LINGUAGGIO VERBALE: DISTURBI DEL LINGUAGGIO. Lo sviluppo del linguaggio parte da una fase prelinguistica caratterizzata da alcuni fenomeni comunicativi che favoriranno il futuro apprendimento della lingua. In questa fase iniziale, differenziamo i primi suoni, che possono essere di natura vegetativa come i ruttini e gli sbadigli o possono essere associati al pianto, e notiamo le tappe che scandiscono lo sviluppo delle vocalizzazioni non di pianto:
- dai 2 ai 6 mesi, il bambino produce suoni vocalici con cui tende ad inserirsi nei turni verbali del caregiver
- attorno ai 6-7 mesi d’età compaiono il fenomeno della lallazione canonica, in cui il bambino ripete più volte una sillaba composta da una consonante e una vocale (come “ lalala” o “ dada” ), e quello della prosodia, che riguarda le variazioni di intonazione e di ritmo
- verso i 10-12 mesi molti bambini cominciano a produrre sequenze sillabiche differenziate (come “ duda” o “babu”), caratteristiche della lallazione variata, e compaiono le proto-parole.
RITARDO DEL LINGUAGGIO: APRASSIA. A proposito della lallazione, è interessante notare che molti studi dimostrano come la sua comparsa tardiva sia associata a disturbi del linguaggio e della comunicazione come l’aprassia, per cui il bambino, pur sapendo ciò che vuole dire, ha difficoltà ad articolare i movimenti e a coordinare i muscoli necessari per pronunciare le parole che ha in mente, o la disartria, concernente una compromissione della produzione linguistica per quel che riguarda l’articolazione delle parole. Attorno alla fine del primo anno di vita compare l’utilizzo di gesti performativi, che esprimono un’intenzione comunicativa e si riferiscono a un oggetto esterno attraverso manifestazioni convenzionali, e quello dei gesti rappresentativi, anch’essi espressione di un intenzione comunicativa ma, a differenza dei primi, aventi un significato indipendente dal contesto.
SVILUPPO DEL LINGUAGGIO ETA’ INFANTILE E DISTURBI DEL LINGUAGGIO. Le prime parole compaiono tra gli 11 e i 13 mesi d’età e riguardano oggetti o persone che diventano rilevanti nel quotidiano. Inoltre, esse sono inizialmente utilizzate in contesti specifici; il loro utilizzo referenziale comparirà più tardi, con la comprensione della relazione che intercorre fra il suono e il significato.
Per quel che riguarda lo sviluppo lessicale, possiamo distinguere due fasi che lo caratterizzano nel secondo anno di vita. Dai 12 ai 16 mesi circa, il vocabolario di cui il bambino dispone si compone, in media, di 50 parole. Dai 17-24 mesi, invece, assistiamo all’esplosione del vocabolario; in questa fase, il ritmo in cui il bambino apprende nuovi vocaboli accellera notevolmente ( varia dalle 5 alle 40 parole a settimana ). Il passaggio da una fase all’altra avviene tramite l’acquisizione, da parte del bambino, della capacità di attribuire un valore simbolico alla parola.
Si nota, soprattutto nella prima fase dello sviluppo lessicale, una certa variabilità soggettiva per quel che riguarda la velocità di apprendimento e l’ampiezza del bagaglio lessicale. Tuttavia, molte ricerche hanno dimostrato l’importanza della tempistica dello sviluppo: un ritardo dell’apprendimento linguistico in età precoce può infatti costituire un fattore di rischio per quanto riguarda la comparsa, in età prescolare, di disturbi specifici del linguaggio. La denominazione di tali disturbi è dovuta al fatto che questi non sono causati dalla compromissione di un sistema neurologico o da una qualche forma di disabilità. Il grado di comprensione del linguaggio adulto e l’ampiezza del vocabolario di cui il bambino dispone attorno ai 30 mesi di vita sono validi indicatori per valutare le competenze linguistiche del bambino e la possibilità che questi possa in seguito manifestare, ad esempio, discalculìa ( disturbo specifico dell’apprendimento legato al calcolo ), dislessia (disturbo specifico dell’apprendimento legato alla lettura ) e disortografia (disturbo specifico dell’apprendimento legato alla scrittura)
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