De Bello Gallico, Libro VIII - Par. 44 - Studentville

De Bello Gallico, Libro VIII - Par. 44

Caesar, cum suam lenitatem cognnitam omnibus

sciret neque vereretur ne quid crudelitate naturae videretur asperius fecisse, neque exitum consiliorum suorum animadverteret,

si tali ratione diversis in locis plures consilia inissent, exemplo supplici deterrendos reliquos existimavit. Itaque omnibus

qui arma tulerant manus praecidit vitamque concessit, quo testatior esset poena improborum. Drappes, quem captum esse a Caninio

docui, sive indignitate et dolore vinculorum sive timore gravioris supplici paucis diebus cibo se abstinuit atque ita interiit.

Eodem tempore Lacterius, quem profugisse ex proelio scripsi, cum in potestatem venisset Epasnacti Arverni (crebro enim mutandis

locis multorum fidei se committebat, quod nusquam diutius sine periculo commoraturus videbatur, cum sibi conscius esset, quam

inimicum deberet Caesarem habere), hunc Epasnactus Arvernus, amicissimus populi Romani, sine dubitatione ulla vinctum ad

Caesarem deduxit.

Versione tradotta

Cesare sapeva che a tutti era nota la sua mitezza e non temeva di apparire un individuo crudele se avesse assunto

provvedimenti piuttosto severi; d'altronde, non vedeva sbocco ai suoi disegni, se in diverse zone i Galli avessero

continuato a prendere iniziative del genere. Ritenne opportuno, allora, dissuadere gli altri con un castigo esemplare. Dunque,

mozzò le mani a chiunque avesse impugnato le armi, ma li mantenne in vita, per lasciare più concreta testimonianza di come

puniva i traditori. Drappete, catturato da Caninio, come ho detto, o per l'umiliazione e il dolore delle catene o per la

paura di un supplizio ancor più atroce non toccò cibo per un po' di giorni e così morì. Nello stesso tempo Lucterio, che era

fuggito dopo la battaglia, come ho scritto in precedenza, aveva affidato la propria persona all'arverno Epasnacto (infatti,

mutando luogo di frequente, si metteva nelle mani di molti, poiché gli sembrava rischioso dimorare troppo a lungo in qualsiasi

posto, ben conscio di quanto doveva essergli nemico Cesare). L'arverno Epasnacto, però, fedelissimo alleato del popolo

romano, senz'alcuna esitazione lo mette in catene e lo consegna a Cesare.

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