Compluribus diebus isdem in castris consumptis, cum propius accessisse
legiones et Gaium Trebonium legatum cognossent, duces Bellovacorum veriti similem obsessionem Alesiae noctu dimittunt eos quos
aut aetate aut viribus inferiores aut inermes habebant, unaque reliqua impedimenta. Quorum perturbatum et confusum dum
explicant agmen (magna enim multitudo carrorum etiam expeditos sequi Gallos consuevit), oppressi luce copias armatorum pro suis
instruunt castris, ne prius Romani persequi se inciperent quam longius agmen impedimentorum suorum processisset. At Caesar
neque resistentes adgrediendos tanto collis ascensu iudicabat, neque non usque eo legiones admovendas ut discedere ex eo loco
sine periculo barbari militibus instantibus non possent. Ita, cum palude impedita a castris castra dividi videret, quae trans
eundi difficultas celeritatem insequendi tardare posset, adque id iugum quod trans paludem paene ad hostium castra pertineret
mediocri valle a castris eorum intercisum animum adverteret, pontibus palude constrata legiones traducit celeriterque in summam
planitiem iugi pervenit, quae declivi fastigio duobus ab lateribus muniebatur. Ibi legionibus instructis ad ultimum iugum
pervenit aciemque eo loco constituit unde tormento missa tela in llostium cuneos conici possent.
Versione tradotta
Dopo aver trascorso parecchi giorni sempre
nell'accampamento, i capi dei Bellovaci, quando vennero a sapere che il legato C. Trebonio si stava avvicinando con le
legioni, nel timore di un assedio come ad Alesia, fanno allontanare di notte le persone inutili troppo anziane o deboli o prive
di armi; con loro mandano tutti i bagagli. Mentre dispiegavano la colonna, ancora in scompiglio e in disordine (un gran numero
di carri, infatti, segue di solito i Galli anche negli spostamenti brevi), vengono sorpresi dal sorgere del sole. Allora
schierano le truppe dinnanzi al loro campo, per impedire ai Romani l'inizio dell'inseguimento prima che la colonna dei
bagagli si fosse allontanata abbastanza. Cesare, visto il pendio così erto, non giudicò opportuno attaccare i nemici pronti
alla difesa e decise invece di far avanzare le legioni di quel tanto, che impedisse ai barbari di muoversi dalla loro posizione
senza rischi, data la minaccia dei nostri. Poi notò che i due accampamenti erano sì divisi da una palude impraticabile - un
ostacolo in grado di frenare la rapidità dell'inseguimento - ma che una catena di colli, al di là della palude, raggiungeva
quasi il campo nemico e ne era separata solo da una piccola valle. Allora, getta ponti sulla palude, la varca con le legioni e
giunge rapidamente su una spianata in cima ai colli, protetta su entrambi i lati da scoscesi pendii. Qui ricompone le legioni e
raggiunge l'estremità della spianata, dove forma la linea di battaglia. Da qui, i dardi scagliati dalle macchine da lancio
potevano piovere sui nemici disposti a cuneo.
- Letteratura Latina
- Libro 8
- Aulo Irzio
- De Bello Gallico