Eneide, Libro 9, traduzione vv. 224-313 - Studentville

Eneide, Libro 9, traduzione vv. 224-313

Cetera per terras omnis animalia somno

laxabant curas et corda oblita laborum: 225
ductores Teucrum primi, delecta iuventus,
consilium summis regni de

rebus habebant,
quid facerent quisve Aeneae iam nuntius esset.
stant longis adnixi hastis et scuta tenentes

castrorum et campi medio. tum Nisus et una 230
Euryalus confestim alacres admittier orant:
rem magnam pretiumque

morae fore. primus Iulus
accepit trepidos ac Nisum dicere iussit.
tum sic Hyrtacides: ‘audite o mentibus aequis

Aeneadae, neve haec nostris spectentur ab annis 235
quae ferimus. Rutuli somno vinoque soluti
conticuere. locum

insidiis conspeximus ipsi,
qui patet in bivio portae quae proxima ponto.
interrupti ignes aterque ad sidera fumus

erigitur. si fortuna permittitis uti 9.240
quaesitum Aenean et moenia Pallantea, spondaico
mox hic cum spoliis

ingenti caede peracta
adfore cernetis. nec nos via fallit euntis:
vidimus obscuris primam sub vallibus urbem
venatu

adsiduo et totum cognovimus amnem.’ 245
hic annis gravis atque animi maturus Aletes:
‘di patrii, quorum semper sub

numine Troia est,
non tamen omnino Teucros delere paratis,
cum talis animos iuvenum et tam certa tulistis

pectora.’ sic memorans umeros dextrasque tenebat 250
amborum et vultum lacrimis atque ora rigabat.
‘quae

vobis, quae digna, viri, pro laudibus istis
praemia posse rear solvi? pulcherrima primum
di moresque dabunt vestri: tum

cetera reddet
actutum pius Aeneas atque integer aevi 255
Ascanius meriti tanti non immemor umquam.’
‘immo ego

vos, cui sola salus genitore reducto,’
excipit Ascanius ‘per magnos, Nise, penatis
Assaracique larem et canae

penetralia Vestae
obtestor, quaecumque mihi fortuna fidesque est, 260
in vestris pono gremiis. revocate parentem,

reddite conspectum; nihil illo triste recepto.
bina dabo argento perfecta atque aspera signis
pocula, devicta

genitor quae cepit Arisba,
et tripodas geminos, auri duo magna talenta, 265
cratera antiquum quem dat Sidonia Dido.

si vero capere Italiam sceptrisque potiri
contigerit victori et praedae dicere sortem,
vidisti, quo Turnus equo,

quibus ibat in armis
aureus; ipsum illum, clipeum cristasque rubentis 270
excipiam sorti, iam nunc tua praemia, Nise.

praeterea bis sex genitor lectissima matrum
corpora captivosque dabit suaque omnibus arma,
insuper his campi quod

rex habet ipse Latinus.
te vero, mea quem spatiis propioribus aetas 275
insequitur, venerande puer, iam pectore toto

accipio et comitem casus complector in omnis.
nulla meis sine te quaeretur gloria rebus:
seu pacem seu bella geram,

tibi maxima rerum
verborumque fides.’ contra quem talia fatur 280
Euryalus: ‘me nulla dies tam fortibus ausis

dissimilem arguerit; tantum fortuna secunda
aut adversa cadat. sed te super omnia dona
unum oro: genetrix Priami de

gente vetusta
est mihi, quam miseram tenuit non Ilia tellus 285
mecum excedentem, non moenia regis Acestae.
hanc ego

nunc ignaram huius quodcumque pericli
inque salutatam linquo: nox et tua testis
dextera, quod nequeam lacrimas perferre

parentis.
at tu, oro, solare inopem et succurre relictae. 290
hanc sine me spem ferre tui, audentior ibo
in casus

omnis.’ percussa mente dedere
Dardanidae lacrimas, ante omnis pulcher Iulus,
atque animum patriae strinxit pietatis

imago.
tum sic effatur: 295
‘sponde digna tuis ingentibus omnia coeptis.
namque erit ista mihi genetrix nomenque

Creusae
solum defuerit, nec partum gratia talem
parva manet. casus factum quicumque sequentur,
per caput hoc iuro,

per quod pater ante solebat: 300
quae tibi polliceor reduci rebusque secundis,
haec eadem matrique tuae generique

manebunt.’
sic ait inlacrimans; umero simul exuit ensem
auratum, mira quem fecerat arte Lycaon
Cnosius atque

habilem vagina aptarat eburna. 305
dat Niso Mnestheus pellem horrentisque leonis
exuvias, galeam fidus permutat Aletes.

protinus armati incedunt; quos omnis euntis
primorum manus ad portas, iuvenumque senumque,
prosequitur votis. nec

non et pulcher Iulus, 310
ante annos animumque gerens curamque virilem,
multa patri mandata dabat portanda; sed aurae

omnia discerpunt et nubibus inrita donant.

Versione tradotta

Gli altri viventi per le tutte

terre col sonno
sollevavano gli affani ed i cuori dimentichi delle fatiche: 225
ma i primi capi dei Teucri, gioventù

scelta,
avevano il consiglio sui massimi affari del regno,
cosa fare o chi ormai fosse messaggero ad Enea.
Stanno

appoggiati alle lunghe lance e tenendo gli scudi
nel mezzo dell'accampamento e della piana. Allora Niso 230
ed insieme

Eurialo chiedono veloci di esser ammessi subito:
ci sarebbe un affare importante ed il valore dell'indugio. Per primo

Iulo ricevette i trepidanti e comandò a Niso di parlare.
Allora così l'Irtacide: "Ascoltate, o Eneadi, con giuste

attenzioni, perché le cose che riferiamo non siano giudicate 235
dai nostri anni. I Rutuli sciolti dal sonno e dal

vino
hanno taciuto. Noi stessi abbiam perlustrato un luogo per insidie,
che si apre nel bivio della porta, quella vicina

al mare.
Si son interrotti i fuochi ed un anero fumo si leva
alle stelle. Se permettete che si usi la fortuna 240
per

cercare Enea e le mura pallantee,
presto ci vedrete qui presentarci con le sploglie, compiuta
un'immensa strage. Ne ci

dfugge la via per andare:
abbiam visto l'inizio della città nelle ombrose valli
e con la caccia frequente abbiam

conosciuto tutto il fiume." 245
Allora Alete grave e maturo di coraggio:
"Dei patrii, sotto la cui protezione Troia è

sempre,
non vi preparate certamente a cancellare i Teucri del tutto,
poiché allevaste tali animi di giovani e cuori

così
sicuri.." Così commentando teneva le spalle e le destre 250
di entrambi e rigava il volto e le guance di

lacrime.
"Quali per voi, quali degni premi, o eroi, penserei si possan
pagare in cambio di queste glorie? Anzitutto gli

dei ed i vostri
caratteri li daranno bellissimi: i restanti poi li renderà presto
il pio Enea ed Ascanio integro di età

255
non immemore mai di così gran merito."
"Anzi vi giuro io, cui sola salvezza (è), che sia tornato il

padre,
riprende Ascanio, per i grandi penati, Niso,
il lare di Assaraco ed i penetrali della bianca
Vesta, quanta sia

per me la fortuna e la fiducia, 260
le ripongo nei vostri petti. Richiamate il padre,
restituitene la presenza; nulla di

triste se lui sia tornato.
Darò doppie tazze fatte d'argento e cariche
di ceselli, che il padre prese, vinta Arisba,

e due tripodi, due grossi talenti d'oro, 265
un antico cratere che regala la sidonia Didone.
Se poi vincitore mi

capiterà di prendere l'Italia e
di impadronirmi degli scettri e decidere la sorte della preda
avete visto con quale

cavallo, con quali armi Turno avanza
d'oro; eccettuerò dalla sorte quello stesso, lo scudo e 270
le creste

rosseggianti, già ora tuoi premi, Niso.
Inoltre il padre darà due volte sei corpi sceltissimi
di madri e prigionieri e

per ognuno le sue armi,
oltre a questi quella parte di piana che ha lo stesso re Latino.
Te invece, che la mia età segue

di tempi più vicini, 275
straordinario ragazzo, ti accolgo con tutto il cuore
e ti abbraccio come compagno per tutti gli

eventi.
Nessuna gloria si cercherà per le mie gesta senza di te:
Sia che faccia le guerre che la pace, per te la massima

lealtà
di azioni e parole." Ed a lui in risposta dice 280
Eurialo: " Nessun giorno mi accusi dissimile
da tanto forti

imprese; la fortuna cada tanto propizia
o avversa. Ma sopra tutti i doni ti chiedo
una cosa aola: io ho una vecchia

madre della strirpe
di Priamo, ma la terra ilia non trattenne la misera 285
che partiva con me, non le mura del re

Aceste.
Costei io ora lascio ignara di questo pericolo, qualunque (sia)
e non salutata: la notte e la tua destra (sia)

testimone,
perché non potrei sostenere le lacrime della madre.
Ma tu, prego, consola la povera e soccorri

l'abbandonata. 290
Lascia che io porti questa speranza di te, andrò più audace
contro tutti i casi." Colpita la mente,

tutti i Dardanidi
sparsero lacrime, prima di tutti il bello Iulo,
e l'immagine dell'amore del padre (gli) strinse

il cuore.
Poi così parla: 295
" Ripromettiti tutto degno delle tue grandi imprese.
Infatti costei mi sarà madre ed il

solo nome di Creusa
le mancherà, né un tale parto resta
un merito piccolo. Qualunque evenienza seguirà il

fatto,
questa mia persona giuro, per la quale prima soleva il padre: 300
quello che prometto a te reduce ed alla fortuna

propizia
queste stesse cose si manterranno per la tua madre e la stirpe."
Così disse piangendo; tolse dalla spalla la

spada
dorata, che Licaone di Cnosso aveva fatto con arte
e l'aveva adattata agevole ad un fodero d'avorio. 305

Mnesteo dà a Niso la pelle e le spoglie d'un ispido
leone, il fido Alete scambia l'elmo.
Subito avanzano

armati; e mentre vanno alle porte
tutta la schiera dei primi, dei giovani e degli anziani,
li accompagna di auguri. E

pure il bello Iulo, 310
che aveva un coraggio ed un attenzione virile più degli anni,
dava molte incombenze da portare al

padre; la i venti
strappano tutto e l'offrono inutile ale nubi.

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