Quam
ob rem cave Catoni anteponas ne istum quidem ipsum, quem Apollo, ut ais, sapientissimum iudicavit; huius enim facta, illius
dicta laudantur. De me autem, ut iam cum utroque vestrum loquar, sic habetote:
Ego si Scipionis desiderio me moveri
negem, quam id recte faciam, viderint sapientes; sed certe mentiar. Moveor enim tali amico orbatus qualis, ut arbitror, nemo
umquam erit, ut confirmare possum, nemo certe fuit; sed non egeo medicina, me ipse consolor et maxime illo solacio quod eo
errore careo quo amicorum decessu plerique angi solent. Nihil mali accidisse Scipioni puto, mihi accidit, si quid accidit; suis
autem incommodis graviter angi non amicum sed se ipsum amantis est.
Versione tradotta
Quindi, non anteporre a
Catone neppure codesto uomo stesso, che Apollo, come dici, giudicò l'uomo più sapiente: dell'uno infatti si lodano le
opere, dell'altro le parole. Quanto poi a me, voi (per parlar con l'uno e con l'altro) ritenete questo:
Io, se
dicessi di non soffrire per la mancanza di Scipione, quanto bene farei lo vedano i sapienti; ma certo mentirei. Poiché, privato
di un tale amico quale, credo, nessuno mai sarà, quale, posso affermare, nessuno certo fu, soffro; ma non ho bisogno di
medicina: mi consolo da me, e soprattutto con quella consolazione che mi viene dall'esser libero dall'errore per cui di
solito i più s'angosciano alla morte degli amici. Io penso che nulla di male è accaduto a Scipione; a me è accaduto, se
qualcosa di male è accaduto: essere gravemente angosciato dei propri guai è di chi ama se stesso, non l'amico.
- De Amicitia
- De Amicitia di Cicerone
- Cicerone