Homines Graeci quos antea nominavi, inique a suis civibus damnati atque expulsi,
tamen, quia bene sunt de suis civitatibus meriti, tanta hodie gloria sunt non in Graecia solum sed etiam apud nos atque in
ceteris terris, ut eos a quibus illi oppressi sint nemo nominet, horum calamitatem dominationi illorum omnes anteponant. Quis
Carthaginiensium pluris fuit Hannibale consilio, virtute, rebus gestis, qui unus cum tot imperatoribus nostris per tot annos de
imperio et de gloria decertavit? Hunc sui cives e civitate eiecerunt: nos etiam hostem litteris nostris et memoria videmus esse
celebratum. Qua re imitemur nostros Brutos, Camillos, Ahalas, Decios, Curios, Fabricios, Maximos, Scipiones, Lentulos,
Aemilios, innumerabilis alios qui hanc rem publicam stabiliuerunt; quos equidem in deorum immortalium coetu ac numero repono.
Amemus patriam, pareamus senatui, consulamus bonis; praesentis fructus neglegamus, posteritatis gloriae serviamus; id esse
optimum putemus quod erit rectissimum; speremus quae volumus, sed quod acciderit feramus; cogitemus denique corpus virorum
fortium magnorumque hominum esse mortale, animi vero motus et virtutis gloria sempiternam.
Versione tradotta
Gli uomini greci che ho nominato prima,
benchè condannati e scacciati ingiustamente dai loro concittadini, tuttavia poiché furono benemeriti delle loro città, godono
oggi di (lett.: sono oggi in) tanta gloria non solo in Grecia ma anche presso di noi e in tutte le terre che nessuno nomina
coloro dai quali essi furono perseguitati (e) tutti preferiscono la disgrazia di costoro alla dominazione di quelli. Chi tra i
Cartaginesi fu superiore ad Annibale in saggezza, valore e gesta, lunico che combattè per tanti anni contro tanti nostri
condottieri per la supremazia e per la gloria. I suoi concittadini scacciarono costui dalla città: noi invece vediamo che,
(anche se) nemico, è stato celebrato nella nostra letteratura e nella (nostra) storia. Perciò imitiamo i nostri Bruti, Camilli,
Ahala, Decii, Curii, Fabrizi, Massimi, Scipioni, Lentuli, Emilii e innumerevoli altri che hanno consolidato questo (nostro)
Stato; io, per me, li pongo nel novero e nellassemblea degli dei immortali. Amiamo la patria, obbediamo al senato, provvediamo
alle persone oneste; trascuriamo i vantaggi immediati, operiamo per la gloria presso i posteri; pensiamo che la cosa migliore
sia quella che sarà la più giusta; speriamo (che) ciò che vogliamo (si avveri), ma sopportiamo ciò che accadrà; rendiamoci
conto infine che il corpo degli uomini forti e dei grandi uomini è mortale, mentre la vita dellanima e la gloria della (loro)
virtù sono eterne (lett.: è eterna).
- Letteratura Latina
- Pro Sestio di Cicerone
- Cicerone