Ibi a Viridomaro atque Eporedorige Haeduis appellatus discit cum omni equitatu
Litaviccum ad sollicitandos Haeduos profectum; opus esse ipsos antecedere ad confirmandam civitatem. Etsi multis iam rebus
Haeduorum perfidiam Caesar perspectam habebat atque horum discessu admaturari defectionem civitatis existimabat, tamen eos
retinendos non censuit, ne aut inferre iniuriam videretur aut daret aliquam timoris suspicionem.
Discedentibus his breviter
sua in Haeduos merita exposuit, quos et quam humiles accepisset, compulsos in oppida, multatos agris, omnibus ereptis sociis,
imposito stipendio, obsidibus summa cum contumelia extortis, et quam in fortunam quamque in amplitudinem deduxisset, ut non
solum in pristinum statum redissent, sed omnium temporum dignitatem et gratiam antecessisse viderentur. His datis mandatis eos
ab se dimisit.
Versione tradotta
Qui chiamato dagli Edui Viridomaro e da Eporedorige impara
che Litavicco con tutta la cavalleria era partito per sobillare gli Edui; era necessario che loro stessi precedessero per
rinsaldare la nazione.
Anche se per molte cose Cesare aveva appurata la slealtà degli Edui e riteneva che con la loro
partenza si affrettava la ribellione della nazione, tuttavia pensò di non doverli trattenere, perché non sembrasse di arrecare
un oltraggio o di dare qualche sospetto di paura. Quando essi partivano brevemente espose i suoi meriti verso gli Edui, quali e
quanto deboli li aveva accolti, chiusi nelle città, penalizzati per i campi, sottratte tutte le truppe, imposto un tributo,
estorti gli ostaggi con grandissimo disonore ed verso quale sorte e quale ricchezza li aveva portati, che non solo erano
ritornati allo stato originario, ma sembravano aver superato il prestigio ed il favore di tutte le epoche. Date queste
raccomandazioni li congedò da sé.
- Letteratura Latina
- Libro 7
- Cesare
- De Bello Gallico