O saepe mecum tempus
in ultimum
deducte Bruto militiae duce,
quis te redonauit Quiritem
dis patriis Italoque caelo,
Pompei, meorum prime sodalium,
cum quo morantem saepe diem mero
fregi, coronatus nitentis
malobathro Syrio capillos?
Tecum Philippos et celerem fugam
sensi relicta non bene parmula,
cum fracta
uirtus et minaces
turpe solum tetigere mento;
sed me per hostis Mercurius celer
denso pauentem sustulit
aere,
te rursus in bellum resorbens
unda fretis tulit aestuosis.
Ergo obligatam redde Ioui dapem
longaque fessum militia latus
depone sub lauru mea, nec
parce cadis tibi destinatis.
Obliuioso leuia Massico
ciboria exple, funde capacibus
unguenta de conchis. Quis udo
deproperare
apio coronas
curatue myrto? Quem Venus arbitrum
dicet bibendi? Non ego sanius
bacchabor Edonis:
recepto
dulce mihi furere est amico.
Versione tradotta
Tu che tante volte fosti con me vicino al passo estremo,
entrambi nell'esercito di Bruto, chi ti ha ridonato, cittadino di nuovo fra i Quiriti, agli dei della patria e al cielo
dell'Italia, tu, il primo tra i miei amici, mio Pomponio? Insieme a te, quante volte spezzai col vino un'immobile
giornata, e una corona ornava i capelli lucidi dei profumi di Siria! Insieme a te conobbi Filippi e la veloce fuga quando
ingloriosamente si gettò lo scudo, quando il valore fu spezzato e quelli che incutevano paura toccarono la terra con il mento,
vergognosamente. Ma io, impaurito, fui dal veloce Mercurio sollevato in alto, tra i nemici, in una densa nube; tu, dall'onda
che di nuovo ti risucchiava in guerra fosti sbattuto in mari tempestosi. Rendi dunque a Giove le offerte a lui dovute e il
corpo stanco dalla lunga guerra distendilo all'ombra del mio alloro, e non essere avaro con le anfore a te destinate. Con il
vino che fa dimenticare riempi le coppe levigate, versa dalle capaci ampolle oli odorosi. Presto, chi vuole intrecciare corone
di fresco apio o di mirto? E Venere, chi vorrà nominare, con la sorte dei dadi, re del convito? Non sarò più sobrio dei Traci
nel frenetico rito del banchetto: mi è dolce, per l'amico ritrovato, far follie.