De Amicitia, Paragrafo 10 - Studentville

De Amicitia, Paragrafo 10

Quam

ob rem cave Catoni anteponas ne istum quidem ipsum, quem Apollo, ut ais, sapientissimum iudicavit; huius enim facta, illius

dicta laudantur. De me autem, ut iam cum utroque vestrum loquar, sic habetote:

Ego si Scipionis desiderio me moveri

negem, quam id recte faciam, viderint sapientes; sed certe mentiar. Moveor enim tali amico orbatus qualis, ut arbitror, nemo

umquam erit, ut confirmare possum, nemo certe fuit; sed non egeo medicina, me ipse consolor et maxime illo solacio quod eo

errore careo quo amicorum decessu plerique angi solent. Nihil mali accidisse Scipioni puto, mihi accidit, si quid accidit; suis

autem incommodis graviter angi non amicum sed se ipsum amantis est.

Versione tradotta

Quindi, non anteporre a

Catone neppure codesto uomo stesso, che Apollo, come dici, giudicò l'uomo più sapiente: dell'uno infatti si lodano le

opere, dell'altro le parole. Quanto poi a me, voi (per parlar con l'uno e con l'altro) ritenete questo:
Io, se

dicessi di non soffrire per la mancanza di Scipione, quanto bene farei lo vedano i sapienti; ma certo mentirei. Poiché, privato

di un tale amico quale, credo, nessuno mai sarà, quale, posso affermare, nessuno certo fu, soffro; ma non ho bisogno di

medicina: mi consolo da me, e soprattutto con quella consolazione che mi viene dall'esser libero dall'errore per cui di

solito i più s'angosciano alla morte degli amici. Io penso che nulla di male è accaduto a Scipione; a me è accaduto, se

qualcosa di male è accaduto: essere gravemente angosciato dei propri guai è di chi ama se stesso, non l'amico.

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