Eneide, Libro 8, traduzione vv.454-519 - Studentville

Eneide, Libro 8, traduzione vv.454-519

Haec pater Aeoliis properat dum Lemnius oris, 8.454
Evandrum

ex humili tecto lux suscitat alma 455
et matutini volucrum sub culmine cantus.
consurgit senior tunicaque inducitur

artus
et Tyrrhena pedum circumdat vincula plantis.
tum lateri atque umeris Tegeaeum subligat ensem
demissa ab laeva

pantherae terga retorquens. 8.460
nec non et gemini custodes limine ab alto
praecedunt gressumque canes comitantur

erilem.
hospitis Aeneae sedem et secreta petebat
sermonum memor et promissi muneris heros.
nec minus Aeneas se

matutinus agebat; 465
filius huic Pallas, illi comes ibat Achates.
congressi iungunt dextras mediisque residunt

aedibus et licito tandem sermone fruuntur.
rex prior haec:
‘maxime Teucrorum ductor, quo sospite numquam 470

res equidem Troiae victas aut regna fatebor,
nobis ad belli auxilium pro nomine tanto
exiguae vires; hinc Tusco

claudimur amni,
hinc Rutulus premit et murum circumsonat armis.
sed tibi ego ingentis populos opulentaque regnis 475

iungere castra paro, quam fors inopina salutem
ostentat: fatis huc te poscentibus adfers.
haud procul hinc saxo

incolitur fundata vetusto
urbis Agyllinae sedes, ubi Lydia quondam
gens, bello praeclara, iugis insedit Etruscis.

8.480
hanc multos florentem annos rex deinde superbo
imperio et saevis tenuit Mezentius armis.
quid memorem infandas

caedes, quid facta tyranni
effera? di capiti ipsius generique reservent.
mortua quin etiam iungebat corpora vivis 485

componens manibusque manus atque oribus ora,
(tormenti genus) et sanie taboque fluentis
complexu in misero longa

sic morte necabat.
at fessi tandem cives infanda furentem
armati circumsistunt ipsumque domumque, 490
obtruncant

socios, ignem ad fastigia iactant.
ille inter caedem Rutulorum elapsus in agros
confugere et Turni defendier hospitis

armis.
ergo omnis furiis surrexit Etruria iustis,
regem ad supplicium praesenti Marte reposcunt. 495
his ego te,

Aenea, ductorem milibus addam.
toto namque fremunt condensae litore puppes
signaque ferre iubent, retinet longaevus

haruspex
fata canens: “o Maeoniae delecta iuventus,
flos veterum virtusque virum, quos iustus in hostem 8.500
fert

dolor et merita accendit Mezentius ira,
nulli fas Italo tantam subiungere gentem:
externos optate duces.” tum Etrusca

resedit
hoc acies campo monitis exterrita divum.
ipse oratores ad me regnique coronam 505
cum sceptro misit

mandatque insignia Tarchon,
succedam castris Tyrrhenaque regna capessam.
sed mihi tarda gelu saeclisque effeta senectus

invidet imperium seraeque ad fortia vires.
natum exhortarer, ni mixtus matre Sabella 510
hinc partem patriae

traheret. tu, cuius et annis
et generi fatum indulget, quem numina poscunt,
ingredere, o Teucrum atque Italum

fortissime ductor.
hunc tibi praeterea, spes et solacia nostri,
Pallanta adiungam; sub te tolerare magistro 515

militiam et grave Martis opus, tua cernere facta
adsuescat, primis et te miretur ab annis.
Arcadas huic equites bis

centum, robora pubis
lecta dabo, totidemque suo tibi nomine Pallas.’

Versione tradotta

Mentre il padre Lemnio affretta queste cose nelle

terre eolie,
la grande luce dall'umile tetto sveglia Evandro 455
el i canti mattutini di uccelli sotto la

volta.
L'anziano si alza e si copre le membra con la tunica
e mette attorno alle piante dei piedi i lacci

tirreni.
Poi al fianco ed alle spalle lega la spada tegea
avvolgendo la pelle di pantera calata da sinistra. 460

Inoltre anche due guardie dall'alta soglia
precedono e dei cani accompagnano il passo del padrone.
Si dirigeva

alla sede e gli appartamenti dell'ospite Enea,
memore l'eroe dei discorsi e del dono promesso.
Non di meno Enea si

faceva mattiniero; 465
veniva come compagno per questi il figlio, per quello Acate.
Incontratisi uniscono le destre e si

siedono su sedili
nel mezzo e finalmente godono di libero discorso.
Il re per preimo così:
"Grandissima guida dei

Teucri, salvo il quale mai 470
dichiarerò veramente vinte le potenze ed i regni di Troia,
per noi all'aiuto di guerra

a confronto di nome sì garnde
esigue (sono) le forze; di qui siam chiusi dal fiume tosco,
di là il Rutulo ci incalza e

strepitano di armi attorno al muro.
Ma io a te voglio unire ingenti popoli e accampamenti ricchi 475
di poteri, e questa

salvezza la offre un caso
impensato: ti rechi qui, chiedendolo i fati.
Non lontano di qui, fondata su antica roccia, si

trova
la sede della città agillina, dove un tempo il popolo
di Lidia, famosissima in guerra, s'insediò nei gioghi

etruschi. 480
Questa fiorente per molti anni ma poi con comando
superbo e crudeli armi, la tenne il re

Mezenzio.
Perchè ricordare le sacrileghe stragi, perché gliefferati delitti
del tiranno? Gli dei li riservino al suo capo

ed alla stirpe.
Addirittura congiungeva corpi morti ai vivi 485
collegando le mani alle mani ed i volti ai volti,

(sorta di tortura) e così li uccideva grondanti di marciume
e putredine in un miserevole abbraccio con lunga morte.
Ma

finalmente i cittadini stanchi armati attorniano lui stesso
che scatenava mostruosità e la casa, 490
(ne) uccidono i

compagni, gettan fuoco ai tetti.
Egli sfuggito tra la strage nei territori dei Rutuli
fuggiva ed era difeso dalle armi

dell'ospite Turno.
Perciò tutta l'Etruria insorse con giusti furoti,
richiedono il re per il supplizio, con Marte

presente. 495
A queste migliaia io ti renderò condottiero, Enea.
Su tutto il lido le poppe radunate fremono
e

comandano di dare il segnale, li trattiene il vecchio aruspice
profetando i fati: "O scelta gioventù di Meonia,
fiore e

valore degli antichi eroi, che un giusto dolore porta 500
contro il nemico e Mezenzio accende con meritata ira,
a nessun

Italico è lecito sottomettere un sì gran popolo:
scegliete capi stranieri." Allora la schiera etrusca per questo
si

arrestò sul campo atterrita dai moniti degli dei.
Lo stesso Tarconte inviò a me messaggeri e la corona 505
del regno con

lo scettro e mi affida le insegne,
(perché) io avanzi con gli accampamenti, prenda i regni tirreni.
Ma una vecchiaia

lenta per il freddo ed esausta per gli anni
mi invidia il potere e le forze tarde ad azioni forti.
Esorterei il figlio,

se misto di madre sabella non 510
traesse di lì una parte di patria. Tu, il cui fato permette
agli anni ed alla stirpe,

che le divinità chiamano,
procedi, o fortissimo condottiero di Teucri ed Itali.
Inoltre a te unirò costui, speranza e

delizia di noi,
Pallante; sotto di te maestro si abitui a sopportare 515
la milizia ed il pesante lavoro di Marte, ad

osservare
i tuoi fati ed ammiri te fin dai primi anni.
Darò a questi due volte cento cavalieri Arcadi, forze scelte
di

giovinezza, ed a suo nome altrettanti Pallante a te."

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