De Bello Gallico, Libro 7 - Par. 73 - Studentville

De Bello Gallico, Libro 7 - Par. 73

Erat eodem tempore et materiari et

frumentari et tantas munitiones fieri necesse deminutis nostris copiis, quae longius a castris progrediebantur. Ac nonnumquam

opera nostra Galli temptare atque eruptionem ex oppido pluribus portis summa vi facere conabantur. Quare ad haec rursus opera

addendum Caesar putavit, quo minore numero militum munitiones defendi possent. Itaque truncis arborum aut admodum firmis ramis

abscisis atque horum delibratis ac praeacutis cacuminibus perpetuae fossae quinos pedes altae ducebantur. Huc illi stipites

demissi et ab infimo revincti, ne revelli possent, ab ramis eminebant. Quini erant ordines coniuncti inter se atque implicati;

quo qui intraverant se ipsi acutissimis vallis induebant. Hos cippos appellabant. Ante hos obliquis ordinibus in quincuncem

dispositis scrobes tres in altitudinem pedes fodiebantur paulatim angustiore ad infimum fastigio. Huc teretes stipites feminis

crassitudine ab summo praeacuti et praeusti demittebantur, ita ut non amplius digitis quattuor e terra eminerent; simul

confirmandi et stabiliendi causa singuli ab infimo solo pedes terra exculcabantur; reliqua pars scrobis ad occultandas insidias

viminibus ac virgultis integebatur. Huius generis octoni ordines ducti ternos inter se pedes distabant. Id ex similitudine

floris lilium appellabant. Ante haec taleae pedem longae ferreis hamis infixis totae in terram infodiebantur mediocribusque

intermissis spatiis omnibus locis disserebantur, quos stimulos nominabant.

Versione tradotta

C’era nello stesso tempo necessità sia di cercar materiale

sia trovar frumento sia che si costruissero fortificazioni così grandi, essendo diminuite le nostre truppe, che andavano

abbastanza lontano dagli accampamenti. Ma talvolta i Galli tentavano di provare le nostre opere e fare una sortita attraverso

parecchie porte dalla città con grandissima forza. Perciò a queste opere Cesare pensò di aggiungerne di nuovo, perché le

fortificazioni si potessero difendere con un minore numero di soldati. Così tagliati tronchi di alberi o rami molto robusti e

piallate ed appuntite le cime venivano scavati continui fossati profondi cinque piedi. Qui quei pali piantati e legati in

basso, perché non si potessero svellere, sporgevano dalla parte dei rami. C’erano cinque file unite e legate tra loro; quelli

che vi erano entrati si infilzavano con gli acutissimi pali. Questi li chiamavano cippi. Davanti a questi in file oblique

disposte come i punti del cinque (nei dadi) venivano scavate buche di tre piedi di profondità con la parte in basso a mano a

mano più stretta. Qui si piantavano pali rotondi della grossezza d’una coscia appuntiti in cima e passati al fuoco, così che

non sporgessero da terra più di quattro dita; contemporaneamente per rafforzarli e stabilizzarli, ognuno era rincalzato con

terra dal basso del suolo (della misura) di un piede; la parte restante della buca era ricoperta da vimini ed arbusti per

nascondere le insidie. Otto file di questo tipo, tracciate, distavano tra loro tre piedi. Ciò per la somiglianza del fiore lo

chiamavano giglio. Davanti a questi si piantavano pioli lunghi un piede tutte in terra con uncini di ferro infissi ed erano

disseminati in tutti i luoghi a distanze intervallate, che chiamavano stimoli.

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