De Bello Gallico, Libro VIII - Par. 28 - Studentville

De Bello Gallico, Libro VIII - Par. 28

Insequenti nocte Fabius equites praemittit sic paratos ut confligerent atque omne agmen morarentur, dum consequeretur ipse.

Cuius praeceptis ut res gereretur, Quintus Atius Varus, praefectus equitum, singularis et animi et prudentiae vir, suos

hortatur agmenque hostium consecutus turmas partim idoneis locis disponit, parte equitum proelium committit. Confligit audacius

equitatus hostium succedentibus sibi peditibus, qui toto agmine subsistentes equitibus suis contra nostros ferunt auxilium. Fit

proelium acri certamine. Namque nostri contemptis pridie superatis hostibus, cum subsequi legiones meminissent, et pudore

cedendi et cupiditate per se conficiendi proeli fortissime contra pedites proeliantur, hostesque nihil amplius copiarum

accessurum credentes, ut pridie cognoverant, delendi equitatus nostri nacti occasionem videbantur.

Versione tradotta

La notte successiva Fabio manda in avanscoperta i

cavalieri, pronti allo scontro e a ritardare la marcia di tutto l'esercito nemico fino all'arrivo di Fabio stesso. Perché

le cose procedessero secondo gli ordini, Q. Azio Varo, prefetto della cavalleria, uomo di straordinario coraggio e senno,

sprona i suoi e, dopo aver inseguito le schiere nemiche, dispone una parte degli squadroni in zone favorevoli, mentre con il

resto attacca battaglia. La cavalleria nemica si batte con particolare audacia, perché a essa subentravano i fanti, che,

piazzatisi lungo tutta la colonna, recavano aiuto ai propri cavalieri contro i nostri. Si accende un'aspra battaglia. I

nostri, infatti, disprezzavano i nemici già sconfitti il giorno precedente e, ben sapendo che le legioni erano in arrivo,

combattevano contro i fanti con straordinario ardore, sia per la vergogna di un'eventuale ritirata, sia per il desiderio di

risolvere da soli la battaglia; i nemici, dal canto loro, in base all'esperienza del giorno precedente, credevano che non

sarebbero giunte altre truppe romane e pensavano di avere trovato l'occasione per annientare la nostra cavalleria.

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