Luigi Pulci fu il più estroso, vivace ed allegro componente della corte di intellettuali di cui amò circondarsi Lorenzo il Magnifico, il quale lo prediligeva per il suo carattere scanzonato e lo riteneva indispensabile alla sua compagnia.
Il Morgante non è affatto la caricatura della cavalleria alla quale il Pulci era del tutto indifferente, ma è la cavalleria reinventata con lo stesso spirito de formatore dei cantari popolari, di cui il Pulci rielaborò la materia, accentuando gli aspetti comici, paradossali, triviali, e riducendo i personaggi a furfanti matricolati, ad esseri cinici, astuti, violenti, sfrontati e spregiudicati, che vivono seguendo i propri bassi istinti. Il Pulci si divertì a raccontare le loro gesta comiche e plebee, spinto da una certa ammirazione e simpatia verso di essi,attratto da tanta esplosiva vivacità e vitalità primordiali, da tanta assenza di scrupoli ed inibizioni.
Il Pulci compose il suo poema in due tempi distinti, pubblicando dapprima nel 1478 ventitre canti ricalcando sostanzialmente la trama di un anonimo poema quattrocentesco, ma inserendovi episodi di sua creazione, come quello di Morgante, il gigante immane e bonaccione, e di Margutte, mezzo gigante, autore di avventure furfantesche ed esilaranti.
Nel 1483 il Pulci ripubblicò l’opera col titolo Morgante maggiore e con l’aggiunta di altri cinque canti, di cui aveva attinto la materia un po’ più liberamente da un altro poema anonimo, La Spagna in rima.
Questa è la parte più seria del poema, ma non mancano nemmeno qui situazioni comiche e qualche episodio originale.
- 400 e 500
- Letteratura Italiana - 400 e 500