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Esperienza e ragione Nelle interpretazioni dei manuali di storia della filosofia ricorre spesso un’ immagine un po’ stereotipata di Locke , dovuta a una inveterata tradizione interpretativa che risale probabilmente a Hegel . Quest’ immagine è caratterizzata da due convinzioni tra di loro strettamente connesse . In primo luogo , Locke è considerato il capostipite del cosiddetto empirismo inglese moderno , che troverà le sue successive tappe di sviluppo in Berkeley e in Hume . In secondo luogo l’ empirismo di Locke viene rigidamente contrapposto al razionalismo di Cartesio , di Spinoza e di Leibniz . A fronte di questi due presupposti interpretativi occorre fare altrettante osservazioni . Innanzitutto, l’ empirismo di Locke , pur introducendo incisivi elementi di novità , è fortemente debitore nei confronti della precedente tradizione empiristica inglese , soprattutto di Francesco Bacone e di Hobbes . In Locke empirismo e razionalismo sono strettamente congiunti in un’ unica soluzione filosofica . Locke continua quindi il programma di conciliazione tra momento empirico e momento razionale che era già stato avviato , ad esempio da Hobbes : ma mentre in Hobbes le due esigenze rimangono in qualche modo giustapposte , da un lato i concetti derrivano dai sensi, dall’ altro l’ edificio della conoscenza è costruito razionalmente sul calcolo dei nomi e delle definizioni (sul modello matematico) , in Locke esse trovano una più adeguata compenetrazione . La cesura tra il razionalismo di Locke e quello di Cartesio , dunque , consiste non tanto nella contrapposizione dell’ esperienza alla ragione , quanto nella fusione di ragione ed esperienza . Se per Cartesio l’ esperienza non aveva alcun ruolo nella definizione del concetto di ragione e una funzione secondaria nel processo conoscitivo , per Locke essa diventa l’ imprescindibile termine di riferimento per comprendere la natura tanto della ragione quanto della conoscenza . La differenza tra la posizione lockiana e quella cartesiana può essere sintetizzata come segue . Cartesio concepiva la ragione come una facoltà conoscitiva assoluta , che trovava il suo fondamento nella stessa dimensione metafisica della res cogitans . Il processo conoscitivo era determinato interamente dalle potenzialità insite nella ragione , per cui esso avveniva interamente a priori , attraverso quel procedimento intuitivo-deduttivo che è proprio della ragione stessa . Per Locke , invece , la ragione è una funzione conoscitiva e argomentativa che non può fare nulla senza il soccorso dell’ esperienza , dalla quale dipende sia il materiale conoscitivo su cui la ragione può operare sia la verifica finale delle operazioni compiute dal soggetto conoscente . Le possibilità conoscitive dell’ uomo , quindi , non sono più illimitate (o limitate soltanto dalla capacità di costruzione razionale dell’ uomo) , ma rigorosamente confinate entro i limiti dell’ esperienza . Il problema fondamentale diventa per Locke analizzare come l’ esperienza condizioni le funzioni stesse della ragione e quali siano i limiti della conoscenza umana . Il riconoscimento lockiano della radice empirica della conoscenza comporta anche l’ abbandono del primato gnoseologico della matematica . Per Cartesio la matematica costituisce il modello metodologico di ogni sapere filosofico (segue nel file da scaricare)
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