Italo Calvino è uno tra i più grandi scrittori italiani del Novecento.
Nacque a Santiago de Las Vegas (Cuba) nel 1923. La famiglia tornò presto in Italia dove il padre si occupò delle piante esotiche che crescevano nei vivai intorno a San Remo, e creò un giardino molto originale. Allo scoppio della guerra Italo Calvino ritrovava in zona di confine. L’esperienza della guerra non gli impedì di continuare a leggere i suoi libri preferiti (Emingway, Faulkner..) ma dovette interrompere un’altra abitudine coltivata con passione, andare al cinema.
Dopo la guerra si trasferì a Torino, dove entrò in contato con l’ambiente culturale della casa editrice Einaudi, della quale fu a lungo consulente oltre che autore.Ha vissuto a lungo a Parigi; ha svolto varia attività pubblicistica. E’morto a Siena nel 1985.
MARCOVALDO OVVERO LE STAGIONI IN CITTÀ (1963)
E’ un testo che ha avuto un’immensa fortuna perché racconta in modo semplice e piano, le disavventure di un personaggio di animo semplice, padre di famiglia numerosa, che lavora come uomo di fatica o manovale in una ditta. Una specie di ”ragionier Fantozzi” senza gli aspetti grotteschi di quello, ma mentre il personaggio di Paolo Villaggio si confronta con la vita aziendale e i luoghi tipici della vita impiegatizia, Marcovaldo ha come luogo privilegiato della sua esperienza il rapporto tra la città e la natura. Egli si ostina a cercare la natura in una grande città industriale: E’ attento a ogni variazione atmosferica e coglie minimi segni di vita animale e vegetale, ma ogni volta va incontro ad uno scacco, ad una delusione. La città stravolge la natura, la trasforma in occasione di male per coloro che continuano a sognarla, come una possibile via di scampo alla fatica del vivere.
Nello spazio di venti novelle, in cui il ciclo delle stagioni si ripete per cinque volte, in una città industriale (Torino?), dove tutti sono impegnati a lavorare, guadagnare e spendere, Marcovaldo sembra essere l’unico ad accorgersi della natura, quella vera. Cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, anche se studiati per cogliere l’attenzione, non riescono a colpire il suo sguardo, però una foglia che ingiallisce su un ramo, una piuma che si impiglia ad una tegola non gli sfuggono mai. Ma la natura, in città, sembra essere contraffatta, alterata, compromessa con la vita artificiale, non è la natura che ha forse conosciuto da bambino e che vorrebbe far amare anche ai suoi figli.
In un ambiente a lui così ostile, mantiene una sua coerenza senza lasciarsi corrompere.
Marcovaldo è una creatura “spaesata”, che sembra provenire da un altro pianeta.
Attraverso le avventure di Marcovaldo, Calvino ci mostra, da un particolare punto di vista, l’Italia del boom economico.Se contiene una critica alla civiltà industriale è anche una critica all’idea di un possibile” ritorno” all’indietro” nella storia, e rivela pur nella semplicità della struttura narrativa, tutta la ricchezza del rapporto di Calvino con il mondo.
Riassunto
1. I funghi in città (primavera)
Anche in città crescono i funghi. Quello che per Marcovaldo sembra un miracolo (sul quale si deve far finta di non soffermarsi per non destare il sospetto di essere “diversi”…per questo M. si china ad allacciarsi le scarpe per depistare eventuali curiosi…), si rivelerà assai spiacevole. Marcovaldo appare come un uomo che non può condividere con nessuno il proprio desiderio di bellezza. Ha paura che glielo portino via.
Amadigi (l’operatore ecologico già antipatico a Marcovaldo per il suo lavoro di “cancellatore”di tracce naturali) e Marcovaldo stanno in forte opposizione e in realtà lo slancio generoso di informare altre persone della presenza di funghi è in realtà l’unico modo che ha M. di sottrarre i funghi ad Amadigi.
Alla fine si ritrovano tutti in ospedale; l’avvelenamento si oppone al naturale egoismo della gente costringendola ad una convivenza forzata.
2. La villeggiatura in panchina (estate)
Per Marcovaldo, costretto a passare l’estate in città, anche la frescura notturna su una panchina può andare bene. Scoprirà che non è poi così tranquilla la notte, tra un semaforo che lampeggia, operai che lavorano di notte e il camion della Nettezza Urbana che raccoglie i rifiuti.
…all’alba, con la bocca impastata, stranito, con la schiena dura e un fianco pesto, Marcovaldo correva al suo lavoro.
3. Il piccione comunale (autunno)
Al passaggio di uno stormo di uccelli, Marcovaldo decide di tentarne la cattura con del vischio e dei semi. Domitilla, la moglie, quella notte sognò anatre già arrosto posate sui comignoli. La figlia Isolina sognava colibrì da adornarsene il cappello..
M. dovrà accontentarsi di un misero piccione comunale, di cui dovrà anche rispondere alla guardia dalla faccia paonazza che indaga sul fatto.
… Quel magro e tiglioso piccione fatto arrosto risultava alquanto indigesto..
4. La città smarrita nella neve (inverno)
In città è caduta la neve. Alla ditta dove lavora, Marcovaldo è incaricato di spalarla dal cortile antistante.(Marcovaldo sentiva la neve come amica, come un elemento che annullava la gabbia di muri in cui era imprigionata la sua vita.. Sigismondo più preoccupato a far calcoli per far bella figura con il caposquadra, gli insegnava ad ammucchiare la neve in un muretto compatto)
Con i mucchi di neve M. crea strade tutte sue; in una città tutta di neve, le case si potrebbero fare e disfare molto facilmente.Trasformato in pupazzo di neve da un carico di tre quintali piombatogli addosso dalle tegole ne uscì gonfio ed intasato dal raffreddore.
… Per una tromba d’aria provocata da uno starnuto di M. tutta la neve fu risucchiata in su e il cortile si ripresentò con le cose di tutti i giorni, spigolose ed ostili.
5. La cura della vespe (primavera)
Marcovaldo sperimenta la cura dei reumatismi con la puntura di vespa. Sarà assai difficile per lui e i suoi figli, procurarsi la materia prima, le vespe… Alla fine saranno talmente tante da renderlo gonfio ed irriconoscibile ed incapace di reagire alle imprecazioni che dalle altre brande della corsia gli lanciavano i suoi clienti.
6. Un sabato di sole, sabbia e sonno (estate)
Per fare le sabbiature per i suoi reni,Marcovaldo non trova di meglio che sfruttare la rena su un barcone ormeggiato in prossimità di una cava. Si addormenta e al barcone si sciolgono gli ormeggi. Scivolando lungo il fiume finisce alle rapide e piomba in mezzo ai bagnanti… E Marcovaldo volando era incerto se sarebbe caduto su un materassino di gomma o tra le braccia di una giunonica bagnante, ma di certo neppure una goccia d’acqua l’avrebbe toccato.
7. La pietanziera (autunno)
Per la pausa di mezzogiorno, Marcovaldo si porta il cibo da casa in una pietanziera che la moglie gli prepara la sera prima.Che delusione nel riconoscere quello che si è mangiato la sera avanti!
Il quarto giorno scambiò la sua salsiccia e rape fredda e grassa con fritto di cervella che un bimbo gli porse dal davanzale della camera in cui per castigo era rinchiuso ma al grido di: – Al ladro! Al ladro! abbandonò il pezzo di cervello morsicato, fissò la governante del bimbo con disdegno, raccolse la sua pietanziera un po’ ammaccata e andò al lavoro.
8. Il bosco sull’autostrada (inverno)
Per raccogliere legna, i figli di Marcovaldo vanno in cerca di un bosco. Ma non sanno come è fatto un bosco e finiscono con l’abbattere i cartelloni pubblicitari lungo l’autostrada.
9. L’aria buona (primavera)
I bambini di Marcovaldo hanno bisogno di respirare un po’ d’aria buona, a una certa altezza ,di correre sui prati…
Sulla collina della periferia della città c’è l’aria buona. Da lassù la città appare triste e plumbea. Discorrendo con alcuni degenti del sanatorio che sta sulla collina,M. capisce come per loro la città sia invece desiderata, non potendoci tornare a causa della loro salute.
Quando sarete in città pensateci qualche volta: il mio bastone vi segue..disse l’uomo grosso movendo la punta del suo bastone verso le luci che si accendevano là in fondo.
10. Un viaggio con le mucche (estate)
Inchiodato anche in tempo di ferie a quel forno di cemento cotto e polveroso, dai debiti, dal peso della famiglia,dal salario scarso,Marcovaldo stava ad occhi chiusi ad ascoltare i rumori della città al rumore del passaggio di una mandria tutta la famiglia uscì a vedere curiosi. Quando l’ultimo branco fu passato M. prese per mano i bambini per tornare a dormire ma Michelino non era più con loro.Era salito all’alpeggio con la mandria.
Marcovaldo immagina il figlio beatamente disteso su un prato a contemplare la mandria. Quando il figlio ritorna, rivelerà che l’esperienza non è stata molto piacevole, sempre a lavorare tutto il tempo; sfruttato e mal pagato perché non in regola.
11. Il coniglio velenoso (autunno)
Marcovaldo trafuga, in un ospedale, un coniglio contaminato da virus. Vorrebbe ingrassarlo per Natale,o magari fare un allevamento: è subito ricercato. Ma nel frattempo il coniglio è scappato. Abituato alla gabbia è disorientato. Si aggira sui tetti, prima attratto da chi se lo vuole mangiare, poi quando si sparge l’allarme, cacciato o preso a fucilate.
Il coniglio decide di farla finita e si lascia cadere nel vuoto, ma finisce dritto tra le mani di un pompiere. Caricato sull’ambulanza ritrovò in compagnia di Marcovaldo, sua moglie e i suoi figlioli, ricoverati in osservazione per una serie di vaccini.
12. La fermata sbagliata (inverno)
Strana avventura per Marcovaldo, all’uscita da un cinema, si perde bella nebbia. Il vuoto in cui si trova immerso, prolunga nella sua mente le immagini del film, ambientato in India. Si ritroverà stranamente su un aereo diretto proprio a Bombay.
13. Dov’è più azzurro il fiume (primavera)
Tutti gli sforzi di Marcovaldo erano diretti a fornire alla famiglia cibi non passati tra le mani infide di speculatori .cercava un posto dove l’acqua fosse veramente acqua e i pesci davvero pesci.
Che emozione quando, un giorno che si era smarrito, spostando certi rami, vide uno slargo di fiume di un colore azzurro che sembrava un laghetto di montagna! Nella sua rete le tinche correvano a capofitto. Che delusione per lui scoprire dalle parole di un tipo col berretto da guardia che il fiume era così azzurro per gli scarichi di una fabbrica di vernici. Marcvaldo rovesciò la sporta piena di pesci nel fiume.Qualche tinca, ancora viva, guizzò via tutta contenta.
14. Luna e Gnac (estate)
La scritta pubblicitaria lampeggiante: SPAAC- COGNAC “ di cui si vede solo la parte “GNAC” permette a Marcovaldo e alla sua famiglia di vedere il cielo notturno solo nei venti secondi in cui rimane spenta. Opposte correnti di pensieri attraversano Marcovaldo, la moglie, la figlia Isolina, Pietruccio e Michelino che, affacciati alla finestra della mansarda, aspettano lo spegnersi di GNAC.
Marcovaldo cerca anche di insegnare ai figli la posizione dei corpi celesti.
– “Magari andasse in pezzi”- scoppiò detto una sera al padre ,rivolto alla scritta. Michelino ,fionda alla mano, provvide subito e per alcuni giorni Marcovaldo si godette il cielo stellato. Ma il guasto è presto riparato e la nuova scritta “COGNAC TOMAWAK! concorrente della vecchia “SPAAC “, lampeggia ogni due secondi.
15. La pioggia e le foglie (autunno)
Alla ditta in cui lavora, Marcovaldo si prende cura di una piantina posta nell’atrio. Messa in cortile, la pianta traeva ogni giorno profitto dalla pioggia.
Marcovaldo, per non trascurarla, la portava a casa; attraversava la città portando con sé la piantina sulla sua bicicletta, inseguendo nuvole.
Il sabato e la domenica la passò in questo modo. La piantina era talmente cresciuta che sembrava un albero su due ruote.Ma così grande era anche diventata ingombrante nell’ingresso della ditta e forse era meglio restituirla al vivaio in cambio di una più piccola. Marcovaldo ricominciò la corsa per la città senza decidersi ad imboccare la strada del vivaio.
Ormai non pioveva più; la pianta era come sfinita per quell’impetuoso sforzo di crescita e ad una ad una lasciò cadere le sue foglie che ingiallivano senza che Marcovaldo se ne accorgesse. Poi M. ebbe un presentimento; si fermò, si girò; della pianta non restava che uno smilzo stecco.
L’ultima foglia che da gialla diventò color d’arancio,poi rossa violetta azzurra verde poi di nuovo gialla e poi sparì.
16. Marcovaldo al supermarket (inverno)
Alle sei di sera, come per lo scatto di un interruttore, la gente smette di produrre beni di di consumo e si precipita nei supermarket a comperare quegli stessi prodotti. Anche Marcovaldo, con la sua famiglia prova lo stesso impulso, ma essendo perennemente senza soldi, si limita a girare per i reparti del supermarket con il carrello, ma senza prendere nulla. Sarà difficile per lui frenare la tentazione di riempire il carrello. Sogna per almeno un quarto d’ora di poter gustare la gioia di portare in giro i suoi acquisti e poi rimetterli dove li aveva presi.
Ma guai se i bambini lo vedevano. Subito si sarebbero messi ad imitarlo.Purtroppo tutta la famiglia ebbe la stessa idea. Con le provviste saliva e scendeva per le scale rotanti ed ad ogni parte si trovava di fronte a passaggi obbligati con una cassiera di sentinella.
Finirono su un’impalcatura dell’ampliamento del supermarket, all’altezza delle case di sette piani.
Marcovaldo rovesciò il carrello nelle fauci di una gru. Domitilla e i bambini fecero lo stesso.Sotto s’accendevano le scritte luminose che invitavano comprare i prodotti i vendita nel grande supermarket.
17. Fumo, vento e bolle di sapone (primavera).
I figli di Marcovaldo pensano di arricchirsi accaparrandosi i buoni delle reclame dei detersivi che danno il diritto a ritirare campioni gratuiti, rivendendoli. Però l’operazione fallisce. Le cose si complicano; la trasformazione dei buoni in merce va per le lunghe.
Tra gli incaricati delle ditte inoltre non tarda a spargersi la voce dell’esistenza di una concorrenza sleale. Da un momento all’altro il detersivo diventa pericoloso come dinamite e per sbarazzarsene i bambini gettano la polvere nel fiume. Il sapone, sciogliendosi, diventa schiuma che, sotto l’azione del vento, libera bolle di sapone nell’aria, le quali a loro volta si confondono col fumo nero delle ciminiere. Poi le bolle svaniscono e non resta che il fumo nero delle ciminiere.
18. La città tutta per lui (estate)
Ad agosto la città è vuota, nessuno le vuole più bene, ed è tutta per Marcovaldo. La domenica mattina, in giro, si ritrova in una città diversa, dove può camminare in mezzo alla strada e attraversare col rosso. Prende a seguire una fila di formiche, il volo di un calabrone.
La città sembra impossessata da abitatori fino allora sconosciuti.
Capisce che il piacere non è tanto fare tutte quelle cose insolite, quanto il vedere tutto in un altro modo: le vie come fondovalli, o letti di fiumi in secca, le case come blocchi di montagne scoscese, o pareti di scogliera.
Ma si imbatte in una troupe che gira un servizio giornalistico. A Marcovaldo sembra, per un momento, che la città di tutti i giorni abbia ripreso il posto di quella, per un momento, intravista o forse solamente sognata.
19. Il giardino dei gatti ostinati (autunno)
La città dei gatti vive dentro ala città degli uomini. Una volta le due città coincidevano, uomini e gatti usavano gli stessi luoghi; oggi gli itinerari di gatti sfruttano i passaggi lasciati tra palazzo e palazzo, per obbligo di legge. Marcovaldo è amico di tutti i gatti che incontra. Riesce ad intuire legami, intrighi, rivalità tra loro. Un giorno un suo “amico soriano” lo porta alla scoperta di un grande ristorante. Trascurando gli inviti del gatto che voleva guidarlo verso la cucina, Marcovaldo scopre una peschiera; getta una lenza, cattura un pesce ma il soriano glielo soffia in un baleno..Inseguendoli filo della lenza giunge fino al giardino di una casetta in mezzo alla città, pieno di gatti.
Nella casa vive una vecchietta (.. .le opinioni su di lei da parte dei vicini ,sono profondamente divise…) assediata dai gatti. La vecchia marchesa vorrebbe andarsene, ma i gatti spaventano i compratori. L’inverno successivo, i miagolii dei gatti attirano l’attenzione; la vecchietta è morta. La primavera dopo già iniziano i lavori per costruire un palazzo, ma i lavori sono continuamente ostacolai dai gatti.
20. I figli di babbo natale (inverno)
Nel periodo più buono e gentile dell’anno ALLA Sbav l’Ufficio relazioni Pubbliche propone che alle persone di maggior riguardo, le strenne siano recapitate a domicilio da un uomo vestito da Babbo Natale.Il compito viene affidato a Marcovaldo. Egli nel suo giro porta con sé il più piccolo dei suoi figli che è alla ricerca di un bambino povero cui fare regali.
Si recano alla villa di un dirigente dove trovano un bambino pieno di regali, ma annoiato. Il figlio di Marcovaldo pensa che sia un bambino povero e corre dai fratelli per prendere dei regali per lui: un martello. Un tira sassi e una scatola di fiammiferi. Con questi regali il bambino distrugge tutti i giocattoli e incendia la casa, ..con grande sua felicità..!
Nell’apprendere questo Marcovaldo pensa al peggio, ma alla ditta sono entusiasti. Questo tipo di regalo, oltre a far felice per la prima volta il bambino, incrementa i consumi.
Nell’immagine finale, Calvino descrive la città sotto un manto di neve, come un bosco dove il lupo, sullo sfondo nero del bosco attende la sua preda: il leprotto bianco invisibile sulla neve.
Dove finiscono le sue impronte, deve esserci il leprotto. Il lupo fa un balzo, ma morde il vento. Il leprotto è un po’ più in là, non si sa dove.
PERSONAGGI
Protagonista
Marcovaldo è una figura affascinante di uomo semplice, padre di una famiglia numerosa, uomo di fatica o manovale in una ditta “uno degli ultimi eroi alla Charlie Chaplin”.
Particolarmente interessante è il suo atteggiamento in un certo senso titanico contro ogni avversità dell’ambiente artificiale/artificializzato.
“…in mezzo alla città di cemento e asfalto Marcovaldo va in cerca della natura …in cerca di”un altrove”.
Personaggi secondari: La moglie Domitilla e i figli, Amadigi,l’agente Astolfo.il commissario, il signor Viligelmo, l’uomo col berretto da guardia, il dottor Godifredo, la Signora marchesa, Gianfranco, la governante.
Antagonista: città di cemento e asfalto
Oggetto: città/natura
TEMPO
La vicenda è ambientata negli anni del boom economico
Ordine: cronologico
Durata della storia: il ciclo delle stagioni che si ripete per cinque volte
Gli avvenimenti sono descritti secondo una struttura lineare
Ritmo narrativo: I racconti presentano sommari e alcune digressioni (paesaggi, città , fiume…)
Nella narrazione di ognuna delle novelle è presente un certo tipo di dinamica:
Introduzione con presentazione dello scenario e della situazione in cui la storia prende vita ad opera del narratore onnisciente e viene caricata di una certa oggettività.
Un intreccio o meglio una fabula in cui Marcovaldo si muove e vive, ed in cui possiamo conoscere la sua continua meraviglia e voglia di scoprire continuamente il mondo che lo circonda. In questa situazione la narrazione è/o può essere interrotta dagli interventi del narratore onnisciente e del curatore.
A queste due fasi segue una conclusione tracciata (quasi sempre) dalla voce del narratore onnisciente che le conferisce un sentimento tragi-comico.
Dalla introduzione viene presentata una realtà che viene continuamente reinterpretata e rivisitata dallo sguardo di Marcovaldo in una fase virtualmente intermedia alle prime due.
Ed è proprio in coincidenza di questa reinterpretazione della realtà che si hanno degli “effetti sorpresa” , generalmente adombrati nella conclusione
SPAZIO
Spazio reale: L’autore dà importanza alla descrizione dei luoghi. Le digressioni occupano un certo spazio nei racconti.
La vicenda si svolge in una città (Torino ?). I luoghi rappresentano la proiezione tangibile della situazione emotiva del protagonista.
NARRATORE E PUNTI DI VISTA
Ci sono tre voci narranti, di cui due proprie ed una impropria.
Marcovaldo rappresenta chiaramente un tipo di narrazione interno alla storia: ad esso si alterna la voce di un narratore onnisciente che racconta le varie avventure/disavventure di Marcovaldo.
Questi due tipi di narrazione possono essere definiti propri, in contrapposizione al/agli interventi di un “curatore”.
La voce del curatore è del tutto oggettiva e completamente estranea alla storia narrata; la sua unica preoccupazione è quella di chiarire l’uso di alcuni termini o concetti presenti durante la narrazione.
“Il curatore “ interviene con funzione esplicativa unicamente di chiarimento a carattere fiabesco dei racconti).
La voce del narratore onnisciente e quella di Marcovaldo si alternano vicendevolmente come un modo per integrare quelle carenze che emergono dai soli pensieri e dialoghi di Marcovaldo.
TECNICHE-LINGUA E STILE
Lo stile è comunicativo e veloce, ricco di immagini e di dialoghi che danno l’idea di una presa diretta.
INTERPRETARE
Marcovaldo è un’opera in cui lo scrittore si avvicina a riflettere sulla realtà presente usando un linguaggio facilmente comprensibile.
La riflessione sulla realtà storica e su quella attuale si associa ad un’atmosfera di gioco fiabesco.
L’obiettivo è sempre quello di trovare delle risposte per la difficile condizione dell’uomo contemporaneo, sempre alienato e teso ,con fatica, trovare la completezza, l’integrità.
Ciò che mi piace del personaggio è la sua fantasia, la sua voglia di ricerca di valori e sensazioni che a volte la civiltà tecnologica tendono a “trascurare”.
- Letteratura Italiana
- Italo Calvino
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