Metamorfosi IV, 29: traduzione - Studentville

Metamorfosi IV, 29: traduzione

METAMORFOSI DI APULEIO, VERSIONE DI LATINO TRADOTTA – TESTO LATINO. Sic immensum procedit in dies opinio, sic insulas iam proxumas et terrae plusculum provinciasque plurimas fama porrecta pervagatur. Iam multi mortalium longis itineribus atque altissimis maris meatibus ad saeculi specimen gloriosum confluebant. Paphon nemo, Cnidon nemo ac ne ipsa quidem Cythera ad conspectum deae Veneris navigabant; sacra differuntur, templa deformantur, pulvinaria praetereuntur, caerimoniae negleguntur; incoronata simulacra et arae viduae frigido cinere foedatae. Puellae suplicatur et in humanis vultibus deae tantae numina placantur, et in matutino progressu virginis victimis et epulis Veneris absentis nomen propitiatur, iamque per plateas commeantem populi frequenter floribus sertis et solutis adprecantur. Haec honorum caelestium ad puellae mortalis cultum inmodica translatio verae Veneris vehementer incendit animos et inpatiens indignationis capite quassanti fremens altius sic secum disserit:

Versione tradotta

METAMORFOSI DI APULEIO, VERSIONE TRADOTTA - TRADUZIONE. Così la fama andava crescendo sempre più di giorno in giorno, si spandeva, si diffondeva già nelle vicine isole e anche in moltissime regioni della terra. Già molti dei mortali accorrevano per vedere la nuova meraviglia del secolo compiendo lunghi viaggi e traversando mari profondissimi. Nessuno più navigava verso Pafo, nessuno verso Cnido, e neppure alla stessa Citera in cospetto della dea Venere. I sacrifici si differivano, i templi si spogliavano del loro splendore, si passava senza far caso davanti ai templi, si trascuravano le cerimonie; senza corone erano i simulacri, disadorni gli altari e bruttati di fredda cenere. Si dicevano preghiere alla fanciulla e si voleva implorare la maestà di una dea così grande nel volto umano di quella. Nelle mattutine passeggiate della vergine si propiziava il nome di Venere assente con vittime e banchetti, e ormai, quando ella si aggirava per le piazze, il popolo tutto la pregava intrecciando corone e buttando fiori al suo passaggio. Ma questa irriverente attribuzione di onori celesti al culto di una fanciulla mortale accese di violento sdegno la verace Venere la quale squassando indignata il capo fremente d'indignazione così diceva fra sé:

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  • Apuleio

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