Divus Iulius, Paragrafi da 57 a 60 - Studentville

Divus Iulius, Paragrafi da 57 a 60

Paragrafo 57
Armorum et equitandi peritissimus laboris ultra fidem patiens erat. in agmine nonnumquam equo saepius pedibus anteibat capite detecto seu sol seu imber esset; longissimas uias incredibili celeritate confecit expeditus meritoria raeda centena passuum milia in singulos dies; si flumina morarentur nando traiciens uel innixus inflatis utribus ut persaepe nuntios de se praeuenerit.

Paragrafo 58
In obeundis expeditionibus dubium cautior an audentior exercitum neque per insidiosa itinera duxit umquam nisi perspeculatus locorum situs neque in Britanniam transuexit nisi ante per se portus et nauigationem et accessum ad insulam explorasset. at idem obsessione castrorum in Germania nuntiata per stationes hostium Gallico habitu penetrauit ad suos. a Brundisio Dyrrachium inter oppositas classes hieme transmisit cessantibusque copiis quas subsequi iusserat cum ad accersendas frustra saepe misisset nouissime ipse clam noctu paruulum nauigium solus obuoluto capite conscendit neque aut quis esset ante detexit aut gubernatorem cedere aduersae tempestati passus est quam paene obrutus fluctibus.

Paragrafo 59
Ne religione quidem ulla a quoquam incepto absterritus umquam uel retardatus est. cum immolanti aufugisset hostia profectionem aduersus Scipionem et Iubam non distulit. prolapsus etiam in egressu nauis uerso ad melius omine: ‘teneo te’ inquit ‘Africa.’ ad eludendas autem uaticinationes quibus felix et inuictum in ea prouincia fataliter Scipionum nomen ferebatur despectissimum quendam ex Corneliorum genere cui ad opprobrium uitae Saluitoni cognomen erat in castris secum habuit.

Paragrafo 60
Proelia non tantum destinato sed ex occasione sumebat ac saepe ab itinere statim interdum spurcissimis tempestatibus cum minime quis moturum putaret; nec nisi tempore extremo ad dimicandum cunctatior factus est quo saepius uicisset hoc minus experiendos casus opinans nihilque se tantum adquisiturum uictoria quantum [ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ] hostem fudit quin castris quoque exueret: ita [ut] nullum spatium perterritis dabat. ancipiti proelio equos dimittebat et in primis suum quo maior permanendi necessitas imponeretur auxilio fugae erepto.

Versione tradotta

Paragrafo 57
Era abilissimo nell'uso delle armi e nell'equitazione e sopportava incredibilmente la fatica. In marcia precedeva i suoi uomini talvolta a cavallo, ma più spesso a piedi, con il capo scoperto, sia che ci fosse il sole sia che piovesse. Con straordinaria rapidità compì lunghissimi percorsi, senza bagaglio, con un carro da nolo, coprendo la distanza di centomila passi ogni giorno; se i fiumi lo ostacolavano, li attraversava a nuoto o galleggiando su otri gonfiati, cosicché molto spesso arrivava prima di quelli che avevano il compito di annunciare il suo arrivo.
Paragrafo 58
Nell’affrontare le spedizioni non si sa se fosse più prudente o audace: non condusse mai il suo esercito attraverso percorsi insidiosi, se non aveva osservato bene la natura del terreno e non lo trasportò in Britannia senza aver prima esplorato personalmente i porti, la rotta di navigazione e i possibili approdi sull'isola. Tuttavia, quando fu annunciato l’assedio dei suoi accampamenti in Germania, egli, attraverso le postazioni dei nemici, con l’abbigliamento tipico dei Galli, riuscì a giungere presso i propri soldati. In pieno inverno da Brindisi passò a Durazzo, in mezzo alle flotte nemiche e, poiché le truppe, cui aveva ordinato di seguirlo, non si muovevano, alla fine egli stesso, da solo, dopo aver mandato a dire più volte di farle arrivare, di notte, in gran segreto, salì su una imbarcazione molto piccola, con il capo coperto, e non si svelò la propria identità né permise al pilota di arrendersi alla tempesta prima di essere quasi travolto dai flutti.
Paragrafo 59
Neppure per qualche scrupolo religioso mai abbandonò o rallentò una sola delle imprese.
Quando una vittima gli scappò di mano proprio mentre stava per sacrificarla, non rinviò la propria partenza (della spedizione) contro Scipione e Giuba. Inoltre, scivolato durante la partenza della nave, avendo volto il presagio in senso più favorevole, gridò: «Africa, io ti occupo.» Però, al fine di eludere le predizioni, secondo le quali si diceva che in quella provincia, per volontà del destino, il nome degli Scipioni era fortunato e invincibile, tenne presso di sé, nell'accampamento un membro assai spregevole della famiglia dei Cornelii che, in seguito all'infamia della sua condotta, era stato soprannominato «Salvitone».
Paragrafo 60
60. Attaccava battaglia non tanto ad un'ora stabilita, ma secondo l'occasione e spesso subito dopo la marcia, talvolta nelle peggiori condizioni di tempo, quando nessuno credeva che si sarebbe mosso. Soltanto negli ultimi tempi diventò più esitante a combattere, pensando che, quanto più spesso aveva vinto, tanto meno doveva esporsi alle occasioni e che grazie a una vittoria non avrebbe guadagnato più di quanto [avrebbe potuto togliergli una sconfitta]. Non mise mai in fuga il nemico, senza che lo privasse anche dell’ accampamento: così [che] non dava alcuna possibilità di a quelli che già erano molto spaventati. Se la battaglia era incerta, faceva allontanare i cavalli, in primo luogo il suo, al fine di imporre una maggiore necessità di resistere, poiché aveva sottratto le risorse della fuga.

  • Letteratura Latina
  • Divus Iulius di Svetonio
  • Svetonio

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