maestà del popolo romano e delle precedenti
vittorie.
Anzi addirittura quando Cesare sul lavoro chiamava le singole legioni e, se sopportavano troppo duramente la
privazione, diceva che avrebbe smesso l’assedio, tutti gli chiedevano di non
farlo:
(dicevano che) così loro per parecchi
anni, sotto il suo comando, avevano prestato servizio, che non accettavano nessun affronto, mai se n’erano andati, non conclusa
l’impresa: questo l’avrebbero preso come un affronto, se avessero lasciato un assedio iniziato; era meglio che tutti
sopportassero le asprezze, che non vendicare i cittadini romani che a Cenabo per la slealtà dei Galli erano periti. Queste
stesse cose le presentavano ai centurioni ed ai tribuni dei soldati, perché per mezzo loro le riferissero a Cesare.
- Scuole Superiori
- De Bello Gallico
- Libro 7
- Cesare
- De Bello Gallico