Magna adfectus sollicitudine
hoc nuntio Caesar, quod semper Haeduorum civitati praecipue indulserat, nulla interposita dubitatione legiones expeditas
quattuor equitatumque omnem ex castris educit; nec fuit spatium tali tempore ad contrahenda castra, quod res posita in
celeritate videbatur; C. Fabium legatum cum legionibus duabus castris praesidio relinquit. Fratres Litavicci cum comprehendi
iussisset, paulo ante reperit ad hostes fugisse. Adhortatus milites ne necessario tempore itineris labore permoveantur,
cupidissimis omnibus progressus milia passuum xxv agmen Haeduorum conspicatur. Immisso equitatu iter eorum moratur atque
impedit interdicitque omnibus ne quemquam interficiant. Eporedorigem et Viridomarum, quos illi interfectos existimabant, inter
equites versari suosque appellare iubet. His cognitis et Litavicci fraude perspecta Haedui manus tendere et deditionem
significare et proiectis armis mortem deprecari incipiunt. Litaviccus cum suis clientibus, quibus more Gallorum nefas est etiam
in extrema fortuna deserere patronos, Gergoviam perfugit.
Versione tradotta
Colpito da grande
preoccupazione per questa notizia, Cesare, poiché aveva sempre assecondato specialmente la nazione degli Edui, non frapposta
alcuna incertezza, fa uscire dagli accampamenti quattro legioni pronte e tutta la cavalleria; e non ci fu tempo in tale
frangente a diminuire gli accampamenti, perché la cosa sembrava riposta sulla velocità; lascia il legato C. Fabio con due
legioni a guardia degli accampamenti.
Avendo ordinato di arrestare fratelli di Litavicco, scopre che poco prima sono fuggiti
dai nemici.
Esortati i soldati perché in un frangente di emergenza non si turbassero per la fatica della marcia, essendo
tutti desiderosissimi avanzatosi 25 mila passi vede la schiera degli Edui.
Inviata la cavalleria attarda la loro marcia e la
blocca
e vieta a tutti di uccidere qualcuno.
Ordina che Eporeodrice e Viridomaro, che essi ritenevano uccisi, vadano tra
i cavalieri e chiamino i loro.
Riconosciuti questi e scoperto l’inganno di Litavicco cominciano a tendere le mani a
segnalare la resa e gettate le armi a scongiurare la morte.
Litavicco con i suoi clienti, per i quali è sacrilegio secondo
la tradizione dei Galli abbandonare i patroni anche nella estrema sorte, fugge a Gergovia.
- Letteratura Latina
- Libro 7
- Cesare
- De Bello Gallico