Non si possono giudicare i costumi di altri sulla base dei propri - Studentville

Non si possono giudicare i costumi di altri sulla base dei propri

De hoc priusquam scribimus, haec praecipienda videntur lectoribus, ne alienos moresad suos referant, neve ea quae ipsis leviora sunt, pari modo apud ceteros fuisse arbitrentur. Scimus enim musicen nostris moribus abesse a principis persona, saltare vero etiam in vitiis poni: quae omnia apud Graecos et grata et laude digna ducuntur. Cum autem exprimere imaginem consuetudinis atque vitae velimus Epaminondae, nihil videmur debere praetermittere, quod pertineat ad eam declarandam. Quare dicemus primum de genere eius, deinde quibus disciplinis et a quibus sit eruditus, tum de moribus ingeniique facultatibus et si qua alia memoriä digna erunt, postremo de rebus gestis, quae a plurimis animi anteponuntur virtutibus. Natus igitur patre, quo diximus, genere honesto, pauper iam a maioribus relictus, eruditus autem sic ut nemo Thebanus magis. Nam et citharizare et cantare ad chordarum sonum doctus est a Dionysio; cantare tibiis ab Olympiodoro, saltare a Calliphrone, at philosophiae praeceptorem habuit Lysim Tarentinum, Pythagoreum.

Versione tradotta

Quanto a ciò che prima abbiamo scritto, ci sembra un necessario ammonimento ai lettori di non riportare i costumi degli altri ai propri, né di credere che ciò che ai loro occhi appare alquanto inconsistente sia stato uguale presso altri popoli. Sappiamo infatti che la musica in base alle nostre tradizioni è lontana dalla figura di un capo e che la danza è considerato un difetto: tutto ciò è ritenuto dai Greci degno di lode e gradimento. Se vogliamo esprimere le scene e l’abitudine di vita di Epaminonda, non ci sembra di dover tralasciare ciò che riguarda la loro messa in evidenza. Parleremo perciò della sua famiglia, infine in quali discipline e da chi fu istruito, poi dei suoi costumi e dei mezzi del suo carattere e, se vi sarà altro degno di essere ricordato, alla fine delle sue imprese, che da molti sono anteposte alle virtù dell’animo. Nato dunque da un padre, come abbiamo detto, di nobili origini, fu lasciato povero già dai suoi avi, ma istruito come nessuno fra i Tebani. Dionisio gli insegnò infatti a suonare la cetra e a cantare secondo l’accordo dei suoni; imparò a cantare con i flauti da Olimpiodoro, a danzare da Callifrone, ed ebbe come maestro di filosofia il Pitagorico Liside di Taranto.

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