Prima luce et nostri omnes erant transportati
et hostium acies cernebatur. Labienus milites cohortatus, ut suae pristinae virtutis et tot secundissimorum proeliorum memoriam
retinerent atque ipsum Caesarem, cuius ductu saepe numero hostes superassent, praesentem adesse existimarent, dat signum
proelii. Primo concursu ab dextro cornu, ubi septima legio constiterat, hostes pelluntur atque in fugam coniciuntur; ab
sinistro, quem locum duodecima legio tenebat, cum primi ordines hostium transfixi pilis concidissent, tamen acerrime reliqui
resistebant nec dabat suspicionem fugae quisquam. Ipse dux hostium Camulogenus suis aderat atque eos cohortabatur. At incerto
etiam nunc exitu victoriae, cum septimae legionis tribunis esset nuntiatum, quae in sinistro cornu gererentur, post tergum
hostium legionem ostenderunt signaque intulerunt. Ne eo quidem tempore quisquam loco cessit, sed circumventi omnes
interfectique sunt. Eandem fortunam tulit Camulogenus. At ii, qui praesidio contra castra Labieni erant relicti, cum proelium
commissum audissent, subsidio suis ierunt collemque ceperunt; neque nostrorum militum victorum impetum sustinere potuerunt. Sic
cum suis fugientibus permixti, quos non silvae montesque texerunt, ab equitatu sunt interfecti. Hoc negotio confecto Labienus
revertitur Agedincum, ubi impedimenta totius exercitus relicta erant; inde die iii cum omnibus copiis ad Caesarem
pervenit.
Versione tradotta
Alla prima luce da una parte tutti i nostri erano stati
trasportati e dall’altra si vedeva l’esercito dei nemici. Labieno esortati i soldati, che mantenessero il ricordo dell’antico
valore e di tanti scontri favorevolissimi e pensassero che lo stesso Cesare, sotto la cui guida spessissimo avevano vinto i
nemici, si trovava presente, dà il segnale dello scontro. Al primo impatto dall’ala destra, dove s’era trovata la settima
legione, i nemici sono respinti e messi in fuga; dalla sinistra, luogo che occupava la dodicesima legione, essendo cadute le
prime file dei nemici trafitti dai giavellotti,
tuttavia gli altri resistevano e nessuno dava l’impressione della
fuga.
Lo stesso comandante dei nemici Camulogeno era in mezzo ai suoi e li esortava. Ma essendo incerto ancora l’esito della
vittoria, essendo stato annunciato ai tribuni della settima legione, le cose che si facevano all’ala sinistra, mostrarono la
legione alle spalle dei nemici ed avanzarono le insegne. Neppure in quel momento nessuno si ritirò dalla posizione, ma tutti
furono attorniati ed uccisi. Stessa sorte ebbe Camulogeno. Ma quelli, che erano rimasti a guardia contro gli accampamenti di
Labieno, avendo sentito che era stata attaccata battaglia, vennero in aiuto ai loro ed occuparono il colle; ma non poterono
sostenere l’attacco dei nostri soldati vittoriosi. Così mescolati ai loro che fuggivano, che selve e monti non hanno protetto,
furono uccisi dai cavalieri. Terminata questa impresa, Labieno ritorna ad Agedinco, dove erano stati lasciati i carriaggi di
tutto l’esercito; da là in tre giorni giunge da Cesare con tutte e truppe.
- De Bello Gallico
- Libro 7
- Cesare
- De Bello Gallico