Paradiso: Parafrasi XII Canto - Studentville

Paradiso: Parafrasi XII Canto

Parafrasi.

Non appena la luce benedetta di San Tommaso ebbe pronunciata l’ultima parola,

la santa corona incominciò a volgersi in cerchio; e non finì di compiere un intero giro che un’altra corona di beati la

circondò, e accordò il suo moto e il suo canto al moto e al canto di quella;
in quei dolci strumenti questo canto supera

quello dei nostri poeti e delle nostre donne tanto quanto il raggio diretto supera quello riflesso.
Come attraverso una

nube leggiera e trasparente si volgono due archi (quelli dell’arcobaleno quando è doppio) paralleli e fatti degli stessi

colori, quando Giunone comanda alla sua ancella (di scendere sulla terra a portare i suoi messaggi),
e l’arco esterno si

forma (per riflessione) da quello interno, allo stesso modo in cui (dalla voce) si genera l’eco, che prende nome da colei che

l’amore consumò come il sole dissolve la nebbia,
e tali archi nel mondo rendono gli uomini sicuri che la terra non sarà mai

più allagata, per il patto stipulato da Dio con Noè, così si volgevano intorno a noi le due corone di beati, e così quella

esterna si accordò a quella interna.
Dopo che la danza e l’altra grande festa che le anime facevano con il cantare e con il

rispondersi di ciascuna luce all’altra, piene di gioia e di carità si arrestarono nello stesso istante e con la stessa concorde

volontà, proprio come le palpebre degli occhi devono necessariamente abbassarsi o sollevarsi insieme, secondo il desiderio che

determina i loro movimenti, dal profondo di una di quelle luci giunte poco prima si levò una voce, che, facendomi volgere verso

il luogo da cui proveniva, mi fece assomigliare all’ago (della bussola che si orienta) in direzione della stella polare; e

incominciò:
“Lo spirito di carità che rende più luminosa la mia bellezza mi spinge a parlare dell’altra guida (San

Domenico), per onorare la quale qui si è parlato così bene della mia (San Francesco).
E’ giusto che, dove si parla dell’

uno, si ricordi anche l’altro, in modo che, come combatterono per una stessa causa, così risplenda insieme anche la loro

gloria.
La cristianità, che Cristo, a prezzo del suo sacrificio, fornì dei mezzi adatti per combattere il peccato, seguiva

la croce con poco zelo, piena di dubbi e diminuita di numero, quando Dio, che regna per l’eternità, venne in suo soccorso,

mentre essa si trovava in pericolo, non perché ne fosse degna, ma soltanto per un atto della sua misericordia;
e come è

stato detto (da San Tommaso; cfr. canto XI, versi 31-36), portò aiuto alla Chiesa, sua sposa, con due difensori ( San Francesco

e San Domenico), per la cui opera e la cui predicazione il popolo sviato poté ravvedersi. In quella parte (la Spagna) dove il

dolce Zefiro sorge ad aprire le nuove fronde delle quali si vede rivestita l’Europa (in primavera), non molto lontano dalla

spiaggia battuta dalle onde (dell’Atlantico), dietro le quali il sole, come stanco del suo lungo percorso, talvolta ( nel

solstizio d’estate) tramonta nascondendosi ad ogni uomo, sorge la fortunata (perché patria di San Domenico) Calaruega sotto il

governo del re di Castiglia, nel cui stemma (in una parte) il leone sta sotto e (nell’altra) si trova sopra.
Li nacque il

fedele amante della fede cristiana, il santo campione benevolo verso i cristiani e implacabile verso i nemici della fede.
E

non appena la sua anima fu creata, venne a tal punto colmata di efficaci virtù, che, stando ancora nel grembo materno, diede

alla madre spirito profetico.
Dopo che furono celebrate le nozze fra lui e la fede davanti al sacro fonte battesimale, dove

entrambi si portarono in dote, reciprocamente, la salvezza, la
madrina che diede in suo nome il consenso (ad entrare nella

fede cristiana), vide in sogno il mirabile frutto che doveva derivare da lui e dai suoi seguaci.
E affinché anche nel nome

egli fosse quale era di fatto, dal cielo discese una divina ispirazione (ai genitori) perché fosse chiamato con il possessivo

di colui al quale egli tutto apparteneva.
Fu chiamato Domenico; ed io lo presento come l’agricoltore che Cristo scelse per

far fruttificare il suo orto, la Chiesa.
A buon diritto apparve nunzio e servitore di Cristo, poiché il primo amore che si

manifestò in lui, fu per la povertà, il primo precetto che diede Cristo.
Spesso fu sorpreso dalla sua nutrice mentre, tacito

e desto, stava coricato sulla terra, come se volesse dire: “Io sono venuto per questo (per vivere in umiltà e povertà)”.

O padre suo veramente Felice! o madre sua veramente Giovanna, se questo nome, inteso nel suo significato etimologico, ha il

valore che si dice!
Non per conseguire beni e onori terreni, per i quali ora ci si affanna negli studi di diritto canonico

o di medicina (a Taddeo), ma per amore della vera sapienza
divenne in breve tempo un dottissimo teologo, così che (con il

suo sapere) cominciò a girare intorno, per difenderla e coltivarla, alla vigna ( la Chiesa ) che subito inaridisce, se il

vignaiuolo (il pontefice) non adempie al suo ufficio.
E al soglio papale, il quale un tempo fu molto più generoso (di quanto

lo sia ora) verso i poveri onesti, non per colpa dell’istituzione pontificia come tale, ma per colpa del papa, che devia dal

giusto cammino, non di distribuire (ai poveri) la metà o il terzo (del denaro ad essi destinato, trattenendo per se il

rimanente),
né di ottenere le rendite del primo beneficio che rimanesse vacante, né di godere le decime, che sono destinate

ai bisogni dei poveri di Dio. chiese, bensì chiese il permesso di combattere contro gli errori del mondo cristiano in difesa di

quella fede che è il seme dal quale sono germogliate le ventiquattro piante che ti circondano
Poi sostenuto dalla dottrina e

dalla forza di volontà e dall’autorità conferitagli dal mandato del pontefice si mosse con la forza di un torrente che sgorga

da una sorgente profonda;
e il suo impeto si abbatté sulle male piante dell’eresia, più vigorosamente là (in Provenza) dove

le resistenze erano più forti.
Da lui ( paragonato prima a un torrente) si formarono poi numerosi ruscelli le cui acque

irrigarono fecondandolo l’orto della Chiesa, così che i fedeli sono (ora) più vigorosi nella fede.
Se tale fu una delle due

ruote sulle quali si resse il carro della Santa Chiesa che vinse combattendo apertamente la sua guerra civile (perché la lotta

fra eretici e fedeli avviene in seno alla Chiesa stessa),
ben ti dovrebbe essere sufficientemente chiara l’eccellenza

dell’altra ruota (San Francesco), riguardo alla quale Tommaso fu cosi cortese (facendone l’elogio) prima che io venissi ( con

la seconda corona di beati) .
Ma il solco segnato dalla parte esterna della circonferenza di questa ruota, è abbandonato,

così che dove c’era virtù e unione c’è (ora) corruzione e disunione.
Il suo ordine, che aveva seguito le orme del proprio

fondatore, si è tanto volto in direzione opposta, che cammina a ritroso.
E ben presto dal raccolto si vedrà la cattiva

coltivazione, quando il loglio con suo dolore si vedrà escluso dall’arca.
Io dico che chi esaminasse ad uno ad uno i frati

del nostro ordine, ne troverebbe ancora qualcuno fedele alle virtù francescane, nel quale potrebbe leggere “Io sono quel che un

buon francescano soleva essere”; ma quello non verrà né da Casale né da Acquasparta, da dove provengono tali interpreti della

regola francescana, che uno la fugge, e l’altro cerca di renderla più rigida. lo sono l’anima di Bonaventura da Bagnorea, che

nei grandi incarichi ( da me ricoperti) posposi sempre la cura delle cose mondane (a quella delle cose spirituali).
Si

trovano in questa corona Illuminato (da Rieti) e Agostino (d’Assisi ), che furono fra i primi seguaci di San Francesco, i

quali, cingendosi del capestro ( accettando, cioè, la regola francescana), si resero cari a Dio.
Sono qui con loro Ugo da

San Vittore, e Pietro Mangiadore e Pietro Ispano, la cui fama splende in terra grazie ai suoi dodici libri;
(si trovano

qui) il profeta Natan e il metropolita Crisostomo e Anselmo e quel Donato che si occupo della scienza grammaticale.
È qui

Rabano, e mi risplende di fianco l’abate calabrese Gioacchino, dotato di spirito profetico.
Ad emulare (celebrando le lodi

di San Domenico) un così valido paladino (San Tommaso, paladino di San Francesco) mi indusse l’ardente cortesia di frate

Tommaso e le sue assennate parole;
e mosse insieme con me gli altri spiriti: (a manifestare il loro consenso con la danza e

il canto).

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