Divus Augustus Paragrafi da 1 a 5: versioni tradotte - StudentVille

Divus Augustus, Paragrafi da 1 a 5

Paragrafo 1
Gentem Octaviam Velitris praecipuam olim fuisse multa declarant. Nam et vicus celeberrima parte oppidi iam pridem Octavius vocabatur et ostendebatur ara Octavio consecrata qui bello dux finitimo cum forte Marti rem divinam faceret nuntiata repente hostis incursione semicruda exta rapta foco prosecuit atque ita proelium ingressus victor redit. Decretum etiam publicum extabat quo cavebatur ut in posterum quoque simili modo exta Marti redderentur reliquiaeque ad Octavios referrentur.

Paragrafo 2
Ea gens a Tarquinio Prisco rege inter minores gentis adlecta in senatum mox a Servio Tullio in patricias traducta procedente tempore ad plebem se contulit ac rursus magno intervallo per Divum Iulium in patriciatum redit. Primus ex hac magistratum populi suffragio cepti C. Rufus. Is quaestorius CN. et C. procreavit a quibus duplex Octaviorum familia defluxit conditione diversa. Siquidem Gnaeus et deinceps ab eo reliqui omnes functi sunt honoribus summis. At Gaius eiusque posteri seu fortuna seu voluntate in equestri ordine constiterunt usque ad Augusti patrem. Proavus Augusti secundo Punico bello stipendia in Sicilia tribunus militum fecit Aemilio Papo imperatore. Avus municipalibus magisteriis contentus abundante patrimonio tranquillissime senuit. Sed haec alii; ipse Augustus nihil amplius quam equestri familia ortum se scribit vetere ac locuplete et in qua primus senator pater suus fuerit. M. Antonius libertinum ei proavum exprobrat restionem e pago Thurino avum argentarium. Nec quicquam ultra de paternis Augusti maioribus repperi.

Paragrafo 3
C. Octavius pater a prinipio aetatis et re et existimatione magna fuit ut equidem mirer hunc quoque a nonnullis argentarium atque etiam inter divisores operasqe compestris proditum; amplis enim innutritus opibus honores et adeptus est facile et egregie administravit. Ex praetura Macedoniam sortitus fugitivos residuam Spartaci et Catilinae manum Thurinum agrum tenentis in itinere delevit negotio sibi in senatu extra ordinem dato. Provinciae praefuit non minore iustitia quam fortitudine; namque Bessis ac Thracibus magno proelio fusis ita socios tractavit ut epistolae M. Ciceronis exstent quibus Quintum fratrem eodem tempore parum secunda fama proconsulatum Asiae administrantem hortatur et monet imitetur in promerendis sociis vicinum suum Octavium.

Paragrafo 4
Decedens Macedonia prius quam profiteri se candidatum consulatus posset mortem obiit repentinam superstitibus liberis Octavia maiore quam ex Ancharia et Octavia minore item Augusto quos ex Atia tulerat. Atia M. Atio Balbo et Iulia sorore C. Caesaris genita est. Balbus paterna stirpe Aricinus multis in familia senatoriis imaginibus a matre Magnum Pompeium artissimo contingebat gradu functusque honore praeturae inter vigintiviros agrum Campanum plebi Iulia lege divisit. Verum idem Antonius despiciens etiam maternam Augusti originem proavum eius Afri generis fuisse et modo unguentariam tabernam modo pistrinum Ariciae exercuisse obicit. Cassius quidem Parmensis quadam epistola non tantum ut pistoris sed etiam ut nummulair nepotem sic taxat Augustum: Materna tibi farinast ex crudissimo Ariciae pistrino: hanc finxit manibus collybo decoloratis Nerulonensis mensarius.

Paragrafo 5
Natus est Augustus M. Tullio Cicerone C. Antonio conss. XIIII. Kal. Octob. paulo ante solis exortum regione Palati ad Capita bubulo ubi nunc sacrarium habet aliquanto post quam excessit constitutum. Nam ut senatus actis continetur cum C. Laetorius adulscens patricii generis in deprecanda graviore adulterii poena praeter aetatem atque natales hoc quoque patribus conscriptis allegaret esse possessorem ac velut aedituum soli quod primum Divus Augustus nascens attigisset peteretque donari quasi proprio suo ac peculiari deo decretum est ut ea pars domus consecrareur.

Versione tradotta

Paragrafo 1
Molte notizie confermano che la famiglia Ottavia era stata, un tempo, la principale di Velletri. Infatti uno dei quartieri più popolosi della città già da un po’ di tempo si chiamava Ottavio e si mostrava un’ara consacrata ad un Ottavio che, quando era comandante supremo durante una guerra contro i popoli confinanti, all’annuncio di un improvviso attacco dei nemici, mentre per caso stava facendo sacrifici a Marte, tolse dal fuoco, ancora semicrude le viscere delle vittime e le tagliò a pezzi, quindi attaccò battaglia e ne ritornò vincitore. Esisteva anche un decreto ufficiale con cui si stabiliva, per il futuro, che le interiora fossero sacrificate a Marte in modo analogo e che i resti delle vittime fossero portati agli Ottavii.

 
Paragrafo 2
Questa famiglia, ammessa al Senato dal re Tarquinio Prisco tra quelle di secondo rango e poi elevata al patriziato da Servio Tullio, con il passare del tempo ritornò plebea, quindi, dopo un lungo intervallo, riconquistò la dignità patrizia grazie al divino Giulio. Il primo membro di questa famiglia che ottenne una carica con il suffragio del popolo fu C. Rufo. Costui, divenuto poi questore, generò due figli, Gneo e Caio, dai quali derivarono due rami della famiglia degli Ottavii, ciascuno con destino diverso. Infatti Gneo e, in seguito, tutti gli altri che provennero da lui, esercitarono le cariche più prestigiose, mentre Caio e i suoi discendenti, o per caso, o volontariamente, rimasero nell’ordine equestre fino al padre di Augusto. Il bisavolo di Augusto, nella seconda guerra punica, in Sicilia prestò il servizio militare in qualità di tribuno militare agli ordini di Emilio Papo.
Il nonno, limitatosi alle cariche municipali, invecchiò in completa tranquillità, con un notevole patrimonio a disposizione. Queste notizie, tuttavia, ci vengono riportate da altre fonti: Augusto in persona riferisce soltanto di provenire da una famiglia equestre, antica e facoltosa, nella quale il primo senatore fu suo padre. Marco Antonio gli rimproverava di aver avuto come bisavolo un liberto, un cordaio della contrada di Turi, e per nonno un agente di cambio.
Non ho trovato altre notizie sugli antenati paterni di Augusto.

 
Paragrafo 3
Caio Ottavio, il padre di Augusto, godette, fin dalla sua giovinezza, di un cospicuo patrimonio e di un’alta considerazione, a tal punto che mi stupisce il fatto che da alcuni sia stato tramandato che egli fosse un agente di cambio e che fosse annoverato persino tra gli operatori e i mediatori delle lotte elettorali; allevato infatti nell’agiatezza, conseguì facilmente le cariche pubbliche e le svolse in modo eccellente. Dopo la pretura, essendogli toccata in sorte la Macedonia, durante il tragitto, sbaragliò, in base ad un incarico affidatogli in via eccezionale in Senato, i resti delle bande di Spartaco e di Catilina che occupavano il territorio di Turi. Governò la provincia con giustizia non inferiore al coraggio: infatti, dopo aver messo in fuga Bessi e Traci in una grande battaglia, trattò così bene gli alleati che Cicerone, nelle lettere che ci rimangono, esorta e raccomanda a suo fratello Quinto, proprio allora proconsole scarsamente apprezzato dell’Asia, emulare il suo vicino Ottavio per meritarsi il favore dagli alleati.

 
Paragrafo 4
Mentre ritornava dalla Macedonia morì all’improvviso, prima di poter porre la sua candidatura al consolato; i figli superstiti erano Ottavia maggiore, nati da Ancaria, Ottavia minore e Augusto, che aveva avuto da Atia. Costei era figlia di M. Atio Balba e di Giulia, sorella di Cesare. Balbo, i cui avi paterni erano di Ariccia e nella cui famiglia vi erano numerosi senatori, aveva, per via di madre, uno stretto grado parentela con Pompeo Magno e, dopo aver esercitato la pretura, tra venti magistrati divise con i plebei il territorio di Capua, in virtù della legge Giulia. Ecco perché Antonio, disprezzando anche agli ascendenti materni di Augusto, gli rinfacciò che il suo proavo era di origine africana e aveva esercitato ora il mestiere di profumiere, ora quello di fornaio. Anche Cassio parmense, in una sua lettera, biasimò Augusto per il fatto di essere nipote non solo di un fornaio, ma anche di un agente di cambio con queste parole: «La tua farina materna proviene dal più grande mulino di Ariccia: l’ha impastata un cambiavalute di Nerulo con le sue mani lordate dal cambio di denaro.»

 
Paragrafo 5
Augusto nacque sotto il consolato di M. Tullio Cicerone, nove giorni prima delle Calende di ottobre, poco prima del sorgere del sole, in quella parte del Palatino chiamata «testa di bue», dove adesso si trova un santuario, costruito molto tempo dopo la sua morte. Come si trova scritto negli atti del Senato, infatti, poiché un certo C. Letorio, giovane di origine patrizia, nel tentativo di allontanare da sé una condanna di adulterio piuttosto pesante, davanti ai senatori si appellava, oltre alla sua età e alle sue origini, a questo fatto, cioè di essere il proprietario, e in un certo senso il custode, del suolo che, alla propria nascita, il divino Augusto aveva toccato per primo, e chiedeva di essere esaudito da un Dio che, per così dire, privato e personale, si stabilì che quella parte della casa fosse consacrata ad Augusto.

 

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  • Svetonio

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