De Bello Gallico, Libro VIII - Par. 3 - Studentville

De Bello Gallico, Libro VIII - Par. 3

Repentino adventu Caesaris accidit, quod imparatis

disiectisque accidere fuit necesse, ut sine timore ullo rura colentes prius ab equitatu opprimerentur quam confugere in oppida

possent. Namque etiam illud vulgare incursionis hostium signum, quod incendiis aedificiorum intellegi consuevit, Caesaris erat

interdicto sublatum, ne aut copia pabuli frumentique, si longius progredi vellet, deficeretur, aut hostes incendius

terrerentur. Multis hominum milibus captis perterriti Bituriges; qui primum adventum potuerant effugere Romanorum, in finitimas

civitates aut privatis hospitiis confisi aut societate consiliorum confugerant. Frustra: nam Caesar magni sitineribus omnibus

locis occurrit nec dat ulli civitati spatium de aliena potius quam de domestica salute cogitandi; qua celeritate et fideles

amicos retinebat et dubitantes terrore ad condiciones pacis adducebat. Tali condicione proposita Bituriges, cum sibi viderent

clementia Caesaris reditum patere in eius amicitiam finitimasque civitates sine ulla poena dedisse obsides atque in fidem

receptas esse, idem fecerunt.

Versione tradotta

Al repentino arrivo di Cesare accadde l'inevitabile

per gente colta alla sprovvista e sparpagliata: mentre i nemici, senza timore alcuno, attendevano ai lavori nei campi, vennero

sopraffatti dalla cavalleria prima di potersi rifugiare nelle città. Infatti, per ordine di Cesare, era stato eliminato anche

l'indizio più comune di un'incursione nemica, ovvero il fuoco appiccato agli edifici, sia perché in caso di ulteriore

avanzata non venissero a mancare foraggio e grano, sia perché i nemici non fossero messi in allarme dagli incendi stessi. Dopo

la cattura di molte migliaia di uomini, chi tra i Biturigi, in preda alla paura, era riuscito a sfuggire al primo attacco dei

Romani, era riparato presso i popoli vicini, fidando o in vincoli personali d'ospitalità oppure nell'alleanza comune.

Invano: a marce forzate Cesare accorre dappertutto e non lascia a nessun popolo il tempo di pensare alla salvezza altrui più

che alla propria. Con la rapidità della sua azione teneva a freno gli alleati fedeli, con il terrore costringeva alla pace i

titubanti. Di fronte a tale situazione, i Biturigi, vedendo che la clemenza di Cesare lasciava spazio per un ritorno

all'alleanza con lui e che i popoli limitrofi non avevano subito pena alcuna, ma dietro la consegna di ostaggi erano stati

accolti sotto la sua protezione, ne seguirono l'esempio.

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