Paragrafo 11
Hoc bello cum Hirtius in acie Pansa paulo post ex vulnere perissent rumor increbruit ambos opera eius occisos ut Antonio fugato re publica consulibus orbata solus victores exercitus occuparet. Pansae quidem adeo suspecta mors fuit ut Glyco medicus custoditus sit quasi venenum vulneri indidisset. Adicit his Aquilius Niger alterum e consulibus Hirtium in pugnae tumultu ab ipso interemptum.
Paragrafo 12
Sed ut cognovit Antonium post fugam a M. Lepido receptum ceterosque duces et exercitus consentire pro patribus causam optimatium sine cunctatione deseruit ad praetextum mutatae voluntatis dicta factaque quorundam calumniatus quasi alii se puerum alii ornandum tolendumque iactassent ne aut sibi aut veteranis par gratia referretur. Et quo magis paenitentiam prioris sectae approbaret Nursinos grandi pecunia et quam pendere nequirent multatos extorres oppido egit quod Mutinensi acie interemptorum civium tumulo publice extructo ascripserant pro libertate eos occubuisse.
Paragrafo 13
Inita cum Antonio et Lepido societate Philippense quoque bellum quamquam invalidus atque aeger duplici proelio transegit quorum priore castris exutus vix ad Antoni cornu fuga evaserat. Nec successum victoriae moderatus est sed capite Bruti Romam misso ut statuae Caesaris subiceretur in splendidissimum quemque captivum non sine verborum contumelia saeviit; ut quidem uni suppliciter sepulturam precanti respondisse dicatur iam istam volucrum fore potestatem; alios patrem et filium pro vita rogantis sortiri vel micare iussisse ut alterutri concederetur ac spectasse utrumque morientem cum patre quia se optulerat occiso filius quoque voluntariam occubuisset necem. Quare ceteri in his M. Favionius ille Catonis aemulus cum catenati producerentur imperatore Antonio honorifice salutato hunc foedissimo convitio coram prosciderunt. Partitis post victoriam officiis cum Antonius Orientem ordinandum ipse veteranos in Italiam reducendos et municipalibus agris conlocandos recepisset neque veteranorum neque possessorum gratiam tenuit alteris pelli se alteris non pro spe meritorum tractari querentibus.
Paragrafo 14
Quo tempore L. Antonium fiducia consulatus quem gerebat ac fraternae potentiae res novas molientem confugere Perusiam coegit et ad deditionem fame compulit non tamen sine magnis suis et ante bellum et in bello discriminibus. Nam cum spectaculo ludorum gregarium militem in quattuordecim ordinibus sedentem excitari per apparitorem iussisset rumore ab obtrectatoribus dilato quasi eundem mox et discruciatum necasset minimum afuit quin periret concursu et indignatione turbae militaris. Saluti fuit quod qui desiderabatur repente comparuit incolumnis ac sine iniuria. Circa Perusinum autem murum sacrificans paene interceptus est a manu gladiatorum quae oppido eruperat.
Paragrafo 15
Perusia capta in plurimos animadvertit orare veniam vel excusare se conantibus una voce occurrens moriendum esse. Scribunt quidam trecentos ex dediticiis electos utriusque ordinis ad aram Divo Iulio extructam Idibus Martiis hostiarum more mactatos. Extiterunt qui traderent conpecto eum ad arma isse ut occulti adversarii et quos metus magis quam voluntas contineret facultate L. Antoni ducis praebita detegerentur divictisque is et confiscatis promissa veteranis praemia perolverentur.
Versione tradotta
Durante questa guerra poiché erano morti Irzio in battaglia e Pansa poco dopo, in seguito ad una ferita, si sparse la voce che entrambi fossero stati uccisi per opera sua, in modo che, una volta messo in fuga Antonio e privato lo Stato dei suoi due consoli, fosse lunico a comandare gli eserciti vincitori. Ad ogni modo la morte di Pansa risultò talmente sospetta che il suo medico Glicone fu incarcerato con l'accusa di aver applicato alla ferita il veleno. Aquilio Nigro aggiunge che nella confusione della battaglia l'altro console Irzio fu ucciso dallo stesso Augusto.
Quando però venne a sapere che Antonio, dopo la fuga, era stato accolto da M. Lepido e che gli altri comandanti e i loro eserciti erano daccordo con i senatori, senza indugio abbandonò la causa degli ottimati, avendo rimproverato parole e atti ad alcuni di loro, come pretesto di questo mutamento di volontà, giacché lo avevano chiamato ragazzo e avevano detto che bisognava coprirlo di fiori ed esaltarlo, e tutto questo per non attribuire, né a lui, né ai suoi veterani, simile riconoscenza. E per dimostrare il pentimento di essersi imbarcato precedentemente con loro, dopo aver inflitto agli abitanti di Norcia una notevole multa, che non potevano pagare, per aver innalzato a spese pubbliche in onore dei cittadini caduti davanti a Modena una statua, che recava questa iscrizione: «Essi morirono per la libertà», li cacciò dalla loro città.
Dopo aver stretto un'alleanza con Antonio e con Lepido, portò a termine anche la guerra di Filippi, benché debole e ammalato, in due battaglie: nella prima di queste, privato del suo accampamento, a fatica si era rifugiato presso il lato dell'esercito comandato da Antonio. Non pose limiti al successo della vittoria, ma, inviata a Roma la testa di Bruto affinché fosse gettata ai piedi della statua di Cesare, si infuriò contro tutti i prigionieri più illustri, non senza offese verbali; così, ad uno che supplicava la sepoltura, si dice che abbia risposto che ciò sarebbe stato prerogativa degli uccelli. Ad altri due prigionieri, padre e figlio, che chiedevano di aver salva la vita, egli ordinò di tirare a sorte o giocare alla morra per sapere a quale dei due si dovesse concedere la grazia, poi li osservò entrambi mentre morivano, dato che il padre, poiché si era offerto, fu ucciso da lui stesso e il figlio, a sua volta, si diede la morte volontariamente. Perciò tutti gli altri prigionieri, tra i quali il celebre M. Favonio, l'emulo di Catone, quando furono condotti al supplizio, in catene, dopo aver salutato rispettosamente Antonio con il titolo di generale, apertamente rivolsero ad Augusto i più sanguinosi insulti. Suddivisi gli incarichi dopo la vittoria, poiché Antonio aveva ricevuto il compito di sistemare gli affari di Oriente e Augusto quello di ricondurre le legioni in Italia e di collocare i soldati su terre municipali, non riuscì a mantenere il favore sia dei veterani, sia dei proprietari terrieri, perché gli uni si lamentavano di subire espropri, gli altri di non essere trattati secondo la speranza dei propri meriti.
In quel periodo, poiché L. Antonio, confidando nella carica di console che esercitava, e nella potenza di suo fratello, stava fomentando una rivoluzione, Augusto lo costrinse a rifugiarsi a Perugia e lì lo obbligò alla resa per fame, tuttavia non senza gravi pericoli, sia prima, sia durante la guerra. Infatti, dopo aver ordinato di allontanare, durante uno spettacolo di giochi, da uno dei suoi servitori pubblici, un semplice soldato seduto su uno dei quattordici gradini riservati ai cavalieri e dopo che dai suoi denigratori era stata sparsa la voce che poco dopo aveva torturato e fatto uccidere questo soldato, poco mancò che morisse per laccorrere di una folla di soldati, pieni di indignazione. Fu salvato dal fatto che allimprovviso comparve colui che si rimpiangeva, ben vivo e senza segni di violenza. Poi, sotto le mura di Perugia, mentre stava facendo un sacrificio, per poco non fu ucciso da un gruppo di gladiatori che dalla città erano balzati allattacco.
Dopo la conquista di Perugia, prese provvedimenti contro moltissimi prigionieri, replicando con una sola risposta a coloro che chiedevano la grazia e cercavano di essere perdonati: «Bisogna morire.» Alcuni scrivono che, fra coloro che si erano arresi, ne scelse trecento dei due ordini e li sacrificò come vittime per le Idi di marzo, davanti ad un altare eretto in onore del divino Giulio.
Vi furono alcuni che tramandarono che egli aveva preso le armi d'accordo con Antonio, affinché venissero scoperti sia gli avversari segreti, sia coloro che erano trattenuti più dalla paura che dalla volontà, non appena fosse loro offerta la possibilità di riunirsi al comandante L. Antonio e affinché, dopo averli sconfitti e aver confiscato i loro beni, venissero pagati i premi che erano stati promessi ai veterani.
- Letteratura Latina
- Divus Augustus di Svetonio
- Svetonio