Hic uxorem numquam duxit. In quo cum reprehenderetur quod liberos
non relinqueret a Pelopida qui filium habebat infamem maleque eum in eo patriae consulere diceret ‘Vide’ inquit ‘ne tu peius
consulas qui talem ex te natum relicturus sis. Neque vero stirps potest mihi deesse. Namque ex me natam relinquo pugnam
Leuctricam quae non modo mihi superstes sed etiam immortalis sit necesse est. ‘ Quo tempore duce Pelopida exules Thebas
occuparunt et praesidium Lacedaemoniorum ex arce expulerunt Epaminondas quamdiu facta est caedes civium domo se tenuit quod
neque malos defendere volebat neque impugnare ne manus suorum sanguine cruentaret. Namque omnem civilem victoriam funestam
putabat. Idem postquam apud Cadmeam cum Lacedaemoniis pugnari coeptum est in primis stetit. Cuius de virtutibus vitaque satis
erit dictum si hoc unum adiunxero quod nemo ibit infitias Thebas et ante Epaminondam natum et post eiusdem interitum perpetuo
alieno paruisse imperio; contra ea quamdiu ille praefuerit rei publicae caput feisse totius Graeciae. Ex quo intellegi potest
unum hominem pluris quam civitatem fuisse.
Versione tradotta
Egli non prese mai moglie. E venendo per questo biasimato, perché non lasciava figli, da Pelòpida, il quale aveva un figliolo
di cattiva fama e diceva che lui in questo così male provvedeva alla patria: “Guarda”, gli rispose, “che non provveda peggio
tu, che ti appresti a lasciare un figlio di tal fatta. D’altra parte a me non può mancare la discendenza: io lascio la
battaglia di Leuttra, che è nata da me, che fatalmente non solo sopravviverà a me. ma sarà addirittura immortale”. Al tempo in
cui, sotto la guida di Pelòpida, gli esuli occuparono Tebe e cacciarono dall’acropoli il presidio spartano, Epaminonda finché
durò la strage dei cittadini, si tenne in casa, perché non voleva difendere i malvagi né assalirli per non insozzare le mani
del sangue dei suoi: riteneva funesta ogni vittoria riportata sopra i propri cittadini. Ma non appena che, presso la Cadmea si
cominciò a combattere con gli Spartani, fu tra i primi. Delle sue virtù e della sua vita, si sarà detto abbastanza, quando
avrò aggiunto questa cosa soltanto, che nessuno contesterà: Tebe e prima della nascita di Epaminonda e dopo la sua morte fu
sempre sotto il giogo straniero; invece per tutto il tempo che resse lui lo Stato, fu la capitale di tutta la Grecia. Da questo
si può capire come un uomo solo valse più di una città.
- Letteratura Latina
- Liber de excellentibus gentium (Epaminondas) di Cornelio Nepote
- Cornelio Nepote