Paragrafo 6
Nutrimentorum eius ostenditur adhuc locus in avito suburbano iuxta Velitras permodicus et cellae penuariae instar tenetque vicinitatem opinio tamquam et natus ibi sit. Huc introire nisi necessario et caste religio est concepta opinione veteri quasi temere adeuntibus horror quidam et metus obiciatur sed et mox confirmata. Nam cum possessor villae novus seu forte seu temptandi causa cubitum se eo contulisset evenit ut post paucissimas noctis horas exturbatus inde subita vi et incerta paene semianimis cum strato simul ante fores inveniretur.
Paragrafo 7
Infanti cognomen Thurino inditum est in memoriam maiorum originis vel quod regione Thurina recens eo nato pater Octavius adversus fugitivos rem prospere gesserate. Thurinum cognominatum satis certa probatione tradiderim nactus puerilem imagunculam eius aeream veterem ferreis et paene iam exolescentibus litteris hoc nomine inscriptam quae dono a me principi data inter cubiculi Lares colitur. Sed et a M. Antonio in epistolis per contumeliam saepe Thurinus appellatur et ipse nihil amplius quam mirari se rescribit pro obprobio sibi prius nomen obici. Postea Gai Caesaris et deinde Augusti cognomen assumpsit alterum testamento maioris avunculi alterum Munati Planci sententia cum quibusdam censentibus Romulum appellari oportere quasi et ipsum conditorem urbis praevaluisset ut Augustus potius vocaretur non tantum novo sed etiam ampliore cognomine quod loca quoque religiosa et in quibus augurato quid consecratur augusta dicantur ab auctu vel abu avium gestu gustuve sicut etiam Ennius docet scribens: Augusto augurio postquam inclita condita Roma est.
Paragrafo 8
Quadrimus patrem amisit. Duodecimum annum agens aviam Iuliam defunctam pro contione laudavit. Quadriennio post virili toga sumpta militaribus donis triumpho Caesaris Africano donatus est quanquam expers belli propter aetatem. Profectum mox avunculum in Hispanias adversus CN. Pompei liberos vixdum firmus a gravi valitudine per infestas hostibus vias paucissimis comitibus naufragio etiam facto subsecutus magnopere demeruit approbata cito etiam morum indole super itineris industriam. Caesare post receptas Hispanias expeditionem in Dacos et inde in Parthos destinante praemissus Apolloniam studiis vacavit. Utque primum occisum eum heredemque se comperit diu cunctatus an proximas legiones imploraret id quidem consilium ut praeceps inmaturumque omisit ceterum urbe repetita hereitatem adiit dubitante matre vitrico vero Marcio Philippo consulari multum dissuadente. Atque ab eo tempore exercitibus comparatis primum cum M. Antonio M. que Lepido deinde tantum cum Antonio per duodecim fere annos novissime per quattuor et quadraginta solus rem publicam tenuit.
Paragrafo 9
Proposita vitae eius velut summa partes singillatim neque per tempora sed per species exsequar quo distinctius demonstrari cognoscique possint. Bella civilia quinque gessit: Mutinense Philippense Perusinum Siculum Actiacum; e quibus primum ac novissimum adversus M. Antonium secundum adversus Brutum et Cassium tertium adversus L. Antonium triumviri fratrem quartum adversus Sextum Pomeium CN. F.
Paragrafo 10
Omnium bellorum initium et causam hinc sumpsit: nihil convenientius ducens quam necem avunculi vindicare tuerique acta confestim ut Apollonia rediit Brutum Cassiumque et vi necopinantis et (quia provisum periculum subterfugerat) legibus adgredi reosque caedia absenis deferre statuit. Ludos autem victoriae Caesaris non audentibus facere quibus optigerat id munus ipse edidit. Et quo constantius cetera qoque exequeretur in locum TR. PL. forte demortui candidatum se ostendit quanquam patricius necdum senator. Sed adversante conatibus suis M. Antonio consule quem vel praecipuum adiutorem speraverat ac ne publicum quidem et tralaticium ius ulla in re sibi sine pactione gravissimae mercedis impertiente ad optimates se contulit quibus eum invisum sentiebat maxime quod D. Brutum obsessum Mutinae provincia a Caesare data et per senatum confirmata expellere armis niteretur. Hortantibus itaque nonullis percussores ei subornavit ac fraude deprehensa periculum in vicem metuens veteranos simul in suum ac rei publicae auxilium quanta potuit largitione contraxit; iussusque comparato exercituii pro praetore praeesse et cum Hirtio ac Pansa qui consulatum susceperant D. Bruto opem ferre demandatum bellum tertio mense confecit duobus proeliis. Priore Antonius fugisse eum scribit ac sine paludamento equoque post biduum demum apparuisse sequenti satis constat non modo ducis sed etiam militis functum munere atque in media dimicatione aquilifero legionis suae graviter saucio aquilam umeris subisse diuque portasse.
Versione tradotta
Tuttora viene indicata la dimora dove fu allevato, in una zona suburbana di Velletri, modesta e molto simile ad una dispensa; la gente del luogo ritiene che egli sia anche nato lì. Vi è quasi uno scrupolo religioso ad accedervi senza necessità e senza devozione, dal momento che è sorta la credenza che l'orrore e la paura respingano coloro che la visitano in modo irriverente, credenza che fu confermata poco dopo. Avvenne infatti che un nuovo proprietario di questa casa, dopo essersi sistemato lì per dormire, sia per caso, sia per arroganza, svegliato dopo poche ore in piena notte da una forza improvvisa e sconosciuta, fu trovato quasi esanime insieme con il suo letto, davanti alla porta.
Da fanciullo gli fu dato il soprannome di Turino, sia in ricordo dell'origine dei suoi antenati, sia perché proprio nella zona di Turi, poco dopo la sua nascita, suo padre Ottavio aveva combattuto con esito favorevole contro schiavi fuggitivi. Potrei dimostrare con una prova abbastanza certa che fu soprannominato Turino, avendo scoperto un'antica statuetta di bronzo, che lo rappresenta fanciullo, sulla quale è inciso in lettere di ferro, quasi cancellate ormai, questo soprannome: la statuetta, donata da me all'imperatore, allinterno della sua camera da letto è venerata tra gli dei Lari. Ma anche da M. Antonio, nelle sue lettere, viene chiamato spesso, con disprezzo, Turino e Ottavio stesso gli risponde soltanto di meravigliarsi che gli venga gettato addosso come un insulto il suo primo appellativo. In seguito egli prese il nome di Gaio Cesare e poi il soprannome di Augusto, il primo in base al testamento del suo prozio, il secondo su mozione di Munazio Planco, dato che, nonostante alcuni fossero del parere che dovesse essere chiamato Romolo, come se fosse anche lui fondatore della città, prevalse piuttosto il soprannome di Augusto, non solo perché nuovo, ma anche perché più grandioso, derivante o da «auctus» o da «avium gestus» o da «gustus». Con questo appellativo sono chiamati anche i luoghi santificati dalla tradizione religiosa nei quali qualunque cosa veniva sacrificato, dopo aver preso gli auspici, come informa anche Ennio che scrive: «Dopo che l'illustre Roma fu fondata sotto auspici propizi.»
A quattro anni perse il padre. A dodici anni compiuti pronunciò l'elogio funebre per sua nonna Giulia davanti all'assemblea. Quattro anni più tardi, indossata la toga virile, fu ricompensato con doni militari, in occasione del trionfo di Cesare in Africa, sebbene non avesse partecipato alla guerra, a causa dell'età. Poco dopo, appena si riprese da una grave malattia, seguì suo zio che era partito per la Spagna contro i figli di Pompeo, attraverso strade infestate da nemici, con pochissimi compagni e persino dopo aver fatto naufragio, si conquistò grande benevolenza, essendo stato riconosciuta ben presto anche la sua inclinazione alla moralità, oltre allimpegno richiesto dal suo viaggio. Dopo la sottomissione della Spagna, poiché Cesare progettava una spedizione prima contro i Daci, poi contro i Parti, egli fu mandato avanti ad Apollonia e lì si dedicò agli studi. Non appena seppe che Cesare era stato ucciso e che era stato nominato suo erede, a lungo indeciso se chiamare in aiuto le legioni vicine, rinunciò a tale impresa considerandola avventata e prematura; poi, ritornato a Roma, entrò in possesso della sua eredità, nonostante lesitazione di sua madre e la tenace opposizione del patrigno Marcio Filippo, ex console.
Da quel momento, dopo essersi procurato corpi darmata, governò lo Stato prima insieme a Marco Antonio e Marco Lepido, poi, per circa 12 anni, con il solo Antonio e infine, per 44 anni, da solo.
Dopo aver quasi anticipato una sorta di riassunto della sua vita, ora esaminerò le singole parti, non già secondo un ordine cronologico, ma in base alle categorie, affinché si possano esporre e conoscere con maggiore precisione. Augusto combatté cinque guerre Civili: a Modena, a Filippi, a Perugia, in Sicilia e ad Azio. La prima e l'ultima contro Marco Antonio, la seconda contro Bruto e Cassio, la terza contro L. Antonio, fratello del triumviro, la quarta contro Sesto Pompeo, figlio di Cneo.
Da ciò egli prese la causa iniziale di tutte queste guerre: ritenendo che nulla fosse più importante che vendicare luccisione di suo zio e di difenderne l'operato, subito, non appena ritornò da Apollonia, decise di perseguire Bruto e Cassio, che non se lo aspettavano, sia con la violenza sia con le leggi, dal momento che essi, avendo previsto il pericolo, si misero in salvo fuggendo, e di farli condannare, in contumacia, colpevoli di assassinio. Inoltre, dato che i magistrati, ai quali era stato dato tale incarico, non osavano celebrare i Ludi per la vittoria di Cesare, personalmente li proclamò. Poi, affinché venissero realizzati con maggior sicurezza anche gli altri suoi progetti, nonostante fosse patrizio e non ancora senatore, si presentò come candidato al posto di un tribuno della plebe, che era morto da poco. Ma poiché il console M. Antonio, che aveva sperato fosse il suo principale sostenitore, si opponeva ai suoi tentativi e pretendeva di sottometterlo in ogni aspetto al diritto comune e alle regole stabilite a meno che non gli fosse garantita da lui una grossa ricompensa, passò dalla parte degli ottimati: avvertiva che Antonio era odioso a costoro, soprattutto perché si sforzava di allontanare D. Bruto, dopo averlo assediato a Modena, con le armi da una provincia concessa da Cesare e poi confermata dal Senato. E così, su consiglio di alcuni di questi ottimati, gli aizzò contro dei sicari, ma, una volta scoperto linganno, credendosi a sua volta in pericolo, radunò i veterani, con le più copiose largizioni possibili, per aiutare lui e lo Stato. Poi, ricevuto l'ordine di porsi, come propretore, al comando dell'esercito già allestito, e di portare aiuto a D. Bruto, insieme con Irzio e con Pansa, allora nominati consoli, in tre mesi, con due battaglie, terminò la guerra che gli era stata affidata. Antonio scrive che nella prima battaglia egli fuggì e ricomparve soltanto due giorni dopo, senza il suo mantello di comandante e senza il suo cavallo, ma risulta abbastanza chiaro che nella seconda svolse il suo dovere non solo di condottiero, ma anche di soldato e per giunta, nel mezzo della lotta, dato che il portainsegne della sua legione era gravemente ferito, si caricò l insegna dell aquila sulle spalle e la trasportò a lungo.
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