Eneide, Libro 7, traduzione vv. 475-539 - Studentville

Eneide, Libro 7, traduzione vv. 475-539

Dum Turnus

Rutulos animis audacibus implet, 7.475
Allecto in Teucros Stygiis se concitat alis,
arte nova, speculata locum, quo

litore pulcher
insidiis cursuque feras agitabat Iulus.
hic subitam canibus rabiem Cocytia virgo
obicit et noto

naris contingit odore, 7.480
ut cervum ardentes agerent; quae prima laborum
causa fuit belloque animos accendit

agrestis.
cervus erat forma praestanti et cornibus ingens,
Tyrrhidae pueri quem matris ab ubere raptum
nutribant

Tyrrhusque pater, cui regia parent 485
armenta et late custodia credita campi.
adsuetum imperiis soror omni Silvia cura

mollibus intexens ornabat cornua sertis,
pectebatque ferum puroque in fonte lavabat.
ille manum patiens mensaeque

adsuetus erili 490
errabat silvis rursusque ad limina nota
ipse domum sera quamvis se nocte ferebat.
hunc procul

errantem rabidae venantis Iuli
commovere canes, fluvio cum forte secundo
deflueret ripaque aestus viridante levaret.

495
ipse etiam eximiae laudis succensus amore
Ascanius curvo derexit spicula cornu;
nec dextrae erranti deus afuit,

actaque multo
perque uterum sonitu perque ilia venit harundo.
saucius at quadripes nota intra tecta refugit 7.500

successitque gemens stabulis, questuque cruentus
atque imploranti similis tectum omne replebat.
Silvia prima soror

palmis percussa lacertos
auxilium vocat et duros conclamat agrestis.
olli (pestis enim tacitis latet aspera silvis)

505
improvisi adsunt, hic torre armatus obusto,
stipitis hic gravidi nodis; quod cuique repertum
rimanti telum ira

facit. vocat agmina Tyrrhus,
quadrifidam quercum cuneis ut forte coactis
scindebat rapta spirans immane securi. 510

At saeva e speculis tempus dea nacta nocendi
ardua tecta petit stabuli et de culmine summo
pastorale canit signum

cornuque recurvo
Tartaream intendit vocem, qua protinus omne
contremuit nemus et silvae insonuere profundae;

onomat
audiit et Triviae longe lacus, audiit amnis
sulpurea Nar albus aqua fontesque Velini,
et trepidae matres

pressere ad pectora natos.
tum vero ad vocem celeres, qua bucina signum
dira dedit, raptis concurrunt undique telis

7.520
indomiti agricolae, nec non et Troia pubes
Ascanio auxilium castris effundit apertis.
derexere acies. non iam

certamine agresti
stipitibus duris agitur sudibusve praeustis,
sed ferro ancipiti decernunt atraque late 525

horrescit strictis seges ensibus, aeraque fulgent
sole lacessita et lucem sub nubila iactant:
fluctus uti primo

coepit cum albescere vento,
paulatim sese tollit mare et altius undas
erigit, inde imo consurgit ad aethera fundo. 530

hic iuvenis primam ante aciem stridente sagitta,
natorum Tyrrhi fuerat qui maximus, Almo,
sternitur; haesit enim

sub gutture vulnus et udae
vocis iter tenuemque inclusit sanguine vitam.
corpora multa virum circa seniorque Galaesus,

535
dum paci medium se offert, iustissimus unus
qui fuit Ausoniisque olim ditissimus arvis:
quinque greges illi

balantum, quina redibant
armenta, et terram centum vertebat aratris.

Versione tradotta

Mentre

Turno riempie i Rutuli di audace coraggio, 475
Alletto con le ali stigie si lancia contro i Teucri,
con nuova arte,

osservato il luogo, dove il bello Iulo
sul lido cacciava le fiere con trappole e corsa.
Qui la vergine di Cocito inietta

ai cani una rabbia
improvvisa e tocca le narico con un noto odore, 480
perché furiosi inseguano un cervo; e questa fu la

prima causa
dei travagli ed accese di guerra rustici animi.
Era un cervo stupendo per la superiore bellezza e le corna,

strappato dalla mammella della madre, lo nutrivano
i ragazzi di Tirro ed il padre Tirro, cui obbediscono gli

armenti
del re e la sorveglianza affidata della piana per largo tratto. 486
Avvezzo agli ordini, con ogni cura la sorella

Silvia
intrecciandole di tenere corone ornava le corna,
pettinava la bestia e lo lavava alla pura fonte.
Egli

sopportando la mano e abitiato alla mensa padronale
errava nelle selve e di nuovo alle note soglie
lui stesso si recava a

casa anche a notte tarda. 490
Lui che errava lontano le rabbiose cagne di Iulo
lo stanarono, quando per caso scendeva

lungo il fiume
e sulla riva verdeggiante alleviava l'arsura. 495
Lo stesso Ascanio, anche acceso dall'amore
di

grande lode vibrò frecce coll'arco ricurvo;
né un dio mancò alla destra errante, lanciata con gran
strepito la freccia

giunse al ventre ed ai fianchi.il
Ferito però il quadrupede si rifugiò dentro i tetti noti 500
e gemendo si ritiro nelle

stalle, sanguinante lamento
e simile ad uno che implora riempiva tutta la casa.
Silvia, la sorella, per prima percossasi

le braccia con le mani
chiede aiuto e chiama i duri lavoratori.
Essi (la dura peste si nasconde nei taciti boschi) 505

improvvisi di presentano, questi armato di robusto tizzone,
questi di bastone pesante con nodi; quello che fu trovato

da ognuno che cercava, l'ra lo fa arma. Tirro chiama le squadre,
perché casualmente spaccava una quercia in quattro,

piantati
i cunei, ansimante bestialmente, presa la scure. 510
Ma la crudele dea dall'alto raggiunto il momento di

nuocere
raggiunge gli elevati tetti d'una capanna e dalla sommità della cima
intona il segnale dei pastori e col corno

ricurvo
tende la voce tartarea, a cui subito tutto il bosco
tremò e le profonde selve risuonarono; 515
sentì pure

lontano il lago di Trivia, udì il fiume Nera,
bianco di acqua solforosa e le fonti del velino,
e le madri trepidanti

strinsero i figli al petto.
Allora davvero veloci al richiamo, con cui la tromba
crudele diede il segnale, strappate da

ogni parte le armi, 520
gli indomiti agricoltori, ed anche la gioventù troiana
aperti gli accampamenti riversa aiuto ad

Ascanio.
Le schiere si disposero. Non si lotta più con scontro
rustico con duri bastoni o pali in punta bruciati,
ma

lottano col ferro a due tagli e attorno una messe nera 525
di spade sguainate si drizza, i bronzi rifulgono
provocati

dal sole e lanciano il bagliore sotto le nubi:
come un flutto quando al primo vento comincia a biancheggiare
a poco apoco

il mare si alza e più in alto drizza
le onde, poi dal più profondo sussulta fino al cielo. 530
Allora un giovane davanti

alla prima schieera è steso
da stridente freccia, Almo, che fu il maggiore dei figli
di Tirro; la ferita si aprì sotto

la gola e bloccò la via
dell'umida voce e col sangue la vita leggera.
Attorno molti corpi di uomini e l'anziano

Galeso, 535
mentre si offre in mezzo per la pace, che fu unico,
giustissimo ed un tempo ricchissimo di campi

ausonii:
gli ritornavano cinque greggi di belanti, cinque
armenti e girava la terra con cento aratri.

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