LA GERMANIA NAZISTA
La debole Repubblica di Weimar formatasi in Germania nel primo dopoguerra non riesce ad opporsi all’ascesa del nazismo favorita dalla grave crisi economica e dalla ripetute crisi politiche. Tra il 1932 e il 1933 una complessa e drammatica evoluzione degli avvenimenti politici conduce al potere di Hitler che nel giro di pochi mesi liquida il sistema democratico e instaura il regime dittatoriale del Terzo Reich. L’ apparato ideologico che sostiene lo Stato totalitario si fonda in buona parte sull’antisemitismo e il mito della razza.
Superato il momento di maggiore crisi dei primi anni venti la Germania, grazie agli ingenti investimenti esteri, vive, tra il 1925 e il 1929, un’eccezionale ripresa economica. Alla fine degli anni venti l’economia tedesca torna a occupare un posto di primo piano nel sistema internazionale: i dati della produzione sono aumentati del 40% rispetto a quelli precedenti il conflitto e il livello tecnico dell’industria torna a essere il più alto del mondo. Il riconquistato benessere non si traduce però in un serio consolidamento della debole democrazia repubblicana: le pressioni autoritarie della destra si fanno sempre più forti e l’agitazione nazionalista cresce in tutto il paese. Nel 1925, alla morte del socialdemocratico Ebert, viene eletto alla presidenza del Reich il vecchio maresciallo von Hindenburg, un conservatore vicino agli interessi della grande industria. Le forze democratiche riescono a ottenere un ultimo importante successo nelle elezioni politiche del 1928 quando si affermano i partiti socialista e cattolico e si forma il governo di coalizione del socialdemocratico Muller, ma la crisi economica internazionale dell’anno successivo rigetta la Germania nel panico. Il crollo di Wall Street ha conseguenze drammatiche per l’economia tedesca: all’inizio degli anni trenta i disoccupati raggiungono quota sei milioni. Alle forze di destra si offre l’occasione per una prova di forza: la popolazione tedesca, prostrata dalla crisi, è quanto mai sensibile alla propaganda nazionalista. Nelle elezioni del 1930 si afferma inaspettatamente un piccolo partito di estrema destra, il Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, guidato da Adolf Hitler, che conquista 107 seggi e sei milioni e mezzo di voti.
Chi sono i nazisti? Per capirlo bisogna fare un passo indietro e tornare al 1920 quando il trentunenne militare austriaco Adolf Hitler, imbevuto di idee antisemite e antidemocratiche, assume la guida di un piccolo gruppo estremista, il Partito dei Lavoratori tedeschi. Con un programma di stampo ultra nazionalista e autoritario, il Partito Nazionalsocialista (nome datogli dallo stesso Hitler) nel 1921 crea una propria organizzazione militare, le Squadre d’assalto (Sturmabteilungen, SA) e nel novembre del 1923 tenta senza successo un colpo di Stato a Monaco. Il fallimento del putsch costa a Hitler la condanna a cinque anni di carcere, di cui sconta solo nove mesi durante i quali scrive Mein Kampf, il testo contenente il suo sconcertante programma politico. Uscito dal carcere Hitler elabora una nuova tattica per il suo partito: lo instrada sul piano costituzionale e crea una nuova organizzazione militare più disciplinata, i Reparti di protezione (Schutzstaffeln, le famigerate SS). Come abbiamo visto, la crisi del 1929 offre l’occasione ai nazionalsocialisti di affermarsi sulla scena tedesca, occasione colta con il successo alle elezioni dell’anno successivo.
Dopo l’importante successo ottenuto nelle elezioni del 1930 il partito nazionalsocialista e il suo leader Adolf Hitler raccolgono il consenso della grande industria tedesca e si preparano a sferrare l’ultimo attacco alla democrazia di Weimar. Intanto il governo del socialdemocratico Muller nella primavera del 1930 era stato costretto a cedere il posto al cattolico conservatore Heinrich Bruning in una situazione di grande confusione che sposta rapidamente a destra l’asse della politica tedesca: nel 1932 in occasione delle elezioni presidenziali si confrontano i due candidati nazionalisti Hindenburg e Hitler; ottiene la vittoria il vecchio maresciallo ma l’ascesa al potere del leader nazista è soltanto rimandata. Nel corso dell’anno, infatti, Bruning è costretto alle dimissioni e il nuovo cancelliere Von Papen scioglie il parlamento e indice nuove elezioni. Il successo del partito di Hitler è enorme: con 230 seggi diventa il primo partito e Hitler chiede per sé il cancellierato. Hindenburg e Von Papen, appoggiati dall’esercito, si oppongono e per la quinta volta nel giro di otto mesi indicono nuove elezioni. Le nuove elezioni ridimensionano parzialmente il peso del Partito nazionalsocialista che tuttavia resta il maggiore partito; si consuma allora l’ultimo atto della Repubblica di Weimar.
Viene chiamato a ricoprire la carica di cancelliere il generale Kurt von Schleicher ma dopo pochi mesi fallisce il suo tentativo: il 30 gennaio 1933 diventa cancelliere del Reich Adolf Hitler a capo di un ministero composto da nazisti, nazional-tedeschi e alcuni tecnici. Le complesse vicende politico-istituzionali che portano Hitler al potere non sono ancora concluse perché il leader nazista, volendo evitare di imbarcare nella sua maggioranza il partito cattolico, decide di sciogliere per l’ennesima volta il parlamento. La campagna elettorale per le nuove elezioni si svolge in un clima di efferata violenza: le organizzazioni militari naziste e la polizia colpiscono duramente i comunisti e i socialdemocratici. Hitler, che punta tutto su di una vittoria eclatante del suo partito, tenta un colpo spettacolare: la notte del 27 febbraio, pochi giorni prima delle elezioni, un gruppo di nazisti provoca l’incendio del parlamento nazionale, il Reichstag. L’obiettivo è quello di far ricadere sui comunisti la responsabilità dell’atto terroristico in modo da consolidare nella borghesia tedesca la già diffusa paura di un’imminente azione rivoluzionaria “bolscevica”. Le elezioni invero non danno la maggioranza assoluta al partito nazista però gli garantiscono un numero di seggi sufficiente a confermare la carica di cancelliere a Hitler. Questi, nel giro di pochi giorni liquida le istituzioni democratiche: fa arrestare tutti i deputati comunisti e fa approvare dal parlamento una legge che estende i poteri del governo. Il Fuhrer, attraverso una prassi “legale”, instaura la propria assoluta dittatura sulla Germania.
Dopo il conferimento di ampi poteri al cancelliere Adolf Hitler, nel 1933 si conclude la distruzione della Repubblica di Weimar e la costruzione del regime totalitario del Terzo Reich. Nel giro di pochi mesi viene abolita la struttura federale dello Stato e centralizzato il potere, vengono sciolte le organizzazioni sindacali e perseguitati tutti gli esponenti antinazisti, il Partito nazionalsocialista viene dichiarato per legge l’unico partito del paese.
L’ultimo ostacolo al consolidamento del potere di Hitler è rappresentato dalle frange radicali interne allo stesso partito nazista, rappresentate dalle Squadre d’azione. Le SA infatti si ispirano al programma “sociale” del nazionalsocialismo e pretendono la nazionalizzazione delle industrie, la formazione di un esercito popolare. Esse intralciano i piani strategici di Hitler che si basavano sull’alleanza con gli industriali, con l’esercito e con i conservatori. Nel giugno del 1934 i principali esponenti delle SA vengono massacrati presso il lago Tegernsee da reparti scelti delle SS. Ora Hitler ha l’appoggio incondizionato dell’esercito e nell’agosto del 1934, dopo la morte del vecchio maresciallo Hindenburg, assume anche la funzioni di presidente divenendo Fuhrer e Cancelliere del Reich. Nasce ufficialmente il Terzo Reich.
Anche lo Stato totalitario nazista, come già il fascismo, si fonda sulla repressione di ogni forma di dissenso e sull’organizzazione del consenso attraverso pratiche di irregimentazione di massa. Una ferrea ritualità politica piega al conformismo ideologico del regime ogni momento della vita del cittadino tedesco sin dagli anni dell’infanzia; sotto la bandiera di una supposta superiorità razziale e intellettuale il tedesco viene educato alla guerra con l’obiettivo di dominare il mondo. Gli antinazisti, quando non vengono uccisi o imprigionati, sono costretti all’esilio o al silenzio.
Dal punto di vista economico il Terzo Reich, dopo la battuta d’arresto dei primi anni Trenta, prosegue la rapida ascesa, ora fondata sulla politica di riarmo. Si instaura una vera e propria “economia di guerra” sotto il ferreo controllo del partito-Stato e attraverso una severa disciplina del lavoro. Anche gli industriali più scettici si piegano infine alla ideologia nazista, non solo per l’opera di controllo e “persuasione” operata dalla burocrazia statale, ma anche per i lauti profitti che ne ricavano.
L’aspetto probabilmente più aberrante dell’ideologia nazista e sicuramente fondante della stessa concezione dello Stato totalitario è rappresentato dall’antisemitismo e dal mito della razza ariana. Già nel Mein Kampf, opera del 1923, Hitler aveva delineato i caratteri della razza superiore, corrispondente, neanche a dirlo, alla genie tedesca. Riprendendo infatti una persistente tradizione culturale di derivazione organicista, Hitler considera ogni forma di civiltà avanzata come il prodotto del genio ariano, l’uomo per eccellenza. La razza ariana, di cui i tedeschi sono gli eredi, si era affermata nei secoli attraverso il dominio sulle razze biologicamente “inferiori”, individuate in particolare negli ebrei e negli slavi. Da questa concezione di tipo razzista deriva anche la concezione nazista della nazione che perde il riferimento statuale e in parte anche quello territoriale per identificarsi totalmente nel Volk, nella “comunità”, intesa come appartenenza di sangue e di terra. Dalla concezione della superiorità della razza ariana deriva la giustificazione etica e politica dell’uso della forza e della guerra come strumenti di dominio sulle razze inferiori: ogni progetto di conquista, sia esso il più aberrante e criminale, viene così giustificato. Dalla stessa concezione deriva anche l’idea della dittatura dell’uomo forte, il Fuhrerprinzip, secondo la quale ogni forma di organizzazione sociale, dalla più piccola alla più grande, necessita di un capo che la domini.
La storia degli uomini ha voluto che le deliranti teorie di Hitler abbiano trovato una propria tragica applicazione pratica: appena giunto al potere il Fuhrer fa promulgare le leggi sulla “cittadinanza del Reich”, fondate sull’appartenenza di sangue, e le leggi “per la protezione del sangue e dell’onore tedesco” che proibiscono i matrimoni dei tedeschi con gli ebrei, dichiarano nulli quelli già contratti e dispongono altre norme discriminatorie nei confronti dei cittadini tedeschi di religione ebraica. La cultura razzista e in particolare antisemita trova il suo sfogo nelle sistematiche vessazioni operate dal regime nei confronti degli ebrei. Il culmine si raggiunge nella cosiddetta “notte dei cristalli” (9-10 novembre 1938) quando Goebbels organizza in tutto il paese una feroce e coordinata azione di violenza contro i cittadini ebrei: vengono incendiate le sinagoghe, le abitazioni, i negozi, vengono picchiati e assassinati centinaia di uomini e di donne. Alla “notte dei cristalli” segue l’emanazione di altri decreti antisemiti.
In un crescendo di violenza e di terrore l’antisemitismo provoca negli anni successivi numerose vittime fino a diventare, durante la guerra, il più spaventoso genocidio che la storia abbia mai conosciuto.
IL FASCISMO
Negli anni 20, Benito Mussolini diede inizio in Italia ad un sistema politico nuovo: il fascismo. In questo periodo l’Italia stava attraversando la crisi del dopoguerra. C’era una crisi economica a causa dei costi della guerra, una crisi sociale caratterizzata dalla disoccupazione che accrebbe le tensioni sociali, una crisi morale per la perdita dei valori che c’erano invece prima della guerra e una crisi politica in quanto la classe liberale si dimostrava inadeguata ad affrontare i problemi del paese e la borghesia comincia ad illudersi che uno stato “forte” possa essere la soluzione dei problemi. Durante la guerra l’Italia si era enormemente indebitata per importare le materie prime ed i prodotti di cui aveva bisogno, poi c’erano problemi legati alla riconversione industriale, il costo della vita aumentava senza essere assecondato dagli stipendi, la disoccupazione era moltissima e tutto ciò rendeva il clima politico e sociale molto teso. Su tutta questa amarezza speculavano i nazionalisti. D’Annunzio nel 1919 occupò con un gruppo di volontari la città di Fiume e la “reggenza del Carnaso” durò ben 15 mesi dopodiché Giolitti, tornato al governo, li cacciò con la forza. Un profondo disagio invadeva tutte le classi sociali, la piccola e la media borghesia era oppressa da tasse sempre più alte ed aspiravano ad un radicale mutamento, infatti ci furono molti scioperi.
Nel 1919 i cattolici entrarono in politica con don Luigi Sturzo che diede vita al Partito popolare italiano. In questo modo le masse incominciarono ad interessarsi ai problemi del paese e a contribuire per risolverli. Papa Benedetto 15° revocò il non expedit. In seguito Benito Mussolini fonda i Fasci di combattimento, un movimento d’ispirazione nazionalistica e antisocialista. La media borghesia, investita anche lei dalla crisi economica, stava perdendo il proprio ruolo sociale ed era preoccupata dall’avanzata del proletariato. Nello stesso momento, i proprietari terrieri non vedevano nei deboli regimi parlamentari uno strumento per “difendersi”. In questa situazione assunsero un ruolo importante i movimenti di estrema destra, nazionalisti. Mussolini, per accaparrarsi più voti dal popolo impose alte tasse sui capitali, sul diritto di successione, l’ingresso degli operai nelle fabbriche e la confisca dei beni agli ecclesiastici e per avere più voti da parte delle forze conservatrici fece fare agli squadroni fascisti delle spedizioni punitive contro i socialisti, i sindacalisti e le loro organizzazioni.
In questo periodo si alternarono al governo molti liberali come Giolitti e Francesco Saverio Nitti. La loro azione politica, però, finì con il rispecchiare la debolezza della classe dirigente liberale. Inoltre la grandi masse che erano state protagoniste volevano essere ricompensate e rappresentate così le elezioni del 1919 furono le prime con il sistema proporzionale e aggravarono la situazione dei liberali.
Sul finire del 1920 le squadre fasciste intensificarono gli attacchi contro i comunisti, anche perché le camicie nere avevano l’appoggio finanziario dei grandi proprietari terrieri, degli industriali e di vari organi dello stato. Giolitti cercò di neutralizzarli inserendoli in una lista unitaria chiamata “blocco nazionale” che presentò alle elezioni ma fu un grave errore perché consentì ai fascisti l’entrata in politica. In seguito Mussolini fondò il Partito Nazionale Fascista ed il congresso fascista di Napoli decise di fare una marcia su Roma di tutte le camicie nere. Il governo decretò lo stato d’assedio, anche se l’esercito avrebbe potuto sbaragliare tutti i fascisti, Vittorio Emanuele III rifiutò di farlo e incaricò Mussolini di formare il governo. Egli cercò subito di rassicurare l’opinione pubblica inserendo solamente 5 fascisti nel suo ministero ma contemporaneamente istituì il Gran consiglio del fascismo e inserì le squadre fasciste nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. Col passare del tempo il governo fascista diventò sempre più violento fino a sfociare nell’assassinio di Matteotti che sollevò un’ondata di indignazione. L’unica colpa di Giacomo Matteotti era stata quella di denunciare gli imbrogli e la violenza dei fascisti, e pagò con la morte il suo coraggio. In questa situazione d’incertezza Mussolini passò all’offensiva e proclamò la soppressione di ogni libertà. Allargò i suoi poteri; i giornali divennero portavoce del regime, i partiti antifascisti furono disciolti ed i sindacati soppressi.
Il positivo epilogo della prima guerra mondiale, grazie al movimento interventista, aveva alimentato, al di là delle capacità militari, grandi pretese di inserire l’Italia in ambito internazionale con un ruolo di preminenza. La crescita economica non aveva colmato però lo squilibrio tra i ceti sociali, provocando radicali polemiche con le istituzioni.
I disagi che ne derivarono sottolineavano la richiesta di una figura forte che imponesse dall’alto la soluzione ritenuta più giusta dai ceti medi bassi. Il 1919 fu un anno di grandi trasformazioni e nelle elezioni del 16 novembre del 1919 crolla il liberalismo e irrompono il partito di Don Sturzo e quello socialista. Fu tuttavia la mancata riforma agraria che convinse i cittadini ad occupare le terre e a dare il via alla formazione di squadre contro i latifondisti che si rivelarono vere progenitrici del movimento fascista. Già nel 1919 era stato creato, fa Benito Mussolini, il movimento dei fasci di combattimento col cui sostegno intendeva realizzare un programma dai forti contenuti demagogici. La repressione del movimento operaio e contadino del ’21 sottolineava l’incapacità del potere centrale di gestire le masse, e determinò nuove elezioni da cui alla fine, per alterne vicende, fu indicato Mussolini a formare un nuovo governo che, negando le libertà personali, civili e politiche, divenne di fatto dittatoriale.
Anche nella vicina Germania nacque uno stato totalitario, ma con caratteri e fattori diversi.
Il trattato di Versailles del 1919 riconosceva la Germania come unica responsabile della guerra, perciò venne umiliata, dando esca alle destre nazionaliste. Inoltre, la profonda crisi economica, segnata da un’esplosiva inflazione, fu risanata grazie all’intervento americano col il piano Daewes. Ma la crisi politica del ’32, concomitante ad una spaventosa crisi economica, convinse i tedeschi ad affidare ad Adolf Hitler la formazione di un nuovo governo che si caratterizzò per una repressione sistematica di qualsiasi forma di opposizione. Altro carattere fu l’esaltazione della nazione tedesca, fino a dar coincidere il nazismo con lo stato.
L’antisemitismo, visto come fenomeno disgregante della società tedesca, determinò le esecuzioni razziali fino all’olocausto di 6 milioni di persone.
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