Nisus erat portae custos, acerrimus armis,
Hyrtacides, comitem
Aeneae quem miserat Ida
venatrix iaculo celerem levibusque sagittis,
et iuxta comes Euryalus, quo pulchrior alter
non fuit Aeneadum Troiana neque induit arma, 9.180
ora puer prima signans intonsa iuventa.
his amor unus erat
pariterque in bella ruebant;
tum quoque communi portam statione tenebant.
Nisus ait: ‘dine hunc ardorem mentibus
addunt,
Euryale, an sua cuique deus fit dira cupido? 185
aut pugnam aut aliquid iamdudum invadere magnum
mens agitat
mihi, nec placida contenta quiete est.
cernis quae Rutulos habeat fiducia rerum:
lumina rara micant, somno vinoque
soluti
procubuere, silent late loca. percipe porro 190
quid dubitem et quae nunc animo sententia surgat.
Aenean
acciri omnes, populusque patresque,
exposcunt, mittique viros qui certa reportent.
si tibi quae posco promittunt, nam
mihi facti
fama sat est, tumulo videor reperire sub illo 195
posse viam ad muros et moenia Pallantea.’
spondaico
obstipuit magno laudum percussus amore
Euryalus, simul his ardentem adfatur amicum:
‘mene igitur socium
summis adiungere rebus,
Nise, fugis? solum te in tanta pericula mittam? 200
non ita me genitor, bellis adsuetus
Opheltes,
Argolicum terrorem inter Troiaeque labores
sublatum erudiit, nec tecum talia gessi
magnanimum Aenean et
fata extrema secutus:
est hic, est animus lucis contemptor et istum 205
qui vita bene credat emi, quo tendis,
honorem.’
Nisus ad haec: ‘equidem de te nil tale verebar,
nec fas, non; ita me referat tibi magnus ovantem
Iuppiter aut quicumque oculis haec aspicit aequis.
sed si quis (quae multa vides discrimine tali) 210
si quis in
adversum rapiat casusve deusve,
te superesse velim, tua vita dignior aetas.
sit qui me raptum pugna pretiove redemptum
mandet humo, solita aut si qua id Fortuna vetabit,
absenti ferat inferias decoretque sepulcro. 215
neu matri miserae
tanti sim causa doloris,
quae te sola, puer, multis e matribus ausa
persequitur, magni nec moenia curat Acestae.’
ille autem: ‘causas nequiquam nectis inanis
nec mea iam mutata loco sententia cedit. 220
acceleremus’ ait,
vigiles simul excitat. illi
succedunt servantque vices; statione relicta
ipse comes Niso graditur regemque requirunt.
Versione tradotta
Niso era custode
ad una porta, fortissimo in armi,
figlio di Irtaco, che l'Ida ricca di caccia aveva inviato
come compagno di Enea,
veloce nel lancio e nelle frecce leggere,
e vicino il compagno Eurialo, di cui un altro più bello
non ci fu tra gli
Eneadi né vestì armi troiane, 180
ragazzo che segnava guance intonse della prima giovinezza.
Essi avevano un unico amore
ed insieme si gettavan nelle mischie;
pure allora custodivano la porta con guardia comune.
Niso disse: "Gli dei forse
aggiungono ardore ai cuori,
Eurialo, o la propria terribile passione diventa per ciascuno un dio? 185
o il cuore mi agita
lo scontro o a tentare da tempo qualcosa
di grande, e non è contento della placida quiete.
Vedi quale fiducia degli
eventi tenga i Rutuli:
le luci brillano rare, sciolti nel sonno e nel vino
si son sdraiati, attorno i luoghi tacciono.
Senti dunque 190
su cosa io esiti e male idea ora sorga nell'animo.
Tutti chiedono, popolo ed anziani, che si
richiami
Enea, che si mandino uomini che riveriscano la realtà.
Se promettono quello che richiedo per te, per me è
bastante
la fama del fatto, mi sembra di poter trovare sotto quella 195
altura la via alle mura ed ai bastioni
pallantei."
Stupì colpito dal grande amore di lodi
Eurialo, subito così risponde all'amico ardente:
" Me forse
rifiuti di unire come compagno in situazioni estreme,
Niso? Te solo manderò a così grandi pericoli? 200
Non così mi educò
il padre, Ofelte abituato alle guerre,
allevatomi tra il terrore degli Argolici e gli affanni
di Troia, né con te feci
tali cose
seguendo il magnanimo Enea e fati estremi:
cè qui, c'è un cuore disprezzatore della luce e che crede 205
si compri bene con la vita questo onore, cui tendi."
Niso in risposta: " Certamente niente di simile temevo di te,
né
è possibile, no; così mi restituisca festante a te il gran
Giove o chiunque guardi queste cose con occhi giusti.
Ma se
uno (quante cose vedi in tale frangente) 210
se uno o un caso o un dio, portasse all'avversità,
vorrei che tu
sopravvivessi, la tua età (è) più degna di vita.
Ci sarebbe chi affidi alla terra me colpito in uno scontro o
riscattato
con somme, o se la solita Fortuna lo vieterà,
faccia le esequie all'assente e lo onori del sepolcro. 215
Che non sia
io causa di così garnde dolore alla misera madre,
che unica, ragazzo, tra molte madri osandolo
segue te, né bada alle
mura del grande Aceste."
Ma lui: " Invano macchini inutili cause
né la mia idea ormai, cambiata di posizione, si ritrae.
220
Affrettiamoci", disse. Subilo sveglia le gurdie. Essi
subentrano e mantengono i turni; lasciata la guardia
egli
come compagno di Niso avanza e cercano il re.
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