Louis De Bonald - Studentville

Louis De Bonald

Pensiero e vita.

Dopo aver salutato con entusiasmo gli esordi della rivoluzione dell’89, il visconte Louis de Bonald (1754-1840) fu eletto nel 1790 membro dell’Assemblea nazionale. Tuttavia, in seguito alla vendita dei beni ecclesiastici (1791) e alla Costituzione civile del clero, egli si trasferì in Germania – ad Heidelberg – e solamente nel 1797 rientrò a Parigi in virtù della mutata situazione politica. Bonald fu gradito al regime napoleonico, ma nel 1815 venne eletto deputato della destra ultra, cominciò a scrivere su giornali conservatori e – nel 1823 – fu nominato Pari di Francia. In seguito alla Rivoluzione di luglio del 1830 e l’instaurazione della monarchia di Luigi Filippo, Bonald abbandonò le cariche e si ritirò in provincia: qui morì nel 1840. Le sue opere più importanti, degne di essere menzionate, sono la Teoria del potere politico e religioso (1795) – la cui diffusione venne arrestata a Parigi su ordine del Direttorio -, il Saggio analitico sulle leggi naturali dell’ordine sociale (1800), la Legislazione primitiva (1802) e la Dimostrazione filosofica del principio costitutivo della società  (1830). A partire dalla Teoria del potere politico e religioso, Bonald critica aspramente la pretesa tipica dell’uomo di ergersi a legislatore della società , giacchè ò la società  (politica e religiosa) a costituire l’uomo, e non viceversa (Marx ribalterà  questa posizione). In opposizione all’esaltazione illuministica dell’individuo e dei diritti che gli spettano, Bonald mette l’ accento su come l’uomo esista solo per la società , il cui obiettivo ò quello di conservare quel che ò stato prodotto. Ma tale scopo di conservazione può essere garantito solamente dalla monarchia, nella quale il potere ò concentrato e non suddiviso: solo in forza di questo potere unitario ò garantita la sussistenza della società . Sotto questo profilo, la rivoluzione, con le sue conseguenze democratiche che frantumano il potere unitario attribuendolo ad una miriade di individui ritenuti uguali, ò una grave malattia, che però Bonald legge come punto di partenza per una migliore salute. Infatti la rivoluzione stessa ò una specie di prova dell’esistenza di Dio, poichè mette in luce come l’eliminazione della religione conduca alla distruzione della società . L’ambito religioso e quello politico sono, agli occhi di Bonald, indisgiungibili. Al binomio meramente negativo rappresentato dalla democrazia e dall’ateismo, si contrappone il binomio positivo incentrato su monarchia e religione. Nell’ opera sulla Legislazione primitiva, Bonald mette in chiaro come ogni società  non sia il risultato di un contratto – come invece pretendeva Rousseau -, ma piuttosto costituisca una sorta di trinità , composta di tre persone sociali: potere, ministro, soggetto. Nella società  domestica, ovvero nella famiglia, queste tre persone sono il padre, la madre e i figli. Nella società  religiosa, le tre persone sono Dio, i sacerdoti e i fedeli. Nella società  politica, esse sono il sovrano, i nobili (o i funzionari pubblici) e i sudditi (o i popoli). Ma in senso originario il potere risiede unicamente in Dio: l’unità  ò pertanto il contrassegno costitutivo del potere, mentre molteplici sono i ministri che ne eseguono la volontà . Il linguaggio di cui l’ uomo dispone non fa altro che provare l’esistenza di Dio: l’uomo, infatti, trova il linguaggio già  costituito ancor prima di formulare il proprio pensiero, cosicchè i segni del linguaggio non possono essere stati inventati dall’uomo. Per inventarli, infatti, occorrerebbe pensare, ma non si può pensare facendo a meno di essi: ne segue che l’uomo ha potuto e può pensare poichè si ò trovato dinanzi ad un linguaggio già  costituito. Cade qui la tesi convenzionalista, secondo cui il linguaggio ò una mera invenzione umana: viceversa, l’essere sociale dell’uomo presuppone il linguaggio, che, per essere spiegato, richiede il riferimento ad un essere diverso dall’uomo: tale ò Dio, che ha creato l’uomo parlante. Nel pensiero di tutti gli uomini (articolantesi nel linguaggio) ò in origine presente l’idea dell’essere, che coincide con l’idea stessa di Dio e che sta alla base di tutte le altre idee, specialmente di quelle morali, sociali e politiche. E’ però assolutamente impossibile che l’uomo abbia inventato l’idea di Dio o di tutto ciò che esiste. Sfruttando al meglio la tematica del linguaggio, Bonald chiarisce il rapporto intercorrente tra sudditi e sovrano: tale rapporto si fonda sulla relazione tra parola e ascolto, dove ascolto equivale a obbedienza (il sovrano detta legge e i sudditi obbediscono). La legge non ò se non la volontà  di Dio enunciata in linguaggio umano affinchè sia intesa da altri uomini: ma alla base di ogni legislazione vi ò la Sacra Scrittura, valida per tutti gli uomini. E’ Dio a comunicare agli uomini la verità  attraverso la parola, la quale risveglia nella mente umana le idee innate che Dio stesso vi ha posto. Poichè non ò la ragione individuale degli uomini ad inventare le idee, risulta a dir poco assurda la pretesa avanzata dagli Illuministi di fare dell’uomo il legislatore in grado di modificare in maniera radicale la società . Dopo il panorama caotico generato dalla rivoluzione, la società  tenderà  necessariamente a tornare al suo stato naturale, ossia ad applicare le leggi trasmesse da Dio mediante la società  stessa, la quale sta al di sopra dell’individuo. In quest’ottica, il cattolicesimo assurge a religione richiesta dalla società  stessa: la sua necessità  ò provata anche dalla storia, la quale ò orientata a ristabilire – dopo i danni provocati dalla rivoluzione – l’unione della monarchia con la religione cattolica.

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