L'immortalità dell'anima non ci fa temere la morte - Studentville

L'immortalità dell'anima non ci fa temere la morte

O miserum senem, qui mortem contemnendam esse in tam longa aetate non viderit. Quae aut plane neglegenda est, si omnino exstinguit animum, aut etiam optanda, si aliquo eum deducit ubi sit futurus aeternus. Quid igitur timeam, si aut non miser post mortem aut beatus etiam futurus sum? Quis est tam stultus, quamvis sit adulescens, cui sit exploratum se ad vesperum esse victurum? Quin etiam illa aetas multo plures quam nostra causas mortis habet: facilius in morbos incidunt adulescentes, gravius aegrotant, tristius curantur. Sed redeo ad mortem impendentem: quod est istud crimen senectutis, cum id huic cum adulescentia sit commune? «At sperat adulescens diu se victurum, cum idem sperare senex non possit.» Insipienter sperat! Quid enim stultius quam incerta pro certis habere, falsa pro veris? «At senex ne quod speret quidem habet.» At est eo meliore condicione quam adulescens, quia id, quod ille sperat, hic consecutus est; ille vult diu vivere, cum hic diu iam vixerit.

Versione tradotta

Infelice il vecchio che, in un’esistenza tanto lunga, non ha capito che la morte va disprezzata! Bisogna non darsi affatto pensiero di essa, se annienta completamente l’anima, o addirittura desiderarla, se conduce l’anima (eum, riferito ad animum) in un luogo in cui sarà eterna. Che cosa dovrei temere, allora, se dopo la morte non sarò infelice o (sarò) addirittura beato? Chi è così stolto, per quanto giovane sia, da avere la certezza (cui sit exploratum) di vivere fino a sera? Anzi, proprio quell’età (= la giovinezza) è esposta al pericolo di morte (lett. ha più cause di morte) molto più della nostra (= della vecchiaia): i giovani contraggono malattie più facilmente, si ammalano in modo più grave e vengono curati con maggiori difficoltà. Ma ritorno alla morte incombente: perché essa dovrebbe essere (lett. è) un difetto della vecchiaia, dal momento che è comune alla stessa giovinezza? «Ma il giovane spera di vivere a lungo, mentre il vecchio non può sperare la stessa cosa». Lo spera scioccamente! Che cosa c’è di più stupido di prendere l’incerto per certo, il falso per il vero (lett. cose incerte… certe… false… vere)? «Ma il vecchio non ha nemmeno qualcosa in cui sperare». Però è in una condizione migliore rispetto al giovane, perché egli ha già ottenuto ciò che quest’ultimo spera; il giovane (ille) vuole vivere a lungo, mentre costui ha già vissuto a lungo.

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