La popolazione latina dei Colli Albani crescendo di numero sentì il bisogno di scendere verso la pianura allargandosi, per necessità di pascoli e di terreno da coltivare, verso il Tevere che costituiva un confine naturale e, sulle colline che sorgono presso il fiume, si procurava una fortezza naturale dì difesa, in un punto di eccellente vigilanza dove esso sì restringe e offre un più facile passaggio attraverso l'Isola Tiberina, e un controllo delle strade di comunicazione dalla Sabina e dall'Etruria al mare. In questa zona e più vicini al Tevere sorgono il Capitolino, il Palatino e l'Aventino: il Capitolino, allora sperone avanzato del Quirinale; il Palatino con le due cime distinte del Germalo e del Palatium, l'Aventino pure con due alture separate da una sella interposta. Più nell'interno erano il Celio già denominato Querquetulano perché coperto da boschi di quercia, quindi il Velia e il colle dell'oppio e quello del Fagutal che prendeva il nome dai boschi di faggio, posti avanzati dell'Esquilino, e più oltre il Viminale parallelo quasì al Quirinale.
Suggestive ci appaiono le notizie, purtroppo assai scarse, di un antichissimo centro abitato, scoperto sulla vetta del Germalo, la più settentrionale del colle Palatino, un villaggio dell'età del ferro formato da capanne a base circolare o ellittica, che si fa risalire al IX secolo a. C., scendendo con gli avanzi più recenti al VII secolo. Esso era circondato da un riparo di terra, forse rafforzato anche da una palizzata in legno a sua modesta difesa. In esso gli studiosi riconoscono il villaggio che rappresenta il primo antichissimo nucleo di Roma. Nella " Roma quadrata " si rispecchia un momento più tardo in cui il gruppo di villaggi costituirono un oppidum cui si deve il nome di Roma. Secondo la suggestiva leggenda Romolo ne tracciò il pomerio, il solco sacro primigenio che circondava il colle, separando la città che ebbe il nome di Urbs dal solco (urvus), segnato secondo il rito con l'aratro.
Come sia sorto il nome di Roma e che cosa esso significhi non è chiaro. Gli antichi cercarono di spiegarlo al solito con gli eponimi Romolo (che invece prese e non diede il nome alla città) o Rome (figlia di Enea o di Evandro), oggi si preferisce l'etimologia che Roma significhi " città del fiume ".
I Romani, crescendo in potenza e non ricordando queste modeste origini, vollero pur spiegarsi con miti e leggende molteplici, varie, contradditorie, le origini della loro città. E si narrò di Enea scampato da Troia, sbarcato a Laurento e accolto benevolmente da Evandro nella modesta reggia sul Palatino; ma negata a lui come sposa Lavinia alla cui mano aspirava Turno, Re dei Rutuli, sorse guerra fra i due pretendenti: Turno fu ucciso, Enea sposo Lavinia e divenne per alcuni fondatore di Roma, per altri di Lavinio.
Una tradizione romana aveva elaborato la leggenda intorno a Romolo fondatore della città e alla sua origine divina; v'era il presupposto che Roma fosse legata da un vincolo dl dipendenza da Albalonga, ma poiché la fondazione di Roma era terminata a circa la metà del secolo VIII a. e i dati cronologici non collimavano dato il lungo periodo intercorso fra il sorgere dl Roma e la lontana distruzione di Troia (secolo XII a. C.). Fu attribuita ad Ascanio la fondazione di Albalonga e si allungò la lista dei re albani, protraendola nel tempo fra Enea e Romolo con numerosi discendenti fino a Proca, che morì lasciando due figli, Numitore e Amulio.
Una leggenda romana non poteva dimenticare Marte, il dio più venerato in Roma, e col dio doveva essere messo in rapporto il fondatore della citta. Si narrò dell'usurpazione del trono da parte di Amulio e della costrizione di Ilia o Rea Silvia di'scendente dalla casa reale di Albalonga a perpetuo voto di verginità come vestale. Sorpresa da Marte venne meno al suo voto e ne nacquero Romolo e Remo. La loro leggenda è nota. Salvati miracolosamente e riposto il loro nonno Numitore sul trono, da lui ricevettero i mezzi per fondare una nuova città sul colle Palatino dov'erano stati allevati. Nel compiere il rito della fondazione, che secondo gli auspici toccò a Romolo, il fratello saltò in segno di spregio il solco terminale della città tracciato secondo le norme augurali da Romolo, e questi lo uccise; Remo scompare senza lasciare altra traccia nella tradizione.
Da Livio: Le Origini di Roma
Naturalmente anche gli antichi avevano compreso che il racconto era un tessuto di favole e di miti, ma non lo toccarono perché sentivano una specie di religioso rispetto per quel loro passato che riviveva, quasi ammonitore, per le nuove generazioni. Noi, in realtà, non possiamo aderire all'opinione di chi vorrebbe considerare Roma nata all'improvviso come una città fondata di getto, per un atto di volontà personale, secondo un disegno prestabilito, nata adulta e quasi perfetta.
Roma crebbe a poco a poco per energia della sua gente, in lotta con i suoi più immediati vicini e per favore di circostanze, da un piccolo villaggio come gli altri villaggi laziali. Oggi la documentazione linguistica e le attestazioni archeologiche ci permettono di colmare quel vuoto sconfortante aperto dalla critica. Era naturale che si raccogliessero e si conservassero con particolare amore le leggende, i miti, le tradizioni, le memorie più antiche di Roma. Questa ricca letteratura ha anzitutto sicuro valore per noi perché ci fa conoscere ciò che gli antichi pensarono e credettero sulle remote origini dell'Urbe; ma soprattutto ne rivendichiamo il valore dove essa conserva il ricordo di molti eventi che altre discipline, quali l'archeologia, la comparazione, la linguistica ci vengono confermando.
Gli scrittori greci più antichi consideravano la fondazione di Roma di non molto posteriore alla caduta di Troia. Gli annalisti romani accettarono date diverse fra il 758 e il 728 a. C.; ma furono adottate nell'età imperiale come date canoniche quella stabilita da Attico e da Varrone, il 753 a. C., e quella dell'anno 752 seguita dal redattore dei Fasti Capitolini. Ma se vi era discordia intorno all'anno, vi fu piena concordia fra gli antichi riguardo al giorno, 21 aprile, giorno festivo, solenne, in cui erano celebrate le Paritta o Palilia, in onore di Pales, la dea della pastorizia.
Archeologia e tradizione sull'origine di Roma concordano; non era in errore l'antica tradizione che considerava la città del Palatino come la Roma primitiva. Ancora nell'età ìmperiale si conservava ricordo sicuro della linea del pomerio che recingeva il colle alla sua base, separando la città del Palatino dal suo territorio.
Intanto altri villaggi di pastori e di agricoltori vennero sorgendo sulle altre alture dei colli romani. Per i successivi ampliamenti territoriali di Roma, alcuni ritennero che in una fase del suo sviluppo urbanistico esistesse una città di Roma che abbracciava le sette borgate del cosiddetto Settimonzio. Il Settimonzio era una festa che si celebrava in Roma l'11 dicembre con solenni sacrifici sulle tre cime del Palatino (Palazio, Germalo, Velia), sulle tre alture dell'Esquilino (Cispio, Oppio, Fagutal), sul Celio, nella Subura. Nel Settimonzio si deve vedere un ricordo delle antiche stazioni latine esistenti sul suolo romano, che non costituivano una sola città, ma formavano una lega sacrale analoga ad altre leghe latine, come la lega Albana; si risale con essa a un'età remota in cui queste piccole borgatelle, ancora fra loro distinte, si unirono in una federazione religiosa che aveva la sua manifestazione concreta nei sacrifici sui singoli monti, forse ancora prima del sorgere della città quadrata del Palatino, quando le sue tre alture partecipavano al rito ciascuna per sè, individualmente e non in forma collettiva.
L'allargamento della città e del territorio avvenne a poco a poco durante l'età regia, estendendosi verso gli altri colli e anzitutto al Capitolino, alla zona del Foro, quindi al Celio, all'Esquilino, al Quirinale, lasciando fuori del pomerio ancora l'Aventino. E tuttavia non conseguì particolare importanza fra le città latìne se non dopo la conquista e la distruzione di Albalonga, durante il regno di Tullo Ostilio.
- Storia
- Storia Antica