Post autem
apparatu regio accepti sermonem in multam noctem produximus, cum senex nihil nisi de Africano loqueretur omniaque eius non
facta solum, sed etiam dicta meminisset. Deinde, ut cubitum discessimus, me et de via fessum, et qui ad multam noctem
vigilassem, artior, quam solebat, somnus complexus est. Hic mihi – credo equidem ex hoc, quod eramus locuti; fit enim fere, ut
cogitationes sermonesque nostri pariant aliquid in somno tale, quale de Homero scribit Ennius, de quo videlicet saepissime
vigilans solebat cogitare et loqui – Africanus se ostendit ea forma, quae mihi ex imagine eius quam ex ipso erat notior; quem
ubi agnovi, equidem cohorrui, sed ille: «Ades,» inquit, «animo et omitte timorem, Scipio, et, quae dicam, trade memoriae».
Versione tradotta
Poi, dopo essere stati accolti con un banchetto
regale, prolungammo la nostra conversazione fino a tarda notte, mentre il vecchio non parlava di altro che dell'Africano e
ricordava non solo tutte le sue imprese, ma anche i suoi detti. In séguito, quando ci congedammo per andare a dormire, un sonno
più profondo del solito s'impadronì di me, stanco sia per il viaggio sia per la veglia fino a notte fonda. Quand'ecco che
(credo, a dire il vero, che dipendesse dall'argomento della nostra discussione: accade infatti generalmente che i nostri
pensieri e le conversazioni producano durante il sonno un qualcosa di simile a ciò che Ennio dice a proposito di Omero, al
quale, è evidente, di solito pensava da sveglio e del quale discuteva) m'apparve l'Africano, nell'aspetto che mi era
noto più dal suo ritratto che dalle sue fattezze reali; non appena lo riconobbi, un brivido davvero mi percorse; ma quello
disse: «Sta' sereno, deponi il tuo timore, Scipione, e tramanda alla memoria le parole che ti dirò».
- Letteratura Latina
- Somnium Scipionis di Cicerone
- Cicerone