Tali intus templo divum patriaque Latinus 7.192
sede sedens Teucros ad sese in tecta
vocavit,
atque haec ingressis placido prior edidit ore:
‘dicite, Dardanidae neque enim nescimus et urbem 195
et
genus, auditique advertitis aequore cursum,
quid petitis? quae causa rates aut cuius egentis
litus ad Ausonium tot per
vada caerula vexit?
sive errore viae seu tempestatibus acti,
qualia multa mari nautae patiuntur in alto, 7.200
fluminis intrastis ripas portuque sedetis,
ne fugite hospitium, neve ignorate Latinos
Saturni gentem haud vinclo
nec legibus aequam,
sponte sua veterisque dei se more tenentem.
atque equidem memini (fama est obscurior annis) 205
Auruncos ita ferre senes, his ortus ut agris
Dardanus Idaeas Phrygiae penetrarit ad urbes
Threiciamque Samum, quae
nunc Samothracia fertur.
hinc illum Corythi Tyrrhena ab sede profectum
aurea nunc solio stellantis regia caeli 210
accipit et numerum divorum altaribus auget.’
Dixerat, et dicta Ilioneus sic voce secutus:
‘rex, genus
egregium Fauni, nec fluctibus actos
atra subegit hiems vestris succedere terris,
nec sidus regione viae litusve
fefellit: 215
consilio hanc omnes animisque volentibus urbem
adferimur pulsi regnis, quae maxima quondam
extremo
veniens sol aspiciebat Olympo.
ab Iove principium generis, Iove Dardana pubes
gaudet avo, rex ipse Iovis de gente
suprema: 7.220
Troius Aeneas tua nos ad limina misit.
quanta per Idaeos saevis effusa Mycenis
tempestas ierit
campos, quibus actus uterque
Europae atque Asiae fatis concurrerit orbis,
audiit et si quem tellus extrema refuso 225
summovet Oceano et si quem extenta plagarum
quattuor in medio dirimit plaga solis iniqui.
diluvio ex illo tot vasta
per aequora vecti
dis sedem exiguam patriis litusque rogamus
innocuum et cunctis undamque auramque patentem. 230
non
erimus regno indecores, nec vestra feretur
fama levis tantique abolescet gratia facti,
nec Troiam Ausonios gremio
excepisse pigebit.
fata per Aeneae iuro dextramque potentem,
sive fide seu quis bello est expertus et armis: 235
multi nos populi, multae ne temne, quod ultro
praeferimus manibus vittas ac verba precantia
et petiere sibi et
voluere adiungere gentes;
sed nos fata deum vestras exquirere terras
imperiis egere suis. hinc Dardanus ortus, 7.240
huc repetit iussisque ingentibus urget Apollo
Tyrrhenum ad Thybrim et fontis vada sacra Numici.
dat tibi praeterea
fortunae parva prioris
munera, reliquias Troia ex ardente receptas.
hoc pater Anchises auro libabat ad aras, 245
hoc
Priami gestamen erat cum iura vocatis
more daret populis, sceptrumque sacerque tiaras
Iliadumque labor vestes.’
Talibus Ilionei dictis defixa Latinus
obtutu tenet ora soloque immobilis haeret, 250
intentos volvens oculos. nec
purpura regem
picta movet nec sceptra movent Priameia tantum
quantum in conubio natae thalamoque moratur,
et
veteris Fauni volvit sub pectore sortem:
hunc illum fatis externa ab sede profectum 255
portendi generum paribusque in
regna vocari
auspiciis, huic progeniem virtute futuram
egregiam et totum quae viribus occupet orbem.
tandem laetus
ait: ‘di nostra incepta secundent
auguriumque suum. dabitur, Troiane, quod optas. 7.260
munera nec sperno: non vobis
rege Latino
divitis uber agri Troiaeve opulentia deerit.
ipse modo Aeneas, nostri si tanta cupido est,
si iungi
hospitio properat sociusque vocari,
adveniat, vultus neve exhorrescat amicos: 265
pars mihi pacis erit dextram tetigisse
tyranni.
vos contra regi mea nunc mandata referte:
est mihi nata, viro gentis quam iungere nostrae
non patrio ex
adyto sortes, non plurima caelo
monstra sinunt; generos externis adfore ab oris, 270
hoc Latio restare canunt, qui
sanguine nostrum
nomen in astra ferant. hunc illum poscere fata
et reor et, si quid veri mens augurat, opto.’
haec effatus equos numero pater eligit omni
(stabant ter centum nitidi in praesepibus altis; ) 275
omnibus extemplo
Teucris iubet ordine duci
instratos ostro alipedes pictisque tapetis
aurea pectoribus demissa monilia pendent,
tecti auro fulvum mandunt sub dentibus aurum,
absenti Aeneae currum geminosque iugalis 7.280
semine ab aetherio
spirantis naribus ignem,
illorum de gente patri quos daedala Circe
supposita de matre nothos furata creavit.
talibus Aeneadae donis dictisque Latini
sublimes in equis redeunt pacemque reportant. 285
Versione tradotta
Dentro a tale tempio degli dei Latino sedendo sul seggio
paterno chiamò a sé nel
palazzo i Teucri, ed, entrati,
per primo pronunciò con volto calmo queste parole:
"Dite, Dardanidi, non ignoriamo la
città e la stirpe 195
e famosi affrontate la rotta per mare,
cosa chiedete? Quale causa o di cosa mancando portò
al
lido ausonio per tante onde azzurre?
Sia spinti da errore di viaggio sia da tempeste,
quali i marinai in alto mare molto
patiscono, 200
entraste tra le rive del fiume e sedete nel porto,
non rifuggite l'ospitalità, non ignorate i
Latini,
popolo di Saturno, non giusto per vincolo o leggi,
ma per sua volontà si attiene secondo il costume
dell'antico re.
Ricordo bene ( la fama è troppo oscurata dagli anni) 205
che i vecchi Aurunci così narravano, come
Dardano nato
in queste terre emigrò verso le città idee della Frigia
ed alla Samo tracia, che ora si dice
Samotracia.
Di qui, partito dlla sede tirrena di Corito, ora
la reggia aurea del cielo stellato l'accoglie sul soglio
210
ed aumenta con gli altari il numero degli dei.
Aveva detto e pronunciata la frase così Ilioneo proseguì:
"Re,
ilustre stirpe di Fauno, né la nera tempesta ci costrinse
spinti dai flutti a raggiungere le vostre terre,
né stella o
lido ci ingannò circa il percorsodella rotta: 215
di proposito tutti con animi volonterosi ci rechiamo
in questa città,
caccaiti dai regni, che un tempo il sole
venendo dall'estremo Olimpo vedeva come i più grandi.
Da Giove l'inizio
della stirpe, la gioventù dardana gioisce
di Giove come avo, lo stesso re dall'alta stirpe di Giove: 220
il troiano
Enea ci inviò alla tua reggia.
Quale grande tempesta mossa dalla crudele Micene
sia corsa per le piane idee, da quali
fati spinto l'uno e
l'altro mondo d'Asia e d'Europa abbia corso,
udì (ognuno) anche se uno lo tiene
l'estremità della terra, 225
rifluito l'Oceano su se stesso, anche se uno lo tien separato
la zona del sole
rovente, stesa in mezzo alle quattro zone.
Da quel diluvio portati per tanti vasti mari
chiediamo per gli dei patrii una
piccola sede ed un lido
sicuro, un'nda ed un'aria aperta per tutti. . 230
Non saremo indegni del regno, né la
vostra fama sarà
resa piccola e non svanirà la gratitudine di tanta azione,
né gli Ausoni si pentiranno di aver accolto
in seno Troia.
Giuro per i fati di Enea e per la potente destra,
che è provato in fedeltà, in guerra e nell'armi: 235
molti popoli, molte nazioni ci chiesero e ci vollero
unire a sé, non disprezzarci perché per di più portiamo
in mano
bende sacre e parole invocanti;
ma i fati degli dei pretesero coi loro ordini di cercare
le vostre terre. Da qui nacque
Dardano, 240
qui ritorna, con forti comandi Apollo lo impone,
al Tevere tirreno ed ai sacri passaggi della fonte di
Numico.
Ti dà inoltre picoli doni della precedente
fortuna, resti raccolti da Troia in fiamme.
Con questo oro il
padre Anchise libava presso gli altari, 245
questa era l'insegna di Priamo, quando, chiamati i popoli,
rendeva
giustizia secondo la legge, lo scettro, la sacra tiara,
le vesti, opera delle Iliadi."
A tali parole di Ilioneo, Latino
tiene il volto fisso
in tensione e immobile lo fissa al suolo, 250
mantenendo gli occhi attenti. Non commuove il re
la porpora dipinta né lo commuovono gli scettri di Priamo
tanto quanto siferma sulle nozze ed il matrimonio della
figli,
ed agita nel cuore l'oracolo del vecchio Fauno:
dai fati era questo quel genero predetto, partito 255
da
lontana sede e da pari auspici era chiamato
al regno, per lui sarebbe stata la stirpe illustre
per coraggio e con
potenza occuperebbe tutto il mondo.
Finalmente lieto disse: " Gli dei assecondino i nostri inizi
ed la loro profezia.
Sarà concesso, Troiano, quel che desideri: 260
non disprezzo i doni: sotto il re Latino non vi mancherà
la fertile
opulenza di ricco terreno o di Troia.
Ora lo stesso Enea, se ha tanto desiderio di noi,
se s'affretta ad unirsi in
ospitalità e chiamarsi alleato,
venga, né abbia paura di volti amici: 265
per me sarà una parte di pace aver toccato la
destra d'un sovrano.
Voi di rimando riferite al re ora i miei impegni:
io ho una figlia, che per oracolo paterno le
sorti e molti
prodigi dal cielo non permettono maritare ad un uomo
della nostra razza; rivelano che i generi si
presenteranno 270
da terre straniere, per portare conla stirpe il nostro nome alle stelle,
che questo si riserva per il
Lazio. Che questo tale chiedano
i fati, lo penso e, se un che di vero presagisce il cuore, lo voglio".
Detto questo il
padre sceglie i cavalli da tutto il gruppo
(trecento splendidi stavano in ampie stalle;) 275
Ordina che subito sian
portati a tutti i Teucri in ordine,
i veloci cavalli coperti di porpora e ricamati drappi,
dorati collari appesi pindono
dai petti, coperti d'oro
mordono sotto i denti rosso oro,
per Enea assente un cocchio e gemelli cavalli aggiogati 280
di sangue etereo, spiranti fuoco dalle narici,
dalla razza di quelli che l'ingegnosa Circe, rubatili al
padre,
aveva creato bastardi da madre accoppiata.
Con tali doni e parole di Latino gli Eneadi, alti
sui cavalli
ritornano e riportano la pace.
- Letteratura Latina
- Libro 7
- Virgilio