Imperator Hadrianus non solum arithmetica, geometria, pictura doctissimus fuit sed etiam poematum et litterarum tam studiosus fuit ut oratione et versu promptissimus esset et in omnibus artibus scientissimus (esset). Etiam armorum et rei militaris tam peritus fuit ut gladiatoria quoque arma tractaret. Ei animus haud simplex fuit: modo severus modo laetus, modo comis modo gravis, modo saevus modo clemens erat et semper in omnibus rebus maxime varius. Amicos, et non petentes, ditissimos fecit, nihil amicis petentibus negabat. Plurimos, quos ad summos honores evexêrat, postea ut hostes habuit: Eudaemonem ad egestatem perduxit, Polyaenum et Marcellum ad mortem voluntariam coegit, Heliodorum famosissimis libellis detrectavit, Titianum ut conscium coniurationis proscripsit; senatores, libertos, denique milites gravissime vexavit. Professores omnium artium et philosophos semper ut doctior risit et contempsit, atque cum iis saepe certavit. Olim Favorinus, nobilissimus rhetor, cum verbum eius ab Hadriano reprehensum esset, atque amici ei dicerent: «Cur imperatori cessisti de verbo, quod etiam homines doctissimi litterisque eruditissimi usurpaverunt?», risum iucundissimum movens, respondit: «Cur vos, amici mei, non vultis me existimare pluris imperatorem quam omnes doctos et eruditos? Imperator triginta legiones habet!».
Versione tradotta
L'imperatore Adriano non solo fu molto dotto in aritmetica, geometria, pittura, ma fu anche talmente appassionato di poesia e letteratura da essere preparatissimo nell'arte oratoria e nell'arte poetica e sapientissimo in tutte le arti. Fu anche così esperto di armi e di arte militare da maneggiare anche armi gladiatorie. Non ebbe un carattere semplice: era ora austero ora lieto, ora cortese ora grave, ora spietato ora clemente, e sempre estremamente incostante in tutte le cose. Fece gli amici, anche coloro che non lo domandavano, ricchissimi, non negava nulla agli amici che chiedevano. Moltissimi, che aveva innalzato ai sommi onori, li considerò poi come nemici: portò all'indigenza Eudamone, costrinse a morte volontaria Polieno e Marcello, denigrò Eliodoro con libelli molto infamanti, bandì Tiziano come complice di una congiura; vessò molto pesantemente senatori, liberti, infine soldati. Derise e disprezzò sempre, come più dotto, i professori di tutte le arti e i filosofi, e spesso gareggiò con loro. Una volta Favorino, retore nobilissimo, poiché era stata da Adriano criticata una sua parola, e gli amici gli dicevano: «Perché hai ceduto all'imperatore a proposito di un termine che anche uomini molto dotti ed eruditi nella letteratura hanno utilizzato?», provocando una risata molto allegra, rispose: «Perché voi, amici miei, non volete che io consideri più l'imperatore che tutti i dotti e gli eruditi? L'imperatore ha trenta legioni!».
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