Paragrafo 7
Virili toga sumpta adulescentiam omnem spatiumque insequentis aetatis usque ad principatus initia per haec fere transegit. Munus gladiatorium in memoriam patris et alterum in aui Drusi dedit diuersis temporibus ac locis primum in foro secundum in amphitheatro rudiaris quoque quibusdam reuocatis auctoramento centenum milium; dedit et ludos sed absens: cuncta magnifice inpensa matris ac uitrici. Agrippinam Marco Agrippa genitam neptem Caecili Attici equitis R. ad quem sunt Ciceronis epistulae duxit uxorem; sublatoque ex ea filio Druso quanquam bene conuenientem rursusque grauidam dimittere ac Iuliam Augusti filiam confestim coactus est ducere non sine magno angore animi cum et Agrippinae consuetudine teneretur et Iuliae mores improbaret ut quam sensisset sui quoque sub priore marito appetentem quod sane etiam uulgo existimabatur. Sed Agrippinam et abegisse post diuortium doluit et semel omnino ex occursu uisam adeo contentis et [t]umentibus oculis prosecutus est ut custoditum sit ne umquam in conspectum ei posthac ueniret. cum Iulia primo concorditer et amore mutuo uixit mox dissedit et aliquanto grauius ut etiam perpetuo secubaret intercepto communis fili pignore qui Aquileiae natus infans extinctus est. Drusum fratrem in Germania amisit cuius corpus pedibus toto itinere praegrediens Romam usque peruexit.
Paragrafo 8
Ciuilium officiorum rudimentis regem Archelaum Trallianos et Thessalos uaria quosque de causa Augusto cognoscente defendit; pro Laodicenis Thyatirenis Chiis terrae motu afflictis opemque implorantibus senatum deprecatus est; Fannium Caepionem qui cum Varrone Murena in Augustum conspirauerat reum maiestatis apud iudices fecit et condemnauit. interque haec duplicem curam administrauit annonae quae artior inciderat et repurgandorum tota Italia ergastulorum quorum domini in inuidiam uenerant quasi exceptos supprimerent non solum uiatores sed et quos sacramenti metus ad eius modi latebras compulisset.
Paragrafo 9
Stipendia prima expeditione Cantabrica tribunus militum fecit dein ducto ad Orientem exercitu regnum Armeniae Tigrani restituit ac pro tribunali diadema imposuit. recepit et signa quae M. Crasso ademerant Parthi. Post hoc Comatam Galliam anno fere rexit et barbarorum incursionibus et principum discordia inquietam. Exin Raeticum Vindelicumque bellum inde Pannonicum inde Germanicum gessit. Raetico atque Vindelico gentis Alpinas Pannonico Breucos et Dalmatas subegit Germanico quadraginta milia dediticiorum traiecit in Galliam iuxtaque ripam Rheni sedibus adsignatis conlocauit. Quas ob res et ouans et curru urbem ingressus est prius ut quidam putant triumphalibus ornamentis honoratus nouo nec antea cuiquam tributo genere honoris. Magistratus et maturius incohauit et paene iunctim percucurrit quaesturam praeturam consulatum; interpositoque tempore consul iterum etiam tribuniciam potestatem in quinquennium accepit.
Paragrafo 10
Tot prosperis confluentibus integra aetate ac ualitudine statuit repente secedere seque e medio quam longissime amouere: dubium uxorisne taedio quam neque criminari aut dimittere auderet neque ultra perferre posset an ut uitato assiduitatis fastidio auctoritatem absentia tueretur atque etiam augeret si quando indiguisset sui res p. Quidam existimant adultis iam Augusti liberis loco et quasi possessione usurpati a se diu secundi gradus sponte cessisse exemplo M. Agrippae qui M. Marcello ad munera publica admoto Mytilenas abierit ne aut obstare aut obtrectare praesens uideretur. Quam causam et ipse sed postea reddidit. Tunc autem honorum satietatem ac requiem laborum praetendens commeatum petit; neque aut matri suppliciter precanti aut uitrico deseri se etiam in senatu conquerenti ueniam dedit. Quin et pertinacius retinentibus cibo per quadriduum abstinuit. Facta tandem abeundi potestate relictis Romae uxore et filio confestim Ostiam descendit ne uerbo quidem cuiquam prosequentium reddito paucosque admodum in digressu exosculatus.
Versione tradotta
Dopo aver indossato la toga virile, trascorse tutta la sua adolescenza e il periodo successivo della vita, fino all'inizio del principato, più o meno in questo modo. Allestì un combattimento di gladiatori in memoria di suo padre e un altro in ricordo di suo nonno Druso, in circostanze e luoghi differenti, il primo nel foro, il secondo nell'anfiteatro, avendo richiamato alcuni gladiatori già congedati con un premio di centomila sesterzi; organizzò anche dei giochi, pur non essendo presente, tutti in modo sontuoso e allestiti a spese di sua madre o del suo patrigno. Sposò Agrippina, figlia di Marco Agrippa e nipote di Cecilio Attico, cavaliere romano, al quale sono indirizzate le lettere di Cicerone; dopo aver avuto un figlio da lei, Druso, fu costretto, nonostante lei andasse perfettamente daccordo con lui e sebbene fosse di nuovo incinta, a divorziare da lei e a sposare subito Giulia, la figlia di Augusto, non senza un grande dolore sia perché era molto affezionato ad Agrippina, sia perché non approvava i costumi di Giulia, essendosi accorto che essa lo desiderava perfino quando il suo precedente marito era ancora vivo, cosa che persino tutto il popolo credeva. Quanto ad Agrippina, non solo gli dispiacque di averla allontanata dopo il divorzio, ma, avendola rivista una sola volta, in occasione di un incontro, la seguì con gli occhi così fissi e gonfi (per il pianto) che si fece in modo che lei non comparisse mai più davanti alla sua vista. Inizialmente visse di buon accordo con Giulia e in amore reciproco, ma ben presto si separò da lei e in modo alquanto più grave, al punto che arrivava perfino a dormire sempre da solo, dopo la scomparsa del frutto del loro reciproco amore, un figlio nato ad Aquileia e morto ancora bambino. Perse il fratello Druso in Germania, e trasportò il suo corpo fino a Roma, marciando a piedi, per tutto il percorso, a capo del corteo.
Agli esordi delle sue funzioni civili, Tiberio difese il re Archelao, gli abitanti di Tralle e i Tessali, ciascuno per cause diverse, mentre Augusto ne era a conoscenza. Intercedette presso il Senato in favore degli abitanti di Laodicea, di Tiatirene e di Chio che erano stati colpiti dal terremoto e chiedevano aiuto. Accusò di lesa maestà davanti ai giudici e fece condannare Fannio Cepione che con Varrone Murena, aveva cospirato contro Augusto. Tra queste occupazioni, svolse il duplice incarico dell'approvvigionamento di grano, che era risultato insufficiente, e di ripulire in tutta l'Italia le prigioni private, i cui proprietari si erano attirati odio, perché si sospettava che essi trattenessero, dopo averli catturati, non solo alcuni viaggiatori, ma anche coloro che la paura del servizio militare aveva spinto verso nascondigli di questo tipo.
Svolse il suo primo servizio militare in occasione della spedizione contro i Cantabri, in qualità di tribuno dei soldati, poi, condotto un esercito in Oriente, restituì a Tigrane il regno dell'Armenia e davanti al suo tribunale gli collocò un diadema (sulla testa). Riprese anche le insegne che i Parti avevano sottratto a M. Crasso. Dopo di ciò governò, quasi per un anno, la Gallia Comata, in fermento sia per le incursioni dei barbari, sia per la discordia dei capi. Subito dopo intraprese la guerra di Rezia e di Vindelico, poi quella di Pannonia, in seguito quella di Germania. Nella guerra di Rezia e di Vindelico sottomise alcune popolazioni alpine, in quella di Pannonia i Breuci e i Dalmati, in quella di Germania trasportò in Gallia quarantamila uomini che si erano arresi e li fece stabilire presso la sponda del Reno, dopo aver assegnato loro le sedi. Grazie a questi successi, rientrò in Roma con l'onore dell'ovazione e su un carro, non prima però, come ritengono alcuni, di aver ricevuto le insegne del trionfo, procedura donore non conferita a nessuno prima di lui. Non solo intraprese le magistrature prima dell'età legale, ma ricoprì successivamente questura, pretura e consolato, quasi senza interruzione; poi, dopo aver lasciato passare un intervallo di tempo, eletto console per la seconda volta, ricevette i poteri di tribuno per cinque anni.
Pur gratificato da tanti onori, nel fiore degli anni e nella pienezza della salute, decise improvvisamente di ritirarsi e di andarsene il più lontano possibile; non si sa se per il disgusto nei confronti della moglie, che non osava né incriminare, né mandar via, e che inoltre non poteva più sopportare, o, una volta evitata lavversione dovuta alla sua continua presenza, per confermare la sua autorità, anzi accrescerla, standosene lontano, se talora lo Stato avesse avuto bisogno di lui. Alcuni ritengono che egli spontaneamente abbia ceduto il posto ai figli di Augusto, ormai divenuti adulti, e per così dire i diritti che a lungo erano stati usurpati da lui, occupando il secondo rango, seguendo l'esempio di M. Agrippa il quale, dopo che M. Marcello fu chiamato alle cariche pubbliche, se n'era andato a Mitilene, per non sembrare suo concorrente o suo censore, rimanendo a Roma. Proprio questo motivo egli addusse, ma in seguito. In quel momento, daltronde, adducendo il pretesto della sazietà di onori e del riposo dalle fatiche, chiese il congedo e non accordò il favore né a sua madre, che glielo supplicava, né al suo patrigno, che, perfino in Senato, si lamentava di essere abbandonato. Anzi, poiché essi lo trattenevano con troppa insistenza, non toccò cibo addirittura per quattro giorni. Avuto alla fine il permesso di partire, lasciati a Roma moglie e figlio, si recò immediatamente a Ostia senza neppure rispondere a ciascuno di quelli che lo accompagnavano e baciando teneramente solo poche persone al momento della partenza.
- Letteratura Latina
- Vita dei Cesari (Tiberius) di Svetonio
- Svetonio