At Venus haud animo nequiquam exterrita mater 8.370
Laurentumque minis et
duro mota tumultu
Volcanum adloquitur, thalamoque haec coniugis aureo
incipit et dictis divinum aspirat amorem:
‘dum bello Argolici vastabant Pergama reges
debita casurasque inimicis ignibus arces, 375
non ullum auxilium
miseris, non arma rogavi
artis opisque tuae, nec te, carissime coniunx,
incassumve tuos volui exercere labores,
quamvis et Priami deberem plurima natis,
et durum Aeneae flevissem saepe laborem. 8.380
nunc Iovis imperiis
Rutulorum constitit oris:
ergo eadem supplex venio et sanctum mihi numen
arma rogo, genetrix nato. te filia Nerei,
te potuit lacrimis Tithonia flectere coniunx.
aspice qui coeant populi, quae moenia clausis 385
ferrum acuant portis
in me excidiumque meorum.’
dixerat et niveis hinc atque hinc diva lacertis
cunctantem amplexu molli fovet. ille
repente
accepit solitam flammam, notusque medullas
intravit calor et labefacta per ossa cucurrit, 390
non secus
atque olim tonitru cum rupta corusco
ignea rima micans percurrit lumine nimbos;
sensit laeta dolis et formae conscia
coniunx.
tum pater aeterno fatur devinctus amore:
‘quid causas petis ex alto? fiducia cessit 395
quo tibi, diva,
mei? similis si cura fuisset,
tum quoque fas nobis Teucros armare fuisset;
nec pater omnipotens Troiam nec fata
vetabant
stare decemque alios Priamum superesse per annos.
et nunc, si bellare paras atque haec tibi mens est, 8.400
quidquid in arte mea possum promittere curae,
quod fieri ferro liquidove potest electro,
quantum ignes animaeque
valent, absiste precando
viribus indubitare tuis.’ ea verba locutus
optatos dedit amplexus placidumque petivit 405
coniugis infusus gremio per membra soporem.
Versione tradotta
Ma
Venere, madre non invano sgomenta nel cuore 370
sconvolta dalle minacce di Laurento e dal duro tumulto
parla a Vulcano, e
così inizia nell'aureo letto
del coniuge e con le parole ispira un amore divino:
"Mentre i re argolici con la guerra
devastavano la dovuta
Pergamo e le rocche destinate a cadere per i fuochi nemici, 375
non chiesi nessun aiuto per i
miseri, non le armi
della tua arte e potenza, né volli, carissimo coniuge,
che tu facessi le tue opere invano,
benchè
moltissimo dovessi ai figli di Priamo,
e spesso avessi pianto la dura fatica di Enea. 380
Ora per gli ordini di Giove si
fermò nelle terre dei Rutuli:
dunque io stessa vengo supplice e chiedo alla (tua) potenza
per me sacra le armi, una madre
per il figlio. Te la figlia di Nereo,
te la sposa titonia potè piegare con lacrime.
Guarda quali popoli si radunano,
quali mura, chiuse òle porte, 385
affilano il ferro contro di me e la morte dei miei."
Aveva detto e qua e là la divina
con le nivee braccia
lo scalda, lui esitante, con un morbido amplesso, Egli subito
accoglie la solita fiamma, ed il noto
calore penetrò
nelle midolla e corse per le ossa crollate, 390
non diversamente da quando a volte rotta da
risplendente
tuono una igne fenditura brillante percorre di luce le nubi;
S'accorse la moglie lieta dei tranelli e
conscia della bellezza.
Allora il padre stravinto dall'eterno amore dice:
"Perché cerchi motivi da lontano? La fiducia
di me per te 395
dove andò, divina? Se ci fosse stato simile affanno,
anche allora sarebbe stato lecito per noi armare i
Teucri;
né il padre onnipotente né i fati vietavano che Troia
durasse per altri dieci anni e Priamo soprvvivesse.
E
adesso se ti prepari a combattere e questo è per te il disegno, 400
checchè di prmura posso promettere nella mia
arte,
ciò che si può fare col ferro o col limpido elettro,
quanto valgono fuochi e mantici, smetti, pregando,
di
dubitare delle tue forze.". Dette quelle parole
diede gli amplessi desiderati e cercò, riversatosi nel grambo 405
della
moglie il placido sopore nelle membra.
- Letteratura Latina
- Libro 8
- Virgilio