Si scrive po’ oppure pò? Ed è corretto dà o da? È meglio dò o do? Quanta confusione, vero? Accenti, apostrofi, elisioni, sillabe toniche: talvolta siamo sopraffatti da un turbinio di piccoli sbaffi grafici. Proviamo a rimetterli nei ranghi.
Chiariamo subito che l’apostrofo (’) indica sia un’elisione, la caduta cioè di una vocale finale di fronte a una iniziale (l’acqua, l’uomo, un’arma), che un troncamento, vale a dire la caduta di una vocale o di una sillaba finali di parola (in linguistica si parla di apocope).
Eccoci, dunque, arrivati al primo dilemma: si scrive po’ o pò? Diciamo subito che le leggi della grammatica non riescono a tenere a bada l’uso e di conseguenza la forma corretta po’ viene sempre più spesso resa con la forma scorretta, ma più funzionale pò.
Non estendiamo questa concessione a dà o da’ perché le due forme, pur identiche a livello fonetico, hanno funzioni diverse: la prima, infatti, indica la terza persona singolare del verbo dare in cui l’accento è obbligatorio, la seconda, invece, è la forma di imperativo singolare in cui l’apostrofo indica la caduta della i finale dai -> da’. Foneticamente abbiamo ben tre forme di uguale pronuncia [da] con tre funzioni differenti contraddistinte da un apostrofo, un accento o dall’assenza dell’uno e dell’altro. Riassumendo identifichiamo:
- da, preposizione;
- dà, presente indicativo di terza persona singolare;
- da’, imperativo di seconda persona singolare.
Lo stesso vale per do e dò? No. L’oscillazione grafica è abbondantemente testimoniata nella storia della lingua, questo vuol dire che se ne parla da tempo e come si scrive, allora? La forma corretta e consigliabile è do senza accento, del resto perfettamente inutile. Tuttavia, l’uso che non può mai essere sottovalutato, prevede e obtorto collo accoglie anche la forma dò.
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