Ode, 3,3 - Studentville

Ode, 3,3

Intermissa, Venus, diu
rursus bella moues? Parce precor, precor.
Non sum qualis

eram bonae
sub regno Cinarae. Desine, dulcium

mater saeua Cupidinum,
circa lustra decem flectere mollibus

iam durum imperiis: abi,
quo blandae iuuenum te reuocant preces.
Tempestiuius in domum

Pauli

purpureis ales oloribus
comissabere Maximi,
si torrere iecur quaeris idoneum;
namque et nobilis et decens

et pro sollicitis non tacitus reis

et centum puer artium
late signa feret militiae tuae,
et,

quandoque potentior
largi muneribus riserit aemuli,
Albanos prope te lacus

ponet marmoream sub trabe

citrea.
Illic plurima naribus
duces tura, lyraque et Berecyntia
delectabere tibia
mixtis carminibus

non sine fistula;

illic bis pueri die
numen cum teneris uirginibus tuum
laudantes pede candido
in

morem Salium ter quatient humum.
Me nec femina nec puer

iam nec spes animi credula mutui
nec certare

iuuat mero
nec uincire nouis tempora floribus.
Sed cur heu, Ligurine, cur
manat rara meas lacrima per genas?

Cur facunda parum decoro
inter uerba cadit lingua silentio?
Nocturnis ego somniis
iam captum

teneo, iam uolucrem sequor
te per gramina Martii

campi, te per aquas, dure, uolubilis.

Versione tradotta

Dopo la lunga tregua forse Venere ancora mi fa guerra. Non

colpirmi, ti supplico, ti supplico. Non sono più chi ero quando regnava la mia buona Cinara. Madre crudele di passsioni dolci,

non più piegarmi ai teneri comandi: è duro il legno verso i dieci lustri. Va' dove sei invocata da preghiere di giovani

suasive. Ora migliore trovi nella casa di Paolo, sì, di Massimo, porta là la tua turbinosa festa, il tuo volo purpureo di

cigni. Tu cerchi un cuore adatto alla tua fiamma. E lui è bello, illustre, sa parlare per gli accusati inquieti, ragazzo dalle

mille risorse, e tuo soldato che porterà lontano le tue insegne. Riderà dei rivali donatori, sarà sempre il più forte:

innalzerà, presso i laghi di Alba, la tua immagine di marmo, sotto un bel tetto di cedro. Aspirerai l'aroma di molto molto

incenso, gradirai lire e flauti berecinzi insieme ai canti e suono di zampogna. E là ragazzi e morbide ragazze in lode della

tua divinità battono il suolo con i piedi bianchi ogni giorno due volte in ritmo trino all'usanza dei Salii. Io non ho donna

né ragazzo né speranza né fede di un cuore che risponde e le gare del vino non le amo né cingermi di fiori freschi il capo. E

perché allora Ligurino, dimmi, stillano rare lagrime sul volto? Perché tra eloquenti parole cade la voce in un silenzio triste?

Io t'afferro nei sogni della notte, io inseguo il tuo volo indifferente sopra l'erba del Campo, sui vortici

dell'acqua.

  • Letteratura Latina
  • Orazio

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