De Bello Gallico, Libro 7 - Par. 36 - Studentville

De Bello Gallico, Libro 7 - Par. 36

Caesar ex eo loco quintis castris Gergoviam pervenit equestrique eo die proelio levi

facto, perspecto urbis situ, quae posita in altissimo monte omnes aditus difficiles habebat, de oppugnatione desperavit, de

obsessione non prius agendum constituit, quam rem frumentariam expedisset. At Vercingetorix, castris prope oppidum in monte

positis, mediocribus circum se intervallis separatim singularum civitatum copias conlocaverat atque omnibus eius iugi collibus

occupatis, qua despici poterat, horribilem speciem praebebat principesque earum civitatum, quos sibi ad consilium capiendum

delegerat, prima luce cotidie ad se convenire iubebat, seu quid communicandum seu quid administrandum videretur, neque ullum

fere diem intermittebat, quin equestri proelio interiectis sagittariis, quid in quoque esset animi ac virtutis suorum,

periclitaretur. Erat e regione oppidi collis sub ipsis radicibus montis egregie munitus atque ex omni parte circumcisus; quem

si tenerent nostri, et aquae magna parte et pabulatione libera prohibituri hostes videbantur. Sed is locus praesidio ab his,

non nimis firmo, tenebatur. Tamen silentio noctis Caesar ex castris egressus, priusquam subsidio ex oppido veniri posset,

deiecto praesidio potitus loco duas ibi legiones conlocavit fossamque duplicem duodenum pedum a maioribus castris ad minora

perduxit, ut tuto ab repentino hostium incursu singuli commeare possent.

Versione tradotta

Cesare da quel luogo giunse a Gergovia in

cinque tappe ed in quel giorno fatto un piccolo scontro di cavalleria, controllata la posizione della città, che situata su di

un monte
altissimo aveva tutti gli accessi difficili, disperò sull’assedio, sull’assedio decise di non agire prima di

sbrigare il vettovagliamento.
Ma Vercingetorige, posti gli accampamenti sul monte vicino alla città, aveva collocato attorno

a sé ad intervalli abbastanza brevi separatamente le truppe delle singole nazioni ed occupati tutti i colli di quel giogo, fin

dove si poteva guardar giù, offriva uno spettacolo spaventoso ed ordinava che i capi di quelle nazioni, che si era scelto per

prendere decisione, alla prima luce quotidianamente si riunisse da lui, sia che sembrasse si dovesse comunicare qualcosa sia

organizzare qualcosa, e non tralasciava quasi nessun giorno che non sperimentasse con uno scontro di cavalleria, intervenuti

gli arcieri, cosa ci fosse di animosità e di coraggio in ciascuno dei suoi.
C’era di rimpetto alla città un colle ai piedi

stessi del monte straordinariamente fortificato e sa ogni parte scosceso; se i nostri l’avessero occupato, sembrava che

avrebbero impedito ai nemici sia da gran parte dell’acqua sia dal libero pascolo.
Ma questo luogo non era occupato da essi

con una guarnigione non troppo sicura. Tuttavia nel silenzio della notte Cesare uscito dagli accampamenti, prima che da parte

della guarnigione si potesse giungere dalla città, cacciata la guarnigione, impadronitosi del luogo vi collocò due legioni e

tracciò un duplice fossato di dodici piedi dagli accampamenti maggiori ai minori, perché i singoli potessero passare al sicuro

da un improvviso assalto dei nemici.

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