Divus Iulius, Paragrafi da 11 a 15 - Studentville

Divus Iulius, Paragrafi da 11 a 15

Paragrafo 11
Conciliato populi fauore temptauit per partem tribunorum ut sibi Aegyptus prouincia plebi scito daretur nanctus extraordinarii imperii occasionem quod Alexandrini regem suum socium atque amicum a senatu appellatum expulerant resque uulgo inprobabatur. nec obtinuit aduersante optimatium factione: quorum auctoritatem ut quibus posset modis in uicem deminueret tropaea Gai Mari de Iugurtha deque Cimbris atque Teutonis olim a Sulla disiecta restituit atque in exercenda de sicaris quaestione eos quoque sicariorum numero habuit qui proscriptione ob relata ciuium Romanorum capita pecunias ex aerario acceperant quamquam exceptos Cornelis legibus.

Paragrafo 12
Subornauit etiam qui Gaio Rabirio perduellionis diem diceret quo praecipuo adiutore aliquot ante annos Luci Saturnini seditiosum tribunatum senatus coercuerat ac sorte iudex in reum ductus tam cupide condemnauit ut ad populum prouocanti nihil aeque ac iudicis acerbitas profuerit.

Paragrafo 13
Deposita prouinciae spe pontificatum maximum petit non sine profusissima largitione; in qua reputans magnitudinem aeris alieni cum mane ad comitia descenderet praedixisse matri osculanti fertur domum se nisi pontificem non reuersurum. atque ita potentissimos duos competitores multumque et aetate et dignitate antecedentes superauit ut plura ipse in eorum tribubus suffragia quam uterque in omnibus tulerit.

Paragrafo 14
Praetor creatus detecta coniuratione Catilinae senatuque uniuerso in socios facinoris ultimam statuente poenam solus municipatim diuidendos custodiendosque publicatis bonis censuit. quin et tantum metum iniecit asperiora suadentibus identidem ostentans quanta eos in posterum a plebe Romana maneret inuidia ut Decimum Silanum consulem designatum non piguerit sententiam suam quia mutare turpe erat interpretatione lenire uelut grauius atque ipse sensisset exceptam. obtinuisset adeo transductis iam ad se pluribus et in his Cicerone consulis fratre nisi labantem ordinem confirmasset M. Catonis oratio. ac ne sic quidem impedire rem destitit quoad manus equitum Romanorum quae armata praesidii causa circumstabat inmoderatius perseueranti necem comminata est etiam strictos gladios usque eo intentans ut sedentem una proximi deseruerint uix pauci complexu togaque obiecta protexerint. tunc plane deterritus non modo cessit sed et in reliquum anni tempus curia abstinuit.

Paragrafo 15
Primo praeturae die Quintum Catulum de refectione Capitoli ad disquisitionem populi uocauit rogatione promulgata qua curationem eam in alium transferebat; uerum impar optimatium conspirationi quos relicto statim nouorum consulum officio frequentes obstinatosque ad resistendum concucurrisse cernebat hanc quidem actionem deposuit.

Versione tradotta

Paragrafo 11
Guadagnatosi il favore del popolo, grazie ad alcuni tribuni brigò per farsi assegnare, attraverso un plebiscito, la provincia dell'Egitto, avendo ottenuto là l'occasione del comando straordinario, perché gli abitanti di Alessandria avevano scacciato il loro re, che il Senato aveva dichiarato amico e alleato. L'atto di rivolta era stato disapprovato a Roma. Tuttavia, per l'opposizione degli ottimati, non ottenne lo scopo; allora, per ridurre in qualunque modo possibile la loro reciproca influenza, ripristinò i trofei delle vittorie di Mario su Giugurta, sui Cimbri e sui Teutoni, a suo tempo rimossi da Silla e, nel trattare poi la questione dei sicari, considerò tali anche coloro che, durante il periodo delle proscrizioni, avevano ricevuto denari dall'erario per il fatto di essere stati delatori di alcuni cittadini romani, nonostante le eccezioni previste dalle leggi Cornelie.

Paragrafo 12
Convinse anche qualcuno a trascinare in giudizio Gaio Rubinio per alto tradimento, grazie al cui aiuto, infatti, il Senato, alcuni anni prima, aveva represso un tentativo di sedizione del tribuno Lucio Saturnino. Sorteggiato come giudice del colpevole, lo condannò con tale impegno che a Rubinio, appellatosi al popolo, giovò proprio la severità del suo giudice.
Paragrafo 13
Dopo aver abbandonato la speranza di avere il comando di una provincia, cercò di ottenere la carica di pontefice massimo, non senza abbondanti elargizioni di denaro. Così, pensando all'enormità dei suoi debiti, si narra che, avviandosi alle elezioni di mattina, abbia detto alla madre che lo baciava che non sarebbe tornato a casa se non con la carica di pontefice. E superò due competitori molto potenti, che lo superavano sia per età, sia per dignità, cosicché ottenne più voti nelle loro tribù che ciascuno dei due in tutte le altre messe insieme.

Paragrafo 14
Una volta eletto pretore, dopo che fu scoperta la congiura di Catilina e mentre unanime il Senato decretava la pena di morte per i congiurati, soltanto lui sostenne che si doveva imprigionarli separatamente nelle città municipali e confiscare i loro averi. Continuando a mostrare che il popolo romano avrebbe in seguito provato invidia nei loro confronti, gettò un così grande panico tra i fautori della severità ad oltranza, che il console designato Decimo Silano non si vergognò di dare un'interpretazione più addolcita della sua sentenza, proprio perché sarebbe stato vergognoso cambiarla, dicendo che era stata presa in un senso più rigoroso di quanto egli stesso avesse inteso. Cesare avrebbe ottenuto lo scopo perché erano già passati dalla sua parte moltissimi senatori, tra i quali anche Cicerone, il fratello del console, se il discorso di M. Catone non avesse convinto il Senato indeciso. Anche allora, tuttavia, egli non rinunciò alla sua opposizione, finché una schiera di cavalieri romani che se ne stava in armi attorno alla curia per sorvegliare, lo minacciò di morte, poiché insisteva eccessivamente, puntando contro di lui le spade sguainate a tal punto che coloro che gli erano seduti insieme vicino si allontanarono e a stento alcuni amici riuscirono a proteggerlo, con un abbraccio e dopo aver gettato davanti la toga.
Veramente spaventato, questa volta, non solo desistette, ma per il resto dell'anno disertò il Senato.

Paragrafo 15
Il primo giorno della sua pretura citò davanti al popolo Quinto Catulo per un'inchiesta sulla ricostruzione del Campidoglio, dopo aver presentato nello stesso tempo un progetto di legge in base al quale affidava ad un altro l'appalto di quei lavori; troppo debole, però, di fronte alla coalizione degli ottimati, che, abbandonato il servizio d'onore verso i nuovi consoli, egli vedeva correre numerosi e decisi a resistere alle sue intenzioni, egli abbandonò anche questo proposito.

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