L'Inghilterra era fino alla metà del 1700 l'unica nazione industrializzata, una vera e propria potenza manifatturiera. Francia, Belgio e Germania cercarono di recuperare il tempo perduto ed intorno al 1850 erano caratterizzate da un'economia industriale capace di concorrere con l'Inghilterra. Questo processo cominciò a manifestarsi anche negli altri Stati Europei come Italia, Austria e nella stessa semi-feudale Russia, influenzando non solo l'economia ma anche la struttura sociale e politica dei vari Stati.
La diffusione dell'industrializzazione, aumentando il numero dei produttori ed il volume complessivo della produzione, generò la prima grave crisi di sovrapproduzione perché il mercato si rivelò troppo piccolo per le capacità produttive delle industrie, sparse ormai in tutto il continente europeo. Nel biennio '46-'47 diminuirono dunque gli acquisti di generi di cotone ma anche degli altri prodotti; a ciò si aggiunse la crisi agraria. Bastarono 2 cattivi raccolti ed una grave malattia della patata per provocare una grave carestia che determinò lo scarseggiare del prodotto e l'elevazione del suo prezzo, gettando nella miseria il proletariato, incapace di soddisfare i bisogni alimentari.
Molte industrie furono costrette a chiudere e ciò provocò disoccupazione e quindi ulteriore riduzione dei consumi. Ad aggravare la crisi si aggiunse la speculazione: finanzieri e commercianti usarono i propri capitali per acquistare generi alimentari all'estero. Questi, poi, non riuscirono a vendere in patria perché i salari della popolazione non ne permettevano l'acquisto. Quindi aumentarono i fallimenti e diminuì il capitale esistente. Sovrapproduzione e mancanza di capitali aggravarono la crisi.
Il biennio rivoluzionario 1848/49 affondava le sue radici in questa grave crisi economica europea.
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