Epaminondas Paragrafo 10: versione tradotta - StudentVille

Epaminondas, Paragrafo 10

Hic uxorem numquam duxit. In quo cum reprehenderetur quod liberos

non relinqueret a Pelopida qui filium habebat infamem maleque eum in eo patriae consulere diceret ‘Vide’ inquit ‘ne tu peius

consulas qui talem ex te natum relicturus sis. Neque vero stirps potest mihi deesse. Namque ex me natam relinquo pugnam

Leuctricam quae non modo mihi superstes sed etiam immortalis sit necesse est. ‘ Quo tempore duce Pelopida exules Thebas

occuparunt et praesidium Lacedaemoniorum ex arce expulerunt Epaminondas quamdiu facta est caedes civium domo se tenuit quod

neque malos defendere volebat neque impugnare ne manus suorum sanguine cruentaret. Namque omnem civilem victoriam funestam

putabat. Idem postquam apud Cadmeam cum Lacedaemoniis pugnari coeptum est in primis stetit. Cuius de virtutibus vitaque satis

erit dictum si hoc unum adiunxero quod nemo ibit infitias Thebas et ante Epaminondam natum et post eiusdem interitum perpetuo

alieno paruisse imperio; contra ea quamdiu ille praefuerit rei publicae caput feisse totius Graeciae. Ex quo intellegi potest

unum hominem pluris quam civitatem fuisse.

Versione tradotta

Egli non prese mai moglie. E venendo per questo biasimato, perché non lasciava figli, da Pelòpida, il quale aveva un figliolo

di cattiva fama e diceva che lui in questo così male provvedeva alla patria: “Guarda”, gli rispose, “che non provveda peggio

tu, che ti appresti a lasciare un figlio di tal fatta. D’altra parte a me non può mancare la discendenza: io lascio la

battaglia di Leuttra, che è nata da me, che fatalmente non solo sopravviverà a me. ma sarà addirittura immortale”. Al tempo in

cui, sotto la guida di Pelòpida, gli esuli occuparono Tebe e cacciarono dall’acropoli il presidio spartano, Epaminonda finché

durò la strage dei cittadini, si tenne in casa, perché non voleva difendere i malvagi né assalirli per non insozzare le mani

del sangue dei suoi: riteneva funesta ogni vittoria riportata sopra i propri cittadini. Ma non appena che, presso la Cadmea si

cominciò a combattere con gli Spartani, fu tra i primi. Delle sue virtù e della sua vita, si sarà detto abbastanza, quando

avrò aggiunto questa cosa soltanto, che nessuno contesterà: Tebe e prima della nascita di Epaminonda e dopo la sua morte fu

sempre sotto il giogo straniero; invece per tutto il tempo che resse lui lo Stato, fu la capitale di tutta la Grecia. Da questo

si può capire come un uomo solo valse più di una città.

  • Letteratura Latina
  • Liber de excellentibus gentium (Epaminondas) di Cornelio Nepote
  • Cornelio Nepote

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