Libro VIII - Par. 52 - Studentville

Libro VIII - Par. 52

Cum omnes regiones Galliae togatae Caesar percucurrisset, summa celeritate ad exercitum Nemetocennam rediit

legionibusque ex omnibus hibernis ad fines Treverorum evocatis eo profectus est ibique exercitum lustravit. T. Labienum Galliae

togatae praefecit, quo maiore commendatione conciliaretur ad consulatus petitionem. Ipse tantum itinerum faciebat, quantum

satis esse ad mutationem locorum propter salubritatem existimabat. Ibi quamquam crebro audiebat Labienum ab inimicis suis

sollicitari certiorque fiebat id agi paucorum consiliis, ut interposita senatus auctoritate aliqua parte exercitus spoliaretur,

tamen neque de Labieno credidit quidquam neque contra senatus auctoritatem ut aliquid faceret potuit adduci. Iudicabat enim

liberis sententiis patrum conscriptorum causam suam facile obtineri. Nam C. Curio, tribunus plebis, cum Caesaris causam

dignitatemque defendendam suscepisset, saepe erat senatui pollicitus, si quem timor armorum Caesaris laederet, et quoniam

Pompei dominatio atque arma non minimum terrorem foro inferrent, discederet uterque ab armis exercitusque dimitteret: fore eo

facto liberam et sui iuris civitatem. Neque hoc tantum pollicitus est, sed etiam sc. per discessionem facere coepit; quod ne

fieret consules amicique Pompei iusserunt atque ita rem morando discusserunt.

Versione tradotta

Dopo aver percorso tutte le regioni della Gallia

togata, con estrema rapidità Cesare rientrò a Nemetocenna presso l'esercito; richiamate nelle terre dei Treveri le legioni

che erano nei campi invernali, le raggiunse e passò in rassegna le truppe. Pose T. Labieno a capo della Gallia togata, per

guadagnare un maggior favore alla sua candidatura al consolato. Spostava l'esercito di tanto, quanto gli pareva utile mutare

i luoghi per ragioni igieniche. In quel periodo gli giungeva ripetutamente voce che i suoi avversari facevano pressioni su

Labieno e veniva avvertito che, per le manovre di pochi, si cercava di sottrargli parte delle truppe mediante un intervento del

senato. Tuttavia, non prestò fede alle voci su Labieno, né si lasciò indurre ad atti che contrastassero con l'autorità del

senato. Era convinto, infatti, che se vi fosse stata una libera votazione dei senatori, la sua causa avrebbe prevalso con

facilità. E C. Curione, tribuno della plebe, avendo preso a difendere le ragioni e l'onore di Cesare, aveva più volte detto

al senato che, se il timore delle armi di Cesare infastidiva qualcuno, il potere assoluto e gli armamenti di Pompeo incutevano

al foro non meno terrore, e aveva proposto che entrambi deponessero le armi e congedassero i loro eserciti: la città, così,

sarebbe ritornata libera e indipendente. E non si limitò a proporlo, ma prese, lui, l'iniziativa di una votazione per

spostamento: a essa si opposero i consoli e gli amici di Pompeo e tirarono in lungo la cosa fino a che l'assemblea non si

sciolse.

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