Otto Neurath (1908-1945), importantissimo rappresentante del Circolo di Vienna, sul problema della verificazione assunse una posizione infinitamente diversa da quella di Schlick. Nato a Vienna, si era addottorato in matematica a Berlino ed era stato consulente economico del governo comunista in Baviera, nel 1919; arrestato, era sfuggito alla condanna grazie anche all’intervento di Max Weber. Tornato a Vienna, fece parte del Circolo dei neo-positivisti, nel 1940 emigrò in Olanda e poi a Oxford, dove morì. Nel 1931 egli pubblicò in “Erkenntnis” un articolo intitolato “Fisicalismo”, nel quale sostenne – probabilmente influenzato da Wittgenstein – che ò impossibile trascendere il linguaggio per confrontarlo con la realtà , come pretendeva il criterio empirico di significanza, sostenuto da Schlick. La verità di una proposizione non dipende dal confronto di essa con un fatto, perchè fatti e proposizioni sono entità non omogenee, inconfrontabili. Non esistono, dunque, enunciati elementari, che si riferiscano, attraverso i dati della sensazione, a una realtà esterna al linguaggio. Per Neurath ò un mito che a fondamento del sapere scientifico vi siano fatti o esperienze elementari o proposizioni che li esprimono e non il linguaggio nella sua totalità . In realtà , anche le proposizioni che registrano presunte esperienze vissute elementari, ossia quelli che Carnap chiama “protocolli”, essendo legate a esperienze individuali, non godono di una posizione privilegiata rispetto ad altri tipi di proposizioni, ma devono anch’esse essere verificate e ciò può avvenire solamente attraverso il confronto con altre proposizioni. La verità di una proposizione consisterà , allora, nella sua concordanza logica con altre proposizioni e, al limite, con l’insieme degli enunciati della scienza: in tal modo, alla nozione di verità come corrispondenza con i fatti, Neurath, analogamente a quanto aveva fatto Duhem, sostituisce la nozione di verità come coerenza di un’asserzione con la totalità delle altre asserzioni. Il che significa che la conoscenza non parte mai da zero, da una sorta di tabula rasa. Per illustrare questo punto, Neurath usa una metafora nautica: ” siamo come marinai che devono ristrutturare la loro nave in mare aperto e che non sono in grado perciò di ricominciare da capo “. Le proposizioni osservative non sono il punto di partenza dell’indagine, ma l’esito a cui essa perviene e servono a rispondere alla domanda se le previsioni formulate dalla teoria si sono o no avverate: ò la contraddizione con proposizioni osservative che conduce ad abbandonare la teoria stessa. In determinate condizioni, tuttavia, anche i risultati dell’osservazione empirica devono essere trascurati, se contraddicono determinate teorie generali. La scienza ò dunque un linguaggio, il quale ò una costruzione fisica, fatta di suoni e segni scritti: della sua struttura si può parlare senza contraddizioni usando i mezzi del linguaggio stesso. La più progredita tra le scienze ò la fìsica, cosicchè il linguaggio della fisica ò quello più adeguato per analizzare il linguaggio, a condizione di concentrarsi sulla sintassi, ossia sulle connessioni interne tra gli enunciati, anzichè porsi la pseudo-questione della corrispondenza tra essi e i fatti extralinguistici. In ciò consiste il cosiddetto fisicalismo di Neurath; estendendo il modello del linguaggio della fisica a tutte le scienze ò possibile perseguire l’ideale della scienza unificata. Anche la sociologia, come ogni altra scienza, non può studiare un solo tipo di oggetti, isolati dagli altri: i comportamenti umani non possono essere isolati dall’insieme degli altri fenomeni naturali e, pertanto, devono essere descritti in termini fisici, ossia mediante coordinate spazio-temporali. Allo stesso modo, anche il linguaggio scientifico non può essere isolato dal linguaggio quotidiano e dalla comunità scientifica che lo produce, sicchè le stesse teorie scientifiche risultano strettamente legate ai contesti sociali nei quali sorgono ed ò perciò illusorio pretendere da esse la purificazione totale da ogni ambiguità e una assoluta obiettività .
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- Filosofia - 1900