Poetae Publio Ovidio Nasoni in remotam regionem Ponti Euxini concedendum fuit, quia sic iusserat imperator Octavianus Augustus. Poeta ipse in praeclaro carmine nobis describit quae fuerit extrema nox, qua ei domus relinquenda fuit. Ubi iam ex urbe profecturus et Penates suos relicturus erat, statuit carmina sua amicis cremanda esse, ne quid ex operibus suis in urbe maneret dum ( finchè) auctor in longiquo exilio futurus esse. Iam suprema hora venerat, qua ei ex urbe excedendum erat et in barbaram regionem eundum, et amici coniunctique, quos numquam revisurus erat, venerant eum salutaturi. Omnis domus fletu et gemitibus resonabat , quasi (come se) dominus moriturus esset. Luna splendebat in caelo et nitida carnebantur aedificia et templa Capitolii. ex parietibus domus suae exiit poeta, dicens sibi salutandos esse deos custodes urbis, deinde dulcem coniugem et amicos amplexus est et, saepe omnia respectans, lente abiit, ominibus flentibus.
Versione tradotta
Si dovette allontanare il poeta P. Ovidio Nasone nell'ultima regione del Ponto (cerca Euxini) poichè così l'imperatore Ottaviano Augusto aveva ordinato. Il poeta stesso ci descrive quale sia stata l'ultima notte nella quale doveva lasciare la casa. Quando già stava per partire dalla città e stava per lasciare i suoi penati, decise che gli amici dovessero bruciare i suoi versi, perchè non restasse qualcosa della sua opera in città finchè l'autore sarebbe stato nel lungo esilio. Già era venuta l'ora suprema nella quale doveva lasciare la città e andare nella barbara regione e gli amici e i parenti, che mai aveva visto, vennero per salutarlo. Tutta la casa risuonava di pianto e gemiti, come se il signore fosse destinato a morire. La luna splendeva in cielo e si vedevano nitidi gli edifici e i templi del campidoglio. Dalle pareti della sua casa uscì il poeta dicendo di dover salutare tutti gli dei custodi della città, poi abbracciò la dolce moglie e gli amici e, spesso volgendosi a guardare ogni cosa, si avviò lentamente, piangendo tutti.
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