La Trappola di Luigi Pirandello – Analisi del Testo
La Trappola è tratta da “Novelle per un anno”, di Luigi Pirandello. Fu pubblicata sul Corriere della sera il 23 maggio 1912 e nel volume La Trappola nel 1915.
Essa si articola come un colloquio interiore di un uomo, Fabrizio, certo che l’esistenza sia una Trappola, perché porta sempre alla morte. L’essere umano è diviso tra la vita e l’apparenza, cioè la forma. La forma è un concetto basilare in Pirandello, poiché l’uomo, secondo lui, non è mai sé stesso, ma si sforza di interpretare sempre una parte.
Per Fabrizio, le donne sono il congegno diabolico del destino, perché attraggono l’uomo spingendolo a riprodursi e a procreare altri sventurati che saranno in ogni caso in Trappola. Anche lui è stato abbagliato da una donna sposata, che non poteva avere figli e che ha strappato a lui una gravidanza, per poi ritornare dal marito. Fabrizio starà da solo con il vecchio padre infermo e paralizzato, condannato a quel destino dal padre di suo padre che senza rendersi conto lo ha fatto nascere 76 anni prima. Per Fabrizio, infatti, ogni genitore è il carnefice dell’individuo che genera e che sostiene di amare, perché lo condanna a morte. Il racconto non presenta quasi andamento narrativo, intreccio o personaggi. Si tratta di un monologo di un individuo anonimo, che confessa ad un interlocutore indeterminato i propri pensieri. Il testo è molto importante, perché qui Pirandello sintetizza alcuni temi essenziali, alla base di tutta la sua opera narrativa e drammatica. Si afferma l’inconsistenza della persona, una costruzione artificiale, una realtà che noi stessi ci diamo e che maschera una realtà più profonda.
Al di sotto di essa vi è una pluralità di stati di coscienza. La realtà però è vita, è un flusso continuo, e assumere una precisa personalità individuale significa distaccarsi da questa vita, fissarsi in una forma e morire. Ogni condizione individuale è una trappola che ci imprigiona, staccandoci dal flusso vitale. Dunque è significativo che la trappola della novella si concretizza nel rapporto uomo-donna, che genera la società. L’idea dell’inconsistenza della personalità come proiezione fittizia della nostra soggettività è espressa anche nel Fu Mattia Pascal.
Nel romanzo però, in una prospettiva mistica il morire è visto come il cadere dell’illusione che ci tiene prigionieri; nella novella invece la visione è più tragica, ed esprime l’orrore per la trappola che imprigiona l’uomo. Ne segue una visione cupa e mortuaria. Nella contrapposizione tra vita e forma possiamo scorgere un nucleo profondo e autentico della visione dello scrittore, il suo rifiuto per le organizzazioni sociali, costrittive e soffocanti e la sua nostalgia di un’immediatezza spontanea.
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