Il metodo fenomenologico ebbe grande rilievo sulla filosofia tedesca della prima fase del Novecento: si sentiva l’esigenza di estendere l’applicazione del metodo fenomenologico anche ad altri ambiti dell’esperienza umana oltre a quello della conoscenza, in particolare alla vita emotiva e all’etica. E proprio di questo si interessò Scheler. Max Scheler nacque a Monaco nel 1874, da padre protestante e madre ebrea; per ben due volte si convertì al cattolicesimo e altrettante volte se ne discostò. Nel 1911 fu a Gottinga, dove insegnava Husserl, e nel 1912 si stabilì a Berlino, dove strinse amicizia con lo storico del capitalismo Werner Sombaft. In quello stesso anno pubblicò un saggio Sul risentimento e l’anno successivo la prima parte della sua opera Il formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori. Al termine della guerra, nel 1919 divenne professore di filosofia all’università di Colonia. Negli ultimi anni della sua vita, terminata nel 1928, Scheler compose numerosi scritti: Essenza e forme della simpatia (1923), Problemi di una sociologia del sapere (1924), Le forme del sapere e la società (1926), La posizione dell’uomo nel cosmo (1927). Scheler era convinto che il neokantismo della Scuola di Marburgo, trascurando l’esperienza vissuta, non fosse in grado di cogliere la peculiarità della vita spirituale e culturale dell’uomo. Per Scheler anche la sfera dei sentimenti, non solo quella conoscitiva, ò caratterizzata dall’ intenzionalità . Quello del sentimento costituisce un ambitoautonomo dal conoscere, in quanto ò dotato di contenuti originari propri, dati a priori e non derivati dalle conoscenze di dati di fatto. Gli atti del sentimento sono infatti correlati intenzionalmente ai valori, che sono qualità inerenti alle cose e sono oggetto di un’intenzionalità conoscitiva, distinta dalle forme di conoscenza proprie della percezione o dell’intelletto: si tratta dell’ intuizione emozionale, dotata di un’evidenza, che non ò minore dell’evidenza che gli atti del percepire o del ricordare e così via hanno dei loro oggetti. I valori costituiscono dunque un mondo oggettivo caratterizzato da proprie leggi a priori che ò compito dell’etica mettere in luce e descrivere. Con queste considerazioni Scheler poneva fine al primato del problema della conoscenza sostenuto da alcuni neokantiani e, in qualche modo, ancora condiviso da Husserl. Al problema della fondazione dell’etica, Scheler dedicò una delle sue opere più importanti, Il formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori. L’obiettivo polemico di essa ò costituito dal formalismo etico, proprio della teoria kantiana. Kant aveva eliminato il sentimento e le emozioni dalla vita morale ed aveva scorto il fondamento della morale in una legge universale della ragione, puramente formale e priva di contenuti, la quale comanda incondizionatamente, a prescindere da ogni esigenza di felicità . Secondo Scheler, invece, la vita morale include costitutivamente sentimenti ed emozioni: soltanto essi, infatti, ci consentono di accedere ai valori. L’etica dunque non ò puramente formale ma ò dotata di un proprio contenuto a priori dato dall’intuizione dei valori: in questo senso essa può essere definita come etica materiale. I valori sono oggettivi e universali e non possono essere derivati dall’esperienza che ò sempre variabile e mutevole ma sono intuiti direttamente. Il sentire intenzionale rivela l’esistenza di leggi a priori che determinano una gerarchia oggettiva tra i valori, appresa attraverso l’atto del preferire, sul quale si fondano le scelte e correlata a gradi diversi del sentimento: 1) i sentimenti sensibili o della sensazione, a cui sono correlati i valori sensibili compresi nella gamma tra gradevole e sgradevole; 2) i sentimenti corporei, legati allo stato del corpo, correlati ai valori del nobile e del volgare, dell’utile e del dannoso, su cui si fonda anche la vita associata, e i sentimenti vitali, legati alle funzioni del corpo, ai quali sono correlati i valori vitali come la generosità , il coraggio e così via; 3) i sentimenti legati all’anima o all’io, a cui sono correlati i valori spirituali e conoscitivi del vero e del falso, del bello e del brutto, del giusto e dell’ingiusto; 4) i sentimenti propri della persona ai quali sono correlati i valori religiosi del sacro. Questi sono i valori più alti e appaiono soltanto ‘in oggetti dati intenzionalmente come oggetti assoluti’: si tratta quindi di valori assoluti intuibili soltanto attraverso un atto di amore. Gli atti di amore hanno infatti la prerogativa, stando a Scheler, di essere intenzionalmente diretti sempre verso persone, e la persona si colloca ad un livello superiore rispetto all’io ed ò legata alla sfera del sacro; in questa sfera il valore ò fondamentalmente personale. La gerarchia dei valori ò disposta secondo strati che vanno dal livello corporeo a quello spiritualmente più puro della persona. Su questa base Scheler può criticare Husserl per aver posto al vertice l’io trascendentale che ò una funzione universale puramente conoscitiva e impersonale: ciò significa, per Scheler, non riconoscere il primato della persona, ridotta a pura esemplificazione empirica di questa funzione conoscitiva universale. La vita morale consiste, invece, nella piena realizzazione della persona umana e, quindi, include costitutivamente sentimenti ed emozioni, in particolare la simpatia e l’amore. La persona ò l’uomo nella sua totalità ed individualità , nell’unità di tutti i suoi atti ed ha per correlato costitutivo il mondo e la partecipazione emotiva alla vita delle altre persone: in questo consiste propriamente la simpatia. La simpatia ò un fenomeno originario, una funzione innata, grazie alla quale si va oltre se stessi e si riconosce l’altro a partire da una partecipazione affettiva. La partecipazione affettiva può assumere vari aspetti, che vanno dal contagio o fusione emotiva all’identificazione o all’immedesimazione: sull’immedesimazione intenzionale e cosciente si fonda la simpatia. La simpatia, tuttavia, non deve essere confusa con l’amore, che rappresenta un momento più avanzato: la simpatia, infatti, ò meramente reattiva e cieca di fronte al valore dell’altro e quindi si differenzia dall’amore, che ò attivo e poggia sul riconoscimento della persona altrui nella sua diversità e irripetibilità . Senza amore la persona ò soltanto un animale sociale, un’entità oggettiva e sostituibile, mentre nell’amore ciascuno ò veramente sè stesso e l’io diventa propriamente persona. Essere persona comporta l’essere aperti alla totalità delle cose e delle persone reali e possibili: in questo senso l’amore ò sempre amore della persona in quanto incarna un valore anche quando essa lo nega. Ogni persona ha come correlato un mondo proprio che non coincide con l’idea di un mondo unico e identico: questo rinvia all’idea di una persona infinita e perfetta, della quale ò a sua volta il correlato. Nel riconoscersi come entità finita e nell’aprirsi alle altre persone l’uomo ritrova il proprio fondamento in questa persona infinita e assoluta, ossia in Dio, concepito come il luogo dei valori. In tal modo l’etica di Scheler trova il proprio compimento in una forma di teismo, fondato sul riconoscimento di Dio come persona, oggetto di amore da parte degli uomini. In L’eterno nell’uomo (1921), composto da Scheler quando era vicino al cattolicesimo, l’esperienza religiosa ò vista come il luogo in cui si rivela il divino, cioò la persona di Dio nella sua sacralità . Solo nel cristianesimo, secondo Scheler, ha fatto la sua comparsa l’amore della persona spirituale di tutti i propri simili in Dio, ma il mondo moderno ha dimenticato e nascosto la simpatia e l’amore. Scheler riprende da Nietzsche il concetto di risentimento, ma, a differenza del folgorante profeta del superuomo, lo considera il contrassegno non della morale cristiana, bensì delle morali moderne: ò il risentimento infatti che porta a ritenere la natura soltanto come un ambito da dominare e gli altri uomini soltanto come strumenti o addirittura ostacoli in vista del raggiungimento del benessere economico. L’invidia, matrice del risentimento, genera lo spirito di concorrenza, che ò alla base dell’economia moderna e del mondo borghese. Come rimedio alla lotta e alla competizione, la morale borghese ha elaborato, in sostituzione dell’amore cristiano, l’umanitarismo, che però isola l’umanità da Dio, riguarda soltanto i contemporanei e continua a fondarsi, in ultima analisi, sul risentimento stesso. A questa situazione storica e sociale corrisponde una precisa teoria della conoscenza che privilegia la materia rispetto alla vita e allo spirito e adotta come modelli di spiegazione della natura e dello stesso mondo spirituale il meccanicismo e l’evoluzionismo. Il presupposto di queste considerazioni di Scheler ò che le teorie della conoscenza sono espressioni delle trasformazioni sociali, culturali, politiche ed economiche di un’epoca; su questa base egli elaborò una sociologia della conoscenza alla quale dedica molte indagini nei suoi ultimi anni. Per un verso, essa richiama la teoria marxista secondo la quale le produzioni ideologiche e intellettuali dipendono, anche per via mediata, dalla struttura economica, ma per un altro se ne allontana in quanto, sulla scia di Weber, riconosce il peso determinante del fattore religioso nella formazione dello spirito del capitalismo e più in generale la funzione che le trasformazioni dei sentimenti e delle preferenze emozionali per i valori svolgono nei mutamenti sociali. Gli eventi storici nascono infatti dall’incontro e dallo scontro tra fattori ideali, cioò tra le forze della creatività artistica, filosofica e religiosa, e fattori reali, cioò gli interessi economici e politici: i primi sono propri della sfera spirituale della persona umana, mentre i secondi rientrano nelle potenze biologiche e vitali. Contrariamente a Marx, Scheler ritiene che il proletariato non sia la forza destinata ad abbattere il capitalismo, dal momento che esso condivide gli stessi valori materialistici, propri della mentalità borghese. Durante il conflitto mondiale, pur indicando nella guerra lo strumento capace di rivitalizzare la nazione e quindi di contribuire al suo miglioramento morale, Scheler aveva invitato a sostituire l’idea della comunità cristiana, fondata sull’amore, alla società borghese capitalistica. Nel saggio Socialismo profetico o socialismo marxista? (1919), egli auspicava una forma di socialismo cristiano, capace di superare sia l’individualismo, sia il collettivismo. In questa prospettiva il lavoro veniva interpretato non solo come castigo inflitto da Dio all’uomo a causa del peccato originale, ma anche come un mezzo con il quale l’uomo stesso collabora alla creatività divina. Nell’ultima fase della sua attività , dopo essersi di nuovo allontanato dal cattolicesimo, Scheler elaborerà , soprattutto in La posizione dell’uomo nel cosmo, una specie di antropologia dualistica, fondata sulla polarità fra spirito e impulso irrazionale e concepirà una forma di panteismo dinamico, in cui il cosmo ò interpretato come la divinità stessa che aspira progressivamente a diventare la divinità .
- 1900
- Filosofia - 1900